Manuel attese la fine di quella giornata come se ne andasse della sua stessa vita, e forse in un certo senso era proprio così.
Per quel motivo, quando all'imbrunire sentì il Maestro congedare Simone, si affrettò a raggiungere Alessandro che stava spazzando l'altra parte della bottega.
Dalla tasca della tunica da lavoro cacciò un paio di monete e, afferrando la mano dell'amico, gliele consegnò bruscamente.
Alessandro lo guardò interdetto, mentre comunque si infilava già le monete in tasca.
"Non è che devi cominciare a pagarmi per comprare il mio silenzio, amico mio."
Manuel sollevò un sopracciglio e gli colpì una spalla.
"Sono per il vino. Stasera vattene alla taverna."
Mentre parlava lanciava sguardi furtivi alla figura di Simone che, ignaro, si stava rivestendo. Vedeva i segni che gli aveva lasciato poco prima sulla spalla e sapeva di essere l'unico ad averli notati e, nonostante questo, la gola gli si seccava al sol pensiero.
Alessandro lo guardava sempre più accigliato.
"Ma veramente io sono stanco e non vedo l'ora di mettermi a let-"
Manuel non gli diede il tempo di finire la frase, che lo fulminò con lo sguardo, prima di colpirlo di nuovo alla spalla.
"Stai sempre ad ubriacarti in quella topaia e proprio stanotte scegli la via della redenzione?!"
L'espressione di Alessandro passò dalla confusione al divertimento, quando intercetta l'ennesimo sguardo dell'amico al nobile intento ad appuntarsi i legacci della camicia poco distante.
"Cosa accade, amico mio? Hai bisogno di una stanza?"
Quel sorrisino, Manuel gliel'avrebbe smontato con i pugni, non fosse stato l'amico più caro che avesse mai avuto.
"Smettila, razza di canaglia. Devo-devo solo parlare in privato con Simone."
Era abbastanza certo che io rossore sulle sue gote l'avrebbe tradito in un tempo tanto breve da sembrare ridicolo, ma tenne comunque il punto, mantenendo lo sguardo fisso in quello dell'altro, che comunque scoppiò in una risata fragorosa, attirando per un attimo l'attenzione dell'oggetto del loro discorso.
Manuel lo colpì di nuovo.
"Ah, così si dice. Va bene, va bene, io me ne vado pure ad ubriacarmi, ma come hai intenzione di sfogare i tuoi istinti da lussurioso se c'è il Maestro nella bottega? Rischi di fargli venire un mancamento."
Il riccio alzò gli occhi al cielo e sbuffò leggermente. Simone aveva quasi finito di rivestirsi e il tempo stringeva.
"Non mi spiego ancora come tu stia sopravvivendo in questa bottega, davvero. Sono almeno dieci giorni che il vecchio ci dice che andrà a Milano oggi e tornerà il giorno dopo domani. Ricordi?"
Alessandro si portò un palmo alla fronte sudaticcia ed esclamò la sua dimenticanza.
Manuel smise di farci caso, perché Simone se ne stava accanto allo stipite della grande porta d'entrata e semplicemente gli riservava un'occhiata timida, indeciso su cosa fare: il maggiore se lo sarebbe mangiato lì, su due piedi, se avesse potuto.
Diede una pacca sulla spalla ad Alessandro e con un ultimo "Vai alla taverna", si congedò, avanzando a passo svelto verso il corvino.
Nemmeno si preoccupò di nascondere il grande sorriso che non voleva saperne di abbandonargli la faccia, quando Simone gli rivolse l'ennesimo sguardo timido. Stentava quasi a credere che fosse lo stesso ragazzo che nemmeno qualche ora prima gli stava mordendo le labbra in un bacio tanto famelico come non ne aveva mai ricevuti nella vita.
"Io- ecco, volevo solo salutarti. Il maestro dice che domani non dovrò posare, quindi, non so quando ci vedremo e-"
Il sorriso di Manuel crebbe mentre reprimeva a forza la voglia di sfiorargli le guance rossissime.
"Ti desiderano altrove?"
Simone sgranò gli occhi, forse confondendo il senso della domanda e si affrettò a scuotere i ricci corvini.
"No, io pensavo di chiudermi nella stanza a leggere, in realtà."
Manuel sbuffò una risata, poi si sporse oltre la porta per assicurarsi che il vicolo fosse vuoto, ad eccezione di un gatto che dormiva placido su una tenda, e poi si voltò verso l'interno, notando come il Maestro si fosse già dileguato ed Alessandro stesse ramazzando gli ultimi spazi.
Sicuro, si avvicinò quindi all'orecchio di Simone, che sentì trattenere il respiro.
"Io volevo stare un po' con te, invece."
E Simone si sentì le gambe tremare sotto il vibrato di quel sussurro che, leggerissimo, gli sfiorò il timpano.
Prima ancora che la sua mente potesse elaborare una risposta sensata, si ritrovò a deglutire ed annuire convinto e la risata di Manuel non fece altro che accrescere il suo rossore, che si protrasse anche al collo.
Il maggiore gli sfiorò per un attimo la mano, per poi allontanarsi di poco, in modo che nessuno li cogliesse in atteggiamenti equivoci.
"Hai fame?"
Simone, che in quei giorni non aveva quasi toccato cibo perché ogni pensiero gli faceva rivoltare lo viscere e ora sì ritrovava a sperimentare il benessere assoluto, semplicemente grazie alla presenza dell'altro accanto a sè, si rese improvvisamente conto del vuoto allo stomaco che lo tormentava.
"Potrei morirne" annuisce convinto e Manuel gli afferra subito l'avambraccio, prima di trascinarlo fuori dalla bottega, sotto lo sguardo divertito e consapevole di Alessandro qualche metro distante, che già pensava a quanto vino avrebbe potuto permettersi quella sera.
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Anima Mea
Fanfiction1557 - Simone è figlio di un'importante casata fiorentina; Manuel va a bottega da uno dei più geniali artisti del tempo. Si incontreranno e tutto acquisirà un nuovo senso. La storia prende spunto da un Tweet. Non l'ho mai ritrovato.