VII

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Jeongguk non seppe cosa dire.
Tutto quel vomito di parole che stava creando nella sua testa si era bloccato in gola, spinto e bloccato da un ciclone di pensieri, una tempesta infinita che cancellava ogni intenzione d'agire.

Raccoglieva tra le dita un'idea, lei scivolava, lui cadeva più giù nel baratro che aveva scavato da solo.

Poteva abbassare lo sguardo, e vedere il nulla della voragine che aveva creato inghiottirlo piano piano.
Quanto ancora avrebbe resistito?
Forse non abbastanza, forse troppo; ma tutto sarebbe finito, il tempo era l'unica unità di misura che poteva tenere lontani Taehyung e Jeongguk.

E allora il corvino aveva capito.

« E poi, cosa ci succederà?»
Fibrillò, trattenendo le lacrime che, solo pochi minuti prima, parlavano di rabbia; ormai, stavano singhiozzando di amarezza.

Jeongguk pensò ad uno dei libri che amava vezzeggiare con le orecchiette a piè pagina, un tomo polveroso e con la copertina bordeaux intagliata in pigmento d'oro.
Il titolo non se lo ricordava, ma sapeva con impensabile minuzia che a pagina 416, nell'angolo in basso a destra, era stata stampata una nota: "Toska: l'essenza del dolore interiore, una malinconia radicata, un'ombra profonda che non potrà mai essere estirpata.
La sofferenza dell'anima, l'inquietudine che ci fa a pezzi, una nostalgia pressante e struggente."

Guardando Taehyung, Jeongguk vedeva Toska. La mattina allo specchio, lui vedeva Toska.
Lui viveva Toska. Lui era Toska.

Non poteva neanche rammentare la sua vita prima di quello, e se riusciva, ne ricavava solo brutti ricordi che non voleva rivivere, perché l'essere umano memorizza tristezza, non felicità.

Credeva che Taehyung fosse la cosa più bella della sua vita, ma forse si era sempre sbagliato.
O magari, Taehyung era la sua dannatissima vita, e la sua vita non era degna di essere vissuta.

Per un attimo, mentre lo sguardo dell'azzurro si ammorbidiva sul suo capo chino, Jeongguk si chiese se non fosse stato meglio essere morto, quel giorno.

Tredici anni prima, Jeongguk inghiottiva gli psicofarmaci di sua madre, e veniva portato di corsa all'ospedale, dove veniva fortunatamente -o sfortunatamente, dipende dal punto di vista- salvato con vomito indotto.

Tredici anni dopo, lottava per aggrapparsi ad una nuova vita che non desiderava, e che probabilmente, non meritava.

Ma se fosse morto...

Taehyung non sarebbe mai esistito, non è vero?

« Saremo entrambi liberi, amore mio.»

« Liberi?»

« Liberi.»

L'azzurro aveva iniziato a piangere copiosamente, ma chissà come, i suoi occhi erano leggeri, privi della bellezza accorante che li dipingeva sempre di mille sfumature.

Jeongguk sbatté le palpebre, liberandosi di alcune lacrime che si erano intrappolate nelle sue ciglia, solo per guardare meglio la ristretta visuale del tavolo nella sua cucina.

La scatola bianca era lì, e a vederla i sentimenti tonanti che era da poco riuscito a placare cercarono nuovamente di riacquistare terreno nel suo petto.
Ma stavolta, Taehyung non gli urlò contro, al contrario si avvicinò al punto da trascinare l'attenzione del corvino completamente su di sé.
Catturò i loro sguardi con la calma che c'è dopo un temporale, quando le strade sono umide e ovunque c'è odore di pioggia, e gli riportò dietro le orecchie alcune ciocche scure che erano sfuggite.
Poi, protendendosi in avanti, baciò con numerosi schiocchi entrambe le gote di Jeongguk, macchiandosi le labbra del suo dolore.

« Sarò con te, coniglietto.»
Mormorò.

L'azzurro baciò a lungo il corvino, in ogni punto del suo viso, in ogni parte che amava.
Quietò il suo animo toccandogli il cuore a mani nude, oppure semplicemente accarezzando la sua guancia, non lo sapeva.

Il freddo della solitudine riprese il sopravvento su Jeongguk solo nel momento in cui Taehyung si allontanò, comprendendo che ad ogni contatto con la pelle del suo amico amore, la sua forza veniva meno.

