26. Daughter of No One

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Mentre camminavo nel bosco per tornare a casa, sentivo i muscoli bruciare come mai prima d'ora, tant'è che avevo persino il fiato corto da quanto stavo faticando. Mi sentivo così svuotata da non riuscire a pensare con lucidità, ma avrei dovuto riprendermi alla svelta considerato che da lì a poco avrei dovuto affrontare la mia famiglia. Non solo dovevo confessare che mi ero innamorata di un vampiro, ma esigevo che mi venissero date delle spiegazioni per capire se quello che Emmett mi aveva rivelato era vero oppure no. Sapevo già che era inutile pensare di prepararmi una specie di discorso, l'avrei scordato in ogni caso, ma dovevo cercare di fare ordine nella mia testa, dovevo creare una specie di scaletta. Il sole era ancora alto nel cielo, anche se nascosto sia dalle nuvole che dalla fitta foresta di Forks. Probabilmente, era circa mezzogiorno.

Quando iniziai a riconoscere il sentiero che riportava verso casa, e che indicava che ero davvero vicina, realizzai quanto poco tempo mi restasse prima della mia fine, e mi venne la tachicardia. Mi bloccai per qualche secondo, cercando di mantenere la calma. Non serviva a niente entrare nel panico ora, avrei dovuto pensarci prima. Ormai era troppo tardi. Me l'ero cercata, me lo meritavo. Ripresi a camminare, stavolta a passo spedito lungo il sentiero, e in meno di cinque minuti mi ritrovai davanti ad un enorme villa tinta di bianco, ma mai grande ed elegante come quella dei Cullen. Non sapevo il perché di quel confronto, tanto non ci avrei rimesso più piede comunque, in entrambe le abitazioni. Salii gli scalini che conducevano al portico e suonai il campanello, anche se sapevo che la porta era aperta. Stavolta volevo annunciare il mio arrivo, non volevo cogliere di sorpresa nessuno. Ad aprirmi venne George, che appena si accorse che ero io, mi accolse tra le sue braccia, preoccupato.
- Per l'Angelo Raziel! - esclamò al mio orecchio - Sei ancora viva, sei sana e salva! - e dopo qualche secondo, aggiunse - Perché stai bene, vero? -.
Annuii contro il suo petto godendomi quello che sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio - Sì, sto bene. Mi dispiace di avervi fatti preoccupare -.
- Non importa, davvero. Adesso risolveremo tutto - disse scostandosi per afferrare la mia mano nella sua e trascinarmi nel salotto di quella casa - Madre, padre! Fratelli! Scendete, è tornata! Isabella è tornata! -.
Come se non aspettassero altro che sentire quelle parole, tutti si precipitarono giù dalle scale per abbracciarmi; tranne Stephan che restò a distanza, ed era meglio così. Venni ricoperta di scuse, di domande apprensive e di carezze. Non sapevo come sentirmi a riguardo onestamente. Una parte di me si sentiva tradita dalle stesse persone che mi avevano cresciuta, l'altra parte invece si sentiva in colpa per aver mentito e messo in pericolo la propria famiglia.

- Mi dispiace di aver reagito in quel modo, ieri sera - si scusò stupendomi Jonathan - Ma ero così terribilmente preoccupato e mi sono lasciato prendere dalla rabbia che provavo, non solo per te, ma anche per i tuoi fratelli -.
Ecco, questo era Jonathan Durwood: incuteva timore da quanto era grande e grosso, e si comportava da orso la maggior parte delle volte, ma quando capiva di aver commesso degli errori, lo riconosceva sempre e chiedeva scusa.
- Anche a me dispiace, tesoro mio - borbottò con le lacrime agli occhi Marie, stringendomi nel suo abbraccio stritolatore.
- Avrei dovuto stare al tuo fianco ieri sera - si rimproverò Sebastian - Non sarei dovuto uscire -.
- Ci dispiace così tanto - concluse William, tremante.
Io... Io non sapevo cosa dire. Si stavano comportando tutti in un modo che non avevo previsto neanche lontanamente, stavano reagendo così diversamente dal loro solito modo di reagire. Mi aspettavo una sfuriata simile a quella del giorno precedente, forse anche peggiore, ma non delle scuse sincere. Una parte di me si stava illudendo che forse non se la sarebbero presa poi così tanto dopo quello che avevo fatto, ma dovevo bloccarla prima che contagiasse anche la parte razionale della mia mente. Non potevo spettarmi niente di positivo.
- Smettetela - sussurrai, allontanandomi da tutti facendo qualche passo indietro, quasi scossa - Su questo non avete niente di cui rimproverarvi - probabilmente, su altre cose sì, pensai.
- Questo non è vero... - iniziò dolcemente Marie, cercando di avvicinarsi, ma la bloccai.
- No, per favore - sospirai, per poi tentare di regolarizzare il mio respiro accelerato - Dobbiamo parlare e dovete essere sinceri come non lo siete mai stati finora... Sedetevi - li pregai, indicando i divani alle loro spalle.
Titubanti e sorpresi, eseguirono la mia richiesta. Stephan si sedette all'inizio dei gradini che conducevano al piano superiore. Sebastian, per restarmi il più vicino possibile, si accomodò su una delle poltrone, mentre Marie e Jonathan si sedettero su uno dei divani del salotto e Will e George sull'altro.

THE WORLD OF DEMONS I - IL PORTALE DEI DEMONI || Twilight/Shadowhunters ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora