3| White Coat

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Due anni dopo.

Il crepuscolo si adagiava sempre di più sulla culla del pianeta e la notte stava avendo la meglio sul dominio di quelle terre.

Combatteva i venti feroci in groppa alla sorella, sorvolando alberi che sembravano toccare il cielo scuro.

La paura di cadere era svanita, insieme al misero timore dell'altezza.
Volare le liberava lo spirito.

«Destra.» Affermò.
Fortunatamente il buio oscurava la vegetazione ormai morta che avevano sotto i loro musi.
La sorella cambiò subito direzione, ascoltando i comandi di Nefeli.
Le forti brezze si calmarono e cercarono di farle adagiare delicatamente sul suolo.

A volte gli incendi ritornavano, alcuni più forti e altri più lenti, ma la loro presenza era costante.
Proprio come i guerrieri delle Colline, che tentavano ininterrottamente di trovare punti accessibili per avvicinarsi al cuore vivo delle Grotte dei Viger.
E invaderla.
E impadronirsene.

Eppure, nonostante quegli scontri continui, gli artigli dei Viger erano tanto robusti da non arrendersi mai e i pugnali stretti tra le mani di Nefeli incassavano ogni colpo, respingendoli.

Per questo motivo la selvaggina scarseggiava sempre di più e la caccia doveva prolungarsi anche nei luoghi più lontani della Foresta delle Luci.

Quei due anni avevano cambiato il corso di ogni storia ad Aghara, ma soprattuto ne avevano interrotte molte.
L'aria era diversa, proprio come lo Spirito ormai debole della Foresta o come la penombra cupa che annientava ogni pizzico di luce.

Tutti erano diversi.
Ogni volta che ne ricordava gli eventi e le disgrazie sentiva insinuarsi sotto la pelle una mancanza, simile ad un vuoto che non sarebbe mai stato riempito, risanato.

Ascoltava il battito del suo cuore al solo ricordo e ne accelerava il ritmo quando ripensava alle sue mani sporche di sangue.
Sangue colpevole, ma pur sempre sangue.

Fece finta di non starsi imprigionando con i suoi stessi ragionamenti e si scrollò di dosso tutti i pensieri.

Nefeli, inoltre, era cresciuta.
I vestiti si rimpicciolivano sempre di più e si era abituata a strapparne le pregiate stoffe, provenienti dal villaggio, per intrecciarne lei stessa degli indumenti che facessero al caso suo.

La sua statura cresceva in simbiosi con quella della sorella, che era alta quasi quanto un albero.

Anwïn abbassò le proprie ali e lasciò che Nefeli vi si appoggiasse per scendere dalla sua resistente groppa.
Atterrò sull'erba alta, che quasi le raggiungeva le spalle.

Fece un segnale alla sorella di procedere separate e lei capì subito.
«Seguimi dall'alto.» Disse piano, sistemandosi l'arco sulle spalle.
I fiori che erano intrecciati sull'arma le solleticavano la schiena.

Anwïn chinò il capo in segno di saluto e Nefeli le sfiorò teneramente il muso nero, sorridendole.
Avvertì il loro legame mentale farsi cristallino, per permetterle di comunicare.

«Sempre.» E volò verso le nuvole, infrangendo i cieli con la sua sagoma maestosa e scura.

Era riuscita a diventare sempre più silenziosa e si era abituata alla caccia, seppur con degli immani sforzi.
Si erano aiutate a vicenda in questo.

Dopo tutto ciò che era accaduto, non erano in tanti a voler uscire dai confini delle Grotte e quei pochi che erano rimasti erano troppo deboli per procurarsi da mangiare.

La maggior parte delle volte erano Anwïn e Nefeli ad occuparsi del cibo, sia per loro stesse che per il branco.
Erano coraggiose, ma ciò non compensava la loro poca esperienza.

The shadow of lossDove le storie prendono vita. Scoprilo ora