Don't Stop Me Now - Queen
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E lo stappo di uno spumante, un tappo di sughero volar via, allontanarsi verso chissà quale parte buia del parco in cui avevano deciso di aspettare la mezzanotte, quando sarebbe cominciato un nuovo giorno e Shoto avrebbe compiuto diciotto anni.
«Auguri, amico», lo avvolse Bakugo tra le sue braccia, stringendolo per lunghi secondi durante i quali avrebbe voluto sussurrare qualcosa al suo orecchio, pronunciare parole giuste ma senza sapere esattamente quali, motivo per cui rimase in silenzio e sorrise per l'arrivo a quel traguardo.
Sapeva che mancava qualcosa, una presenza imponente non troppo fisicamente, ma a livello emotivo; il suo cuore ne aveva bisogno, il suo corpo ne aveva bisogno, lui ne aveva bisogno.
Voleva accanto a sé la figura esile del verdino, desiderava stringerlo forte a sé carezzando i suoi capelli riccioluti e profumati, afferrargli il volto e unire le loro labbra in un dolce bacio; ma lui non era lì, e non ci sarebbe stato. Era solo con Bakugo, quella sera, e per quanto fosse importante nella sua vita, la sua presenza non avrebbe mai colmato il vuoto e l'assenza lasciati da Izuku.
Erano in piedi sul prato, verde nonostante la fredda stagione.
Si sedettero uno di fianco all'altro, fissando di fronte a sé qualcosa di indefinito, avevano voglia di dialogare, conversare sulla filosofia come tanto amavano, ma al contempo stesso erano desiderosi di godersi quel silenzio, circondati da un'atmosfera insolita ma piacevole.
Alla fine, però, si decisero a rompere il ghiaccio.«Ci sono così tante stelle», commentó Bakugo, quasi volesse contarle nonostante sapesse fossero infinite e che mai sarebbe riuscito a dare un numero preciso sulla loro quantità.
«Le sue lentiggini..», si lasció scappare Shoto dalle sue labbra, coperte subito dopo dalla sua mano; odiava mettere così a nudo i suoi sentimenti, anche se parlava con il suo migliore amico.
«Amico, sta tranquillo»
«È che il suo viso, le sue guance; ci sono così tante lentiggini che non posso guardare le stelle e non compararle con le costellazioni che ha sul volto», vuotó ormai il sacco.
«Perché non gli hai mai detto cosa provi?», domandó così l'altro. Probabilmente, voleva chiederlo da tanto, ma mai aveva trovato il momento adatto.
«Sarebbe inutile»
«Non è inutile, e neanche tardi. Shoto, quel ragazzo ha bisogno di te, e tu di lui»
Ed era vero, ma la paura di fallire ancora, l'orgoglio e troppe emozioni, sensazioni combinate tra loro, lo bloccavano dal raggiungere ciò che realmente voleva.
«Sono stato uno stronzo, quella sera», disse, ripensandoci.«Cosa devi dirmi, Shoto?», domandó incerto, quasi avvertisse la pesantezza dell'atmosfera che si stava creando; Todoroki non stava per dirgli qualcosa di buono e ne era certo, ma si parla di problemi per risolverli, giusto? o almeno così la pensava Izuku, prima di sentirsi urlare frasi che mai avrebbe pensato sarebbe uscite dalla bocca del suo - quasi - ragazzo.
«Penso sia giusto che tu sappia», disse subito.
Non era una persona diretta, generalmente, ma non aveva più senso, ormai, girarci intorno, portare troppo avanti quella situazione, far vivere Midoriya in una bugia; non meritava di soffrire, nonostante lo avrebbe fatto a distanza di pochi minuti.
«Io non provo niente per te, Midoriya», disse, cercando di celare tutta la falsità contenuta in quelle parole. «Non ho mai provato nulla, in realtà»
Il cuore di Izuku sembró tremate al solo udir di tali parole, di tale frase; come poteva dirgli certe cose?
«Sono innamorato di un'altra persona», continuó, inutilmente ormai, dato che il verde stava già dando di matto dentro di sé, ma combatteva internamente per non cedere, per non urlare, strillargli contro parole che non pensava realmente.
«Era giusto dirtelo, senza inutili premesse», concluse, avendo mantenuto la solita caratteristica di colui che parla poco.
«Non lo pensi davvero, vero?», domandó Izuku con voce tremante, non voleva crederci, non poteva essere vero; e non lo era, ma lui non poteva saperlo.
«Non avrei perso tempo a dirti cose che non penso», disse con voce colma di acidità.
Izuku fremeva dalla rabbia, non poteva trattenersi a lungo, e consapevole del fatto che la situazione fosse precipitata nel giro di un minuto decise di lasciarsi andare, scaricando tutta la rabbia che aveva in corpo.
«Io non so neanche perché sia ancora qui», cominció cercando di non mostrare i suoi occhi velati di lacrime. «Sei stata la prima persona a cui mi sono legato in modo diverso. Ti ho dato tutto nonostante fossi un perfetto sconosciuto, ho fatto cose che per altri, probabilmente, non avrei mai pensato di fare. Mentre tu, invece, non hai fatto che prendermi per il culo. Ha avuto senso mentire? Shoto, dimmelo!».
Era furioso, così tanto che mai nessuno, prima del bicolore, lo aveva visto in tale stato. Così arrabbiato, così irato, che non era del tutto certo di avere il pieno controllo delle sue parole e delle sue azioni, in quel momento.
«Non posso farci nulla», si era limitato a rispondere, per l'ennesima volta, allo stesso modo, in quella serata buia dentro i loro animi, mentre fuori pioveva.
«Non puoi perché non hai mai fatto nulla per cambiare le cose!»
«Perché, Izuku? Perché devi giudicare le mie scelte, la mia vita; perché devi giudicare me?», aveva ormai alzato la voce anche lui. I suoi occhi non erano splendenti come smeraldi, come sempre. Erano spenti, di un verde opaco, triste, buio; non erano gli stessi, Izuku non era lo stesso.
«Ho sbagliato..», ammise il verde a sguardo basso, ormai non sapendo in che modo guardarlo. «Non dovevo innamorarmi di te».
Un'altra pugnalata al cuore.
«Si, hai sbagliato», rispose solo, mentre nella stanza, immediatamente, si divulgó il silenzio.
Lo guardava, così piccolo ma con un gran cuore; indifeso, solo, dopo aver perso la sua spalla, il suo appiglio maggiore; dopo averlo perso.
Neanche lui sapeva come guardarlo, eppure continuava a farlo, domandandosi come e perché avesse trovato il coraggio per pronunciare tali bugie, ma non per affrontare, definitivamente, una volta per tutte, suo padre.
Izuku andó via, lasciandolo in mezzo alla stanza, per poi chiudere la porta, sbattendola con un colpo secco.«Si, è vero», pronunció una voce troppo conosciuta alle loro spalle.
Quella inconfondibile voce che Todoroki avrebbe riconosciuto tra mille.
Si voltó a guardarlo e lui era lì, in piedi, con lo sguardo fisso sul suo, gli occhi risaltati dal chiarore della luna, le costellazioni del cielo combacianti con quelle sul suo volto.
«Tanti auguri, Todoroki», accennó un lieve sorriso, mantenendo la solita dolcezza di sempre.
Era passato tanto tempo da quando lo aveva chiamato l'ultima volta, per nome o per cognome, ma fece ad entrambi un effetto diverso: se per Shoto fu una pugnalata al petto, Izuku si sentì percorrere da un brivido di emozione.
«Ti ringrazio», replicó alzandosi e dirigendosi da lui, mentre Bakugo, dal canto suo, comprendendo la situazione sorrise, salutó con cenno il più piccolo e si congedó, lasciando i due da soli.
«Facciamo due passi?», domandó il verde. «Ho una cosa importante da dirti. No, cioè, non so perché sia venuto fin qui, e so che magari non importa, ma sentivo il bisogno di vederti e parlartene. Avrei potuto lasciarti una lettera, come all'inizio, ma mi sarei sentito un codardo», sorrise.
«Andiamo»Avvolti da sciarpe e cappotti, camminavano sotto le stelle, nel prato, in quel momento vicino ai giochi, deserti a quella tarda ora notturna, mentre l'acqua del fiume scorreva, soavemente.
«Come stai?», chiese Shoto.
«Sto bene. Tu, invece?»
«Non lo so»
«Come mai?»
Poteva dirgli qualsiasi cosa in quel momento, ma non avrebbe mai ammesso ad alta voce che non era mai stato peggio, che Midoriya gli era mancato tanto e che ora moriva dalla voglia di stringerlo a sé e baciarlo fino a fargli mancare il fiato.
«Sono successe tante cose», si limitó a dire. «Tu cosa devi dirmi?»
Non ne aveva la certezza, ma dentro di sé continuava a sperare in quel qualcosa che aveva mandato all'aria lontani giorni prima, nonostante spettasse a lui sistemare le cose, rimettere a posto ogni tassello del puzzle che aveva scomposto e riposto all'interno della scatola.
«Tu non ci hai girato troppo intorno, quella sera, perciò non lo farò neanche io.
Quando c'era quella scintilla tra noi ero davvero felice, avevo un motivo per cui mi svegliavo la mattina e uscivo di casa, andavo a scuola per vederti, assistevo alle tue partite, ero con te; stavo bene. Avevo qualcosa che mi spingesse a dire che sarei rimasto qui, ma ora mi rendo conto che i piani cambiano continuamente.
I miei genitori sono musicisti, hanno avuto un impiego in America che li occuperà per due anni, e non potrò vederli. Mi hanno chiesto di andar con loro, se mi va. Me lo hanno chiesto mesi fa, in realtà, ma ho rifiutato.
Da quando abbiamo rotto, però, ci ho ripensato, mi sono reso conto di non avere più niente che mi trattiene qua, perciò andrò via. Ho i miei amici, è vero, la piscina, la mia città, ma non mi sento più bene.
Cercherò di ricostruirmi una vita e proverò ad andare avanti, nonostante avrei voluto farlo con te.
Non ho mai smesso di provare nulla per te, non credo lo farò mai, in realtà; ma sei innamorato di un'altra persona, e io ho sempre saputo di non avere speranze con te.
Volevo dirti questo, che tra qualche giorno, probabilmente, non ci vedremo più»Si era preparato un intero discorso ma aveva stravolto tutto perché, come aveva appena detto, i nostri piano cambiano continuamente. Voleva dirgli che lo amava; lo aveva fatto ma non come avrebbe voluto. Voleva dirgli che, vedendolo, aveva cambiato idea; ma che senso aveva restare lì, continuare a vederlo, sapendo di non averlo mai potuto avere?
«Quando parti?», domandó Shoto, la voce spezzata dal pianto e lo sguardo puntato in basso.
«Tra cinque giorni»
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𝐈𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐯𝐢𝐜𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐬𝐚 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎
Fanfiction- COMPLETA - Midoriya Izuku, un ragazzo di quindici anni frequentante la UA, scuola più prestigiosa del paese. Come ogni anno si ritroverà a passare gran parte dei dodici mesi in totale solitudine per via del lavoro dei suoi genitori, musicisti in...