Senza proferir parola abbandonò la stanza, e pochi secondi dopo, rientrò con quelle medicine in mano.

L'aspetto di quella scatola era ancora più orrendo di prima, era ancora più spento e macabro.

Jeongguk avrebbe dovuto ripensarci, aver rimorso della scelta fatta, ma non stava sentendo altro che un macigno enorme che non lo faceva respirare.

Quella scatola insignificante pesò, pesò tanto, tra le mani del corvino quando Taehyung gliela porse, facendo in modo che la prendesse.

Ora Jeongguk vedeva quella medicina.
Sull'etichetta c'era scritto il nome, e poco altro; gli effetti collaterali erano più degli usi consigliati, e il numero di serie era l'informazione più dettagliata che c'era.

Dopotutto, Jimin aveva detto che era una medicina nuova, e che con alta probabilità, non sceglievi di comprare perché ti aveva attirato il marketing del prodotto in TV.

Le pillole dentro il contenitore a dir poco amorfo, erano solo ulteriormente anonime: il loro colore era un bianco ottico inquietante, e avevano una forma ovale ammaccata ai lati.
A Jeongguk sembrava stessero piagnucolando nella sua mano, pregavano di essere prese come lo minacciavano di rovinargli la vita, ma un aspetto era essenzialmente più facile da ignorare.

Il corvino si sedette sul suo letto, non osando distogliere lo sguardo dalle medicine che riposavano sul suo palmo, e in un battito di ciglia, le buttò in bocca.
Le ingoiò senz'acqua, pensando che le lacrime che stavano tracciando l'una dopo l'altra le sue guance potessero lenire la sua gola molto più di qualsiasi altra cosa.

Per qualche attimo dopo aver percepito le pillole scendere il suo esofago, Jeongguk rimase seduto lì, sul bordo del letto, sentendo una burrasca interiore tal violenta da lasciarlo smarrito nelle sue stesse emozioni. Era d'improvviso diventato incapace di reagire concretamente di conseguenza al suo volere; aveva addirittura smesso di piangere.

Il suo corpo lo aveva abbandonato, ma Taehyung no.

Lui era ancora lì, anche se per poco.

« Adesso dormi, amore mio. Al tuo risveglio sarà tutto finito.» gli disse, accogliendolo nelle sue braccia.
Così Jeongguk fece.

Chiuse delicatamente gli occhi, e si lasciò cullare, assaporando per l'ultima volta quel profumo di stelle e colori.

Taehyung aveva sempre avuto quell'odore addosso, e pur non essendo il corvino uno scienziato o un astronauta, era riuscito da subito a capire che l'universo doveva profumare così, e non sapeva neppure perché. Ma se l'azzurro era Firmamento, era anche colore, perché a lui apparteneva ogni bellezza terrena. Taehyung era tutto, e non appena Jeongguk sarebbe caduto nel mondo delle utopie, ci sarebbe stato solo il niente.

« Ti amo da morire.»
Disse l'azzurro, con gli occhi lucidi e tormentati da pene che i mortali sperano di non conoscere mai.

Era pronto a strapparsi via la carne con le unghie, ma desiderava fissare ancora il viso della sua gioia più immensa e del suo dolore più grande.

« Ti amo tanto da portare l'inferno su questo dannatissimo mondo.»
Rispose Jeongguk in un sussurro.

« Canteresti qualche verso per me?» aggiunse.

Voleva sentirsi inondato della presenza di Taehyung per un altro minuto, e la sua voce era così necessaria per lui.

« Certo.»

L’amore è una tenera cosa? È troppo rude, troppo brutale, troppo aspro e punge come una spina.

Ti seguirò, ovunque andrai, e farò dell’inferno un paradiso se morirò per mano di chi amo.

Il mio cuore è così stretto al tuo, che del mio col tuo si può fare un solo cuore.

Non è mai notte quando vedo il tuo volto; perciò ora a me non sembra che sia notte, né che il bosco sia spopolato e solitario, perché tu per me sei il mondo intero; chi potrà dunque dire che io sono solo se il mondo è qui a guardarmi?

𖣔𝚂𝚝𝚊𝚢 𝙰𝚕𝚒𝚟𝚎𖣔  {𝐓𝐚𝐞𝐤𝐨𝐨𝐤}                             Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora