Prologo

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Mia si svegliò una calda mattina d'agosto nel suo letto della casa vacanze. Era in vacanza in Portogallo con la sua famiglia per godersi le bellezze di Lisbona.
- Miaa! Sveglia dobbiamo andare al mare!- sua madre, la signora Marie, apprezzata da tutti per la gentilezza e per le splendide e squisite torte che prepara, la chiamava dal piano di sotto per svegliarla -Ei Mia sveglia, dobbiamo andare. Muoviti o faremo tardi!-

Sua madre stava preparando il fratellino Marcus e la sorellina Desy, due gemelli di sette anni. Nel frattempo il padre, il signor James Stone, tornava in casa per portare i gemelli in macchina. Mia vedette l'orologio appeso al muro, che i proprietari della casa avevano deciso di appendere, e si rese conto che era effettivamente tardi.
Indossò il costume e si vestì di corsa, scese le scale e fece colazione. Fece giusto in tempo a finire, che nel frattempo la chiamava suo padre.
Corse in macchina e chiuse la portiera con troppa forza, facendosi rimproverare dal signor Stone.
Partirono e arrivarono dopo poco. Scesero dalla macchina e scelsero il posto in spiaggia. Lo scelsero poco lontano dalla pineta all'ombra di un pino, la tipologia di posti preferita dalla madre di Mia.
Dopo aver steso i teli e essersi sistemati per bene si immersero nell'acqua fredda dell'oceano.
A seguito di varie nuotate, Mia decise di immergersi ed esplorare il fondale marino.
Uscì dall'acqua e andò al posto dove si erano sistemati: prese maschera e boccaglio. Di solito era una cosa che faceva solo con suo padre, ma quel giorno decise di farlo da sola.
Esplorò il fondale per un pò, fino a quando si accorse che nella roccia c'era un buco. Pensò fosse la casa di un qualche tipo di pesce. A nuoto deteneva il record di apnea, quindi per lei non fu un problema immergersi a lungo. A mano a mano che si avvicinava, il buco si ingrandiva. Dentro era vuoto e buio, era talmente grande che un essere umano ci passava comodamente. Si chiese quale tipo di pesce potesse mai essere così grande. Fece per tornare in superficie quando un movimento catturò la sua attenzione. Qualcosa dentro quella tana si era mosso. Rimase in attesa. Non notò altri movimenti e decise di tornare indietro. Neanche mezzo metro la separavano da quella tana, che si sentì prendere per i piedi da una forza più grande della sua. Provò a dimenarsi, a staccarsi da qualcosa che non la toccava. Si arrese, chiuse gli occhi e si lasciò trasportare. Il viaggio le sembrò lunghissimo, interminabile, ma quando quella forza la mollò fu sollevata di essere libera.

Rimase ad occhi chiusi per pochi minuti, aspettando qualche altra azione. L'azione non venne e decise di aprire gli occhi. Quello che vide la lasciò a bocca aperta. Davanti a lei si innalzava un palazzo fatto di cristallo, con dettagli oro. Secondo Mia si alzava per dieci metri circa. Ai piedi del palazzo c'era una piazza molto grande con delle fontane, anch'esse dettagliate d'oro. Oltre la piazza c'erano le case. Non erano belle come il Palazzo, non erano di cristallo ne dettagliate d'oro. Erano una diversa dall'altra: c'era quella con i muri a specchio, quella storta, quella con lo scivolo che ti faceva uscire, e quella semplice con dei personaggi disegnati sui muri. Tra le case si diramavano le viuzze di quella città. Mia ci mise un pò a capire che si trovava sott'acqua e che era un essere umano. Spalancò gli occhi e si portò le mani alla gola.

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