Capitolo 7- La casa al lago

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Il giorno seguente è freddo e umido. Esco da scuola di corsa, e infreddolita corro in auto al caldo affianco a mia madre e andiamo a casa della nonna. 

Mamma mi lascia lì perché deve accompagnare mio fratello Austin a calcio. Busso e subito (mi correggo: non proprio subito, visto che mia nonna ha quaranta chiavistelli che apre e chiude ogni volta che entra qualcuno in casa) mi apre e mi fa entrare in casa.

Non fa neanche in tempo di chiedermi come mai fossi lì che inizio a sputargli tutto ciò che devo dirgli. Rimane bloccata a capire il tutto, visto che gliel'ho detto tutto d'un fiato. Poi mi fa segno di andare di sopra e come sempre, con la delicatezza di un elefante, mi fiondo sulle scale. Non ha una soffitta, quindi presumo che volesse intendere la sua camera da letto. Apro la porta e subito un odore di fiori mi invade i polmoni, lo usa per profumare camera sua, dice che l'aiuta ad addormentarsi, mio nonno odia questa abitudine. La camera è abbastanza grande, ha il letto matrimoniale subito a destra della porta con i due comodini incorporati. Sopra il letto, attaccato al muro, c'è un mega-quadro di mia mamma, mia zia e mio zio di quando erano ragazzi. L'armadio occupa quasi tutta la parete di fronte al letto. Sulla parete adiacente a quella con la porta c'è una finestra che dà su un terrazzo. Di fronte a quest'ultima ci sono tutte una serie di mensole e armadietti. Passo lo sguardo su ognuno di loro e scorgo un libro che non ho mai visto mi avvicino e scopro che è proprio quello che stavo cercando.

Lo prendo dallo scaffale e lo apro. Una nuvola di polvere mi arriva in faccia. Tossisco e lo sfoglio. Un piccolo foglietto di carta esce da una tasca fatta nella copertina. Portola Road. 

Qualcosa mi dice che non è stato scritto a caso questo indirizzo stradale.

L’indirizzo mi è familiare, ma ho bisogno di internet per capire dov’è. Dopo tutta una serie di ricerche riesco a trovare il luogo. 

É una strada che porta ad Atascadero Lake, il lago della mia infanzia. I miei nonni avevano una casa lì e ci passavo le estati. Esco con troppa calma per essere me. Poi mi ricordo di una cosa: Edward. Come posso averlo dimenticato se ci vediamo tutte le mattine?! Ho trascinato anche lui in questa storia e devo informarlo della scoperta.

Lo chiamo al telefono. Risponde al terzo tentativo. Dalla voce deduco che si è appena svegliato. Passiamo un’ora al telefono, in cui gli racconto tutto, in ogni minimo dettaglio. Gli dico che ci voglio andare domani. Lui non può, ci andrò da sola.

Mi ci accompagna Max, mio fratello più grande. Ha già la patente, quando devo farmi accompagnare da qualche parte spesso lo chiedo a lui e non a mamma. Arriviamo dopo circa mezz’ora di macchina. Lui mi lascia e prosegue. 

Guardo il meraviglioso spettacolo che ho davanti e assaporo i ricordi che ritornano a galla dopo tantissimo tempo. 

Il lago davanti a me è azzurro cristallino, i piccoli arbusti che arrivano alla sponda sono verdi e rigogliosi. In lontananza si nota una casa in legno che si affaccia sul lago. Purtroppo è abbandonata da anni. I miei nonni l’hanno lasciata ad una ragazza che però l’ha abbandonata subito dopo.  Il terreno è sterrato, non c’è una vera e propria strada. 

Di gente ce n’è poca: qualcuno che passa a piedi, in bici o in macchina, ma niente di che.

Mi siedo un attimo sulla sponda, chiudo gli occhi  e mi lascio cullare dal vento, ricordando le caldi estati che ho passato qui.

Dopo non so quanto tempo, mi alzo e faccio il punto della situazione: mi trovo qui, sulla sponda di un lago a cercare...qualcosa, un oggetto ignoto. Ho pensato di portarmi una pala, dopo che mio fratello mi ha chiesto in tutti i modi cosa ci dovessi fare.

Decido di girare il lago cercando un minimo indizio. Poi mi rendo conto a metà che si sta parlando di qualcosa che, se è stato seppellito, è sotto terra da anni, quindi il terreno potrebbe essere tornato a posto.

Passando noto uno scoiattolo che entra in una buca. Non so per quale motivo, mi fa una strana impressione: decido di non darci troppo peso e proseguire oltre. 

Faccio il giro del lago due volte e non trovo niente. L’unica cosa che mi rimane da fare è entrare nella casa. 

Attraverso il vialetto abbandonato e salgo le scale pericolanti in legno, arrivando alla porta. Non ci sono mai state chiavi, perché, ricordo, a mio nonno gli sono cadute nel lago. Visto che mia nonna era una maga nell’aprire le serrature con le forcine, non hanno mai fatto cambiare la serratura. Poggio la pala affianco a me e mi accovaccio per aprire la porta. Noto, con dispiacere, che la ragazza a cui hanno venduto la casa ha cambiato la serratura, c’era da aspettarselo!

Mi rende ancora più complessa la cosa visto che non la conosco. Ci metto un pò, ma ci riesco. 

La casa odora di chiuso, la polvere è ovunque ed il legno è rovinatissimo. Nei cuscini delle sedie e del divano ci sono dei buchi causati dagli insetti. 

Più mi inoltro nella casa, più mi sento intrappola. Provo ad accendere la luce della sala, ma regge poco. Sono costretta ad accendere la torcia del telefono. Controllo tutti i cassetti e tutti i mobiletti che ci sono in casa. Alla ragazza evidentemente piacevano i mobili che aveva mia nonna, visto che li ha tenuti tutti. Il senso di chiuso si fa sentire. Mi sento osservata.

Arrivo nella camera matrimoniale. Vedo una figura nera. Il mio cuore perde un colpo. Esco dalla stanza. Mi attacco al muro. Non posso averla vista." Come può essere…?"

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