VIII

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Non t’amo come se fossi rosa di sale, topazio
O freccia di garofani che propagano il fuoco:
T’amo come si amano certe cose oscure,
Segretamente, tra l’ombra e l’anima.

T’amo come la pianta che non fiorisce e reca
Dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
Grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
Il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T’amo senza sapere come, né quando, né da dove,
T’amo direttamente senza problemi né orgoglio:
Così ti amo perché non so amare altrimenti

Che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
Così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
Così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

                                                 Pablo Neruda

Canova stesso non avrebbe potuto dare più atroce significato ai due amanti che si perdevano nei loro sussurri; il loro pianto era silenzioso come la Notte Stellata.
Più nessun luminoso astro avrebbe potuto illuminare il loro futuro insieme, perché la loro strada era stata interrotta.

E come quei che con lena affannata uscito fuori dal pelago alla riva, si volge a l'acqua perigliosa e guata, così l'animo loro si voltava a rimirar la bellezza dell'amor perduto che mai più sarebbe stato.

«Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vedere tutto intero il tuo volto»

L'enjambement dei versi di Prévert erano segnati dai singhiozzi di Taehyung, inconsolabile, che tratteneva le sue braccia a cingere il corpo di Jeongguk.
Avesse avuto delle ali, sarebbe stato il Cupido di Apuleio, e il corvino la sua bella Psiche, pari a Venere di bellezza.

Incastonate sulle sue gote, le lacrime di Jeongguk erano gemme talmente preziose che non avevano il diritto di esistere, e Taehyung aveva assaporato troppe volte il loro sapore salato per poter farlo ancora.

«Il secondo per vedere i tuoi occhi»
Recitò l'azzurro, posando leggiadramente le proprie labbra sul suo adorato, in corrispondenza della piega delicata delle sue palpebre.

E Jeongguk veniva accolto nella dimora di Morfeo.

«Il terzo per vedere la tua bocca»
Taehyung passò il pollice su quei boccioli che tanto lo avevano fatto penare nei suoi sogni più appassionati, che venerava fino alla più piccola ed infima parte della sua natura.
Baciò anch'esse.

Nelle fantasie fervide del sonno, una sensazione ballugginò davanti al corvino: sentì il desiderio di destarsi e vomitare quelle medicine, suggellare nuovi patti di sospiri, e amare Taehyung ancora e ancora. Eppure, non aprì gli occhi.

«E l’oscurità intera per ricordare tutto questo
Mentre ti stringo fra le braccia.»

_____

Jeongguk si svegliò di soprassalto.

Dalla fronte perlacea gocciolava della sudore, e il collo madido di esso fu il primo obbiettivo della sua mano disattenta a rimuovere quel fastidio.

Si guardò intorno con le rimanenze di un fibrillare che poteva ancora percepire sulla pelle. Non c'era nessuno.

La sua unica compagnia erano le pillole bianche sul suo comodino, la loro scatola amorfa, e la malinconia che portavano con loro.

La sensazione di sofferenza che lo colpì era così profonda da non poter essere espressa da nessuna reazione superficiale come un pianto, un grido o un pugno ben assestato all'anta dell'armadio. No, quel tipo di dolore non sarebbe mai uscito dal suo cuore.

Il soffitto bianco era lo sfondo perfetto per la scenografia di mille e più pensieri, l'uno peggio dell'altro.

Avrebbe mai ritrovato la felicità?

Forse per lui nel mondo semplicemente non c'era posto, e non avrebbe mai raggiunto la serendipità.
Magari era destino che lui soffrisse.

Ma il suo dolce Taehyung...

Jeongguk avrebbe voluto piangere.
Buttare fuori tutto quel supplizio dalle sue carni ed accettare con angoscia nel cuore ma pace nella mente il suo orrendo fato, ma no: quel sentimento era così forte che lo cingeva come un demone da dentro e non sarebbe mai uscito da lui, poteva sentirlo.

La sua intera esistenza sarebbe stata dettata da una cosa così grande che semplicemente lui non avrebbe mai superato.

Perché non gli era dato piangere, versare il sangue delle sue ferite?

« Piangi, dannato, piangi!»
Si batteva i pugni sulla testa, sperando di riuscire a farla funzionare a dovere.

Ma non vi era potere nella violenza, non più di quanto non ce ne fosse nel libro che aveva inconsciamente ricercato con i suoi sguardi fugaci.
La copertina in pelle, placida, lo richiamava; il titolo sulla carta ingiallita ululava come un lupo alla Luna.

Taehyung amava Pedro Salinas.

« Il modo tuo d'amare» soleva dire, incrociando le gambe appoggiate alla parete «è il mio battito costante. Il sangue nelle mie vene. Il mio scalpello per celebrare la tua bellezza

Il tocco di una carezza si materializzò tra le ciocche di Jeongguk, e lui tastò il fantasma di quel contatto, prendendo dalla mensola "Il modo tuo d'amare".
Sul cartoncino ruvido della copertina aleggiava ancora il calore di una pelle che non credeva gli appartenesse.

Un pizzicore gli si diffuse per il corpo quando, con cautela, ribaltò la copertina sulla sguardia.
Taehyung, 22 dicembre.
Ti amerò fino a quando il Sole non sarà Luna, ora e per sempre. Finché Apollo non riuscirà a toccare il corpo non ligneo di Dafne.

E finalmente, al pari di una foglia che si stacca dal ramo in autunno, cadendo al suolo rosso e giallo, Jeongguk pianse.

Pianse amaramente, con respiri sfuggenti ed ardui, incapace di acchiappare il fiato per il tumulto successivo; sulle labbra frementi si accalcarono parole mai dette.
Cadde sulle ginocchia, posando le instabili mani sul pavimento freddo. Si mise a gridare, una furia.

Perché? Perché a me?

Si strappò i capelli, e batté le mani al petto, perché il Pelìde così aveva insegnato. Cenere si sarebbe sparso sulla fronte, se solo le sue dita ne avessero toccata.

Era il 22 dicembre.

























𖣔𝚂𝚝𝚊𝚢 𝙰𝚕𝚒𝚟𝚎𖣔  {𝐓𝐚𝐞𝐤𝐨𝐨𝐤}                             Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora