Specchio

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"Voltatevi un po' di più- no, non così tanto, ora è poco- aspettate, aspettate."
Manuel poggiò la sanguigna che aveva già impugnato sul cavalletto e si avvicinò a Simone, impettito nel rispettare la posa che l'altro gli aveva consigliato.
"Non voglio sporcarvi il volto con la polvere di sanguigna. Giratevi un poco."
La voce di Manuel gli era così vicina, così vicina che Simone poteva avvertirne la consistenza sulla pelle e quel sussurro roco era quanto di più bello le sue orecchie avessero sentito in quegli anni.
Si schiarì un po' la voce, per paura che gli uscisse tremante e poi, sempre col collo rigido, guardò il ragazzo accanto a lui di sbieco.
"È probabilmente meglio se mi sistemate voi, non trovate? Dico solo che, beh, potrei pulirmi dopo."
Manuel ridacchiò, divertito e sospirò: il suo soffio arrivò diretto sulla guancia di Simone, che deglutì.
"Pulendovi da solo vi muovereste di nuovo, ma aspettate-" si pulì alla meglio le mani su uno straccetto di cotone infilato tra la camicia e la cintura.
Si posizionò proprio di fronte a Simone, senza che il sorriso abbandonasse le sue labbra, e portò le dita a cingergli il mento.
Simone sentì chiaramente il suo cuore accelerare i battiti e sperò davvero che l'altro non potesse sentirlo allo stesso modo.
Manuel aveva quell'espressione placida, rilassata e Simone si chiese come facesse ad essere così sereno, mentre il suo stomaco si stava contorcendo sotto il tocco gentile di quelle dita sottili.
L'artista gli spostò di poco il mento, abbassandolo leggermente e, poco prima di lasciare la presa, strofinò il pollice sulla curva della mandibola, facendo sussultare l'altro, che si chiese se fosse sempre così sfacciato. Decise che, in realtà, gli piaceva anche quello.
Infatti, si fece sfuggire un lieve sorriso, a cui Manuel rispose ampliando il suo, prima di staccarsi a malincuore da quella pelle di marmo.
"Ecco, fermo così."
Si beò per un attimo della luce chiara proveniente dal finestrone sulla sinistra, che scolpiva perfettamente il profilo cesellato del corvino.
Tornò dietro al cavalletto e afferrò di nuovo la stecca di sanguigna.
Iniziò subito a tratteggiare uno schema sulla tela grezza: gli venne facile delineare la curva perfetta del naso, il collo sinuoso e l'arco delle labbra piene. Una volta arrivato alle spalle, però, fece vari tentativi, ma decisamente trovò qualcosa che non andava.
L'espressione doveva essere contrariata, perchè Simone si corrucciò leggermente e sussurrò sommessamente: "Qualcosa non va?"
Manuel annuì leggermente, studiando la situazione.
Scoccò un'occhiata a Simone, le spalle sempre più tese.
"Siete troppo rigido. Perché?"
La domanda spiazzò per un attimo il corvino che dischiuse le labbra, come cercando le parole per elaborare un concetto.
"Non sono rigido", esalò alla fine. Manuel gli scoccò un'altra occhiata e poi schioccò la lingua sul palato, con espressione risoluta.
"Vi metto io a disagio?"
Simone credette seriamente che la schiettezza di quel ragazzo lo avrebbe mandato al camposanto prima del tempo.
"Non-non mi mettete a disagio, certo che no."
A dispetto di quelle parole più o meno sicure, le sue guance si imporporarono leggermente e Manuel si incantò di fronte a quel colore vermiglio. Fu un attimo, prima di riprendere la sua solita espressione sprezzante.
Spostò il peso da un piede all'altro e, di nuovo, si avvicinò al giovane ancora in posa.
"Vi siete forse dimenticato di essere un libro aperto?"
Le sopracciglia di Simone si corrucciarono.
"Non la smetterete mai di ritenermi un ingenuo?"
Manuel ridacchiò.
"Un giorno, forse, quando non arrossirete più in quel modo."
Il risultato di quella frase fu il rossore che dalle guance, salì fino alle orecchie di Simone.
"Smettetela, vi avverto"
Manuel scoprì in quel momento che spazientire quel giovane nobile era diventato il suo passatempo preferito, se il risultato erano quelle guance rosse dello stesso colore dei gerani.
"Forse però non sono solo io a mettervi a disagio. Cosa vi preoccupa?"
Simone si risistemò nella sua posizione rigida, rendendo ancora più evidente quello stesso disagio che si ostinava a negare.
"Non sapevo fossimo così in confidenza da dedicarci ad accorate confidenze, signore."
Manuel a quell'appellativo sentì le ginocchia tremare e non potè frenare la mente dal viaggiare verso altri contesti in cui quella stessa parola poteva essere applicata, in modi ben più piacevoli.
Si riscosse subito dopo, con un'espressione fintamente offesa.
"Dopo aver stretto addirittura patti come amici di vecchia data, non vedo perché non dovreste confessarmi anche i vostri più sordidi segreti."
Ritornò dietro al cavalletto e cominciò di nuovo a sbozzare la figura che gli si stagliava davanti, ora distratta.
"Io-io non ho sordidi segreti."
Il sorriso storto di Manuel, che lo guardava attraverso le ciglia, alternando lo sguardo tra la sua figura reale e quella disegnata, Simone era sicuro che se lo sarebbe sognato la notte finché avesse avuto fiato in corpo.
"Oh, mio signore, io tendo a pensare che ognuno di noi abbia i suoi segreti."

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