Lavender dreams, dilly dilly, lavenders true,
when you missed me, dilly dilly,
I did miss you.
I owe you for your love.
La prima volta che ho tossito la lavanda mi sono arrabbiato.
Non è mai stato piacevole costringere i muscoli della gola a contrarsi fino a far male pur di liberarla da quei maledetti fiori vellutati che a volte sembravano volersi stampare sulle pareti della mia trachea, per carità, ma niente è mai stato come la lavanda.
I fiori piccoli, ruvidi, che mi grattavano già nel petto come mille piccoli spilli, e quell'odore così intenso che per un attimo mi ha fatto temere che gli spilli mi si stessero conficcando anche nel naso e nel cervello.
È stata la prima volta che ho pensato davvero di soffocare.
Poi sono riuscito a liberarmi, a mettermi due dita in bocca e a tirare fuori quell'ammasso verde e viola talmente brillante e vivido che per la prima volta non ero triste o spaventato o rassegnato.
Ero furioso, e lo sono diventato ancora di più quando mi sono accorto che tra il viola e il verde brillante si nascondevano anche delle macchie rosse troppo scure e dense e sporche per poter appartenere a quel fiore così bello.
Ero tanto incazzato che ho afferrato il mazzolino e l'ho gettato per terra. L'ho raccolto di nuovo e l'ho strappato, ho stretto il gambo in una mano mentre con la poca forza rimastami nell'altra tiravo via i fiori, uno a uno, e li schiacciavo tra le dita e poi sotto le suole delle scarpe fino a farne una poltiglia troppo brillante per quella stanza di morte che era il mio garage.
Il punto è che io sono abituato a essere arrabbiato, Simone. Lo sono sempre stato, con tutto e con tutti. Con mio padre che non ho mai conosciuto, con i fidanzati di mia madre che la lasciavano, con i professori che mi trattavano da caso perso e poi non provavano neanche a ritrovarmi, con le bollette che non riuscivamo a pagare, con le ragazze che mi volevano troppo e con le donne che non mi volevano per niente.
Con te non mi sono mai arrabbiato davvero, invece. Neanche quando mi guardavi dall'alto in basso con la tua aria da perfettone o quando eri tu a essere arrabbiato con me. Neanche quando ti ho detto di starmi lontano dopo che hai provato a baciarmi al museo, neanche quando hai spifferato di me e Alice a Chicca, neanche quando ho scoperto che eri stato tu a distruggermi la macchina. Neanche mentre facevamo a botte, e io ci andavo più piano di quanto ci sia mai andato con chiunque altro e pensavo soltanto a come difendermi senza farti male. Non so cosa fosse a spegnere la rabbia non appena realizzavo che fosse diretta a te, se fosse il tè freddo che mi portavi poi a ricreazione, se la tua offerta di aiutarmi a fare qualsiasi cosa, persino rubare un'auto, se il pensiero di vederti partire per Glasgow un'altra volta e non rivederti più.
Forse erano le tue scuse, Simone, e il modo in cui mentre le facevi non mi guardavi in faccia, abbassavi la testa e puntavi gli occhi ovunque tranne che su di me, e l'unica cosa che allora mi interessava era che tu tornassi a guardarmi.
Tu prendevi la mia rabbia e la fondevi per rimodellarne amore, e io più me ne rendevo conto più cercavo disperatamente di infuriarmi. Perché non volevo perdere l'unico modo di vivere che conoscevo, perché non mi sembrava possibile perderlo per te, perché se poi tu quell'amore me l'avessi tolto non mi sarebbe rimasto niente.
È perché non volevo smettere di essere arrabbiato che ti ho baciato, la sera del tuo compleanno. Perché mi hai detto che mi volevi bene e io ho sentito la rabbia scivolarmi tra le dita come facevano le sillabe dalla tua bocca, e non potevo sopportarlo. Perché volevo fare del male ad Alice e a Sbarra e a Zucca e alla scuola intera, ma con me c'eri soltanto tu, e baciarti era l'unico modo in cui potevo sopportare di ferirti.

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Lavenders Blue
FanfictionMi sono innamorato di te, Simone. Mi hai fatto crescere fiori nei polmoni, ma, per quanto siano belli, io non respiro. Copertina della splendida e tanto talentuosa @/ariespuntosia (su Wattpad e Twitter).