Tredici.

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Dieci Anni Prima.

> Mi dispiace ragazzo, ma la quota d'iscrizione va pagata entro il termine segnalato nella lettera arrivatati. So che non è molto equo, ma non posso farti da garante. Dovrai inventarti qualcos'altro.
> Capisco, la ringrazio.

Midoriya chiuse la chiamata con il responsabile del suo anno.
Il suo piano, l'unico che aveva, era andato in malora. Non c'era modo di estendere il termine per il pagamento, non c'era modo che il suo istruttore facesse da garante e non c'era modo alcuno che un possibile datore di lavoro gli avrebbe dato in anticipo la somma necessaria. Tutta la fatica che aveva fatto in quella giornata era stata inutile.
Come avrebbe mai potuto fare ora?

La madre lo attendeva in salotto, voleva cenare con lui e poi magari fare qualcosa insieme.

> Izuku, hai fatto? Si raffredda la cena.
> Si mamma, arrivo.

Il verde mise addosso uno dei suoi sorrisi più smaglianti, le guance che dolevano a causa di tutti quei sorrisi, a volte forzati.
Si sedette al suo posto, di fronte alla madre, e la ascoltò blaterare su quanto fatto durante la settimana.

> ... e poi ieri ho incontrato Mitsuki. Mi ha detto che Katsuki sta per iniziare l'ultimo anno e che poi andrà a lavorare per il numero tre. Ho sempre saputo che avrebbe avuto successo, ma forse questo lo sai meglio di me, vero?
> Il numero tre?
> Si, per Best Jeanist. Sarà davvero incredibile essere amico d'infanzia di un così promettente eroe...

La donna continuò a parlare, non rendendosi nemmeno conto che il figlio non la stava più ascoltando.
Se Katsuki fosse andato dall'eroe numero tre voleva dire che aveva già lavorato per lui e che, di conseguenza, era stato pagato per almeno uno dei tirocini svolti.
Gli occhi verde scuro di Izuku osservavano il pesce che aveva sul piatto, cercando in quegli occhi bianchi lattiginosi il coraggio che gli serviva per fare ciò a cui stava pensando.

Finì in fretta la cena e, con una scusa banale, uscì di casa senza la madre. Le sue scarpe rosse sbattevano sull'asfalto e lo portarono fino alla grande porta marrone di casa Bakugō. Suonò tre volte e poi, finalmente, il biondo in persona gli aprì la porta.

> CHI STRACAZZO È CHE ROMPE-... Deku?
> C-ciao Ka-Kacchan. Po-posso entrare?

Katsuki era davanti di lui, il torso completamente nudo. I pantaloncini erano portati più in basso della vita e le guance lentigginose si tinsero di rosa quando Izuku notò la peluria bionda che conduceva ben più sotto dell'ombelico.
Katsuki non si lasciò sfuggire quel luccichio negli occhi verdi e un ghigno divertito gli curvò le labbra mentre sbuffava annoiato.

> Che cosa ci fai qui, Nerd?
> E-Ecco, av-avrei un fa-favore da chiederti. Ma-Ma preferirei non farlo qui fuori.

Con grande sorpresa del verde, l'alpha si scostò un poco dalla porta e lo fece entrare. Il biondo si mise appena sopra lo scalino d'entrata e lasciò che l'omega restasse più in basso di lui, in modo da poterlo osservare per bene.
Izuku si era lavato il viso prima di cena, ma non poteva nascondere gli occhi leggermente rossi e gonfi allo sguardo attento del biondo.

> Quindi? Che cazzo vuoi tu da me?
> E-Ecco io, io so che non dovrei essere qui. S-So che tu non ac-accetterai mai, ma non sapevo a chi a-altro chiedere.
> Sputa il rospo, Deku! Odio i perditempo.

Midoriya deglutì rumorosamente, cercando di trovare il coraggio di parlare con calma, nonostante le mani sudate che si tormentavano fra loro e la voce tremolante.

> Sono nei guai. De-Devo trovare 1.498.446¥. De-Devo tro-trovarli pri-prima di tre giorni.
> E perché lo dici a me?

Un fuoco si accese dentro le iridi verdi.

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