(Capitolo 1) Insonia

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27 ottobre 1995

Soffro di insonnia ciclica.
Non riesco a dormire molto la notte, mi ritrovo spesso a guardare il soffitto bianco della mia camera da letto, nel ricovero per anziani.

Girai lo sguardo verso l'orologio, sul comodino, di fianco a una foto incorniciata, guardai per un po' quella foto, poi girai gli occhi verso l'orologio, è notai con gran sorpresa che erano le 9:26 del mattino.
Così mi alzai dal letto, mi infilai le ciabatte e percorrsi il lungo corridoio da cui si affacciano tutte le stanze da letto.

«Buongiorno Jess» disse Cynthia, facendosi portare in sala colazione da una sorvegliante.

«Buongiorno Cynthia. Hai dormito bene oggi? O hai ancora quei problemi al piede destro?» chiesi senza fermarmi, continuando ad avanzare affiancata da Cynthia.

«Oh, sai com'è va... il solito, va e viene» rispose.

Ben presto venni lasciata sola a camminare verso la caffettiera.
Li venni subito accolta dal solito sorriso di Criss, che disse:

«Buongiorno signora Graves. Cosa posso darle oggi?»

«Buongiorno Criss. Sai cosa... prenderò solamente del pene e prosciutto, grazie» risposi accennando un sorriso.

«E il quarto questa settimana, e sicura? Non è che ha problemi ha digerire?» chiese preoccupato, iniziando a prepararmi il panino.

«Oh, no... No niente del genere. Mi piace, tutto qui» risposi prendendo il panino appoggiato sulla vetrinetta.

Non mi andai a sedere come facevano tutti, ma uscii dal retro della casa per incamminarmi verso il bosco. Un mio privilegio era che, nonostante la mia età, io fossi sempre attiva e pronta a camminare.

Più inoltrata nel bosco c'era una casetta, ormai abbandonata da anni, con vetri rotti, muffa e ragnatele ovunque.
Entrai dentro aprendo la porta cigolante per poi richiudermela alle spalle, così che se qualcuno avesse avuto l'istinto di seguirmi, non sarebbe riuscito a vedere cosa facevo. Mi chinai davanti ad una scatoletta di fiammiferi targata Corona, e li appoggiai un pezzo del mio panino al prosciutto.

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Tornai nell'edificio che ormai io, come molti, chiamavamo casa. Mi andai a sedere in una poltrona nel grande salone, che divideva il banco assistenza dal corridoio che portava alle camere.
Li mi venne incontro Elaine Connely, l'unica amica che avevo dentro quel posto, lei si che mi capiva.

«Hey Jess» disse abbracciandomi, non l'avevo ancora vista da stamattina, ma finalmente eccola qui, in tutta la sua allegria.

«Ciao Elaine. Come va?» chiesi guardandola.

«Non c'è male Jess. E tu? Hai ancora problemi di insonnia?» chiese.

Abbassai lo sguardo, come se qualcuno mi avesse appena offeso.

«Va tutto bene?» chiese con la sua vocina dolce.

«Si... E solo... Niente sto bene» risposi tornando a guardarla sorridendo.

«Be allora... Che ne dici di unirci a loro per guardare qualcosa alla TV?» continuo indicando con un accenno di capo le persone che iniziarono ad accumularsi davanti allo schermo del televisore.

«Va bene, mi hai convinto» risposi iniziando ad incamminarmi per trovare posto fra gli altri.

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Ci sedemmo nei posti in mezzo, li avemmo visto meglio.
Eravamo tutti tranquilli a guardare telefilm su una storiella d'amore (anche se sinceramente non mi erano mai piaciute) quando Hank, un vecchio scorbutico che non si faceva mai gli affari suoi disse:

«Ma che cos'è questa porcheria! Perché non guardiamo qualcosa di più interessante di due sfigati che non riescono ad amarsi!»

E così si alzò e andò a cambiare programma, continuò così senza sosta fin che non arrivò un vecchio film degli anni 20", dove vedeva come protagonisti due famosi ballerini (giuro che mi ricordavo i loro nomi), che ballavano e cantavano il loro amore verso l'altro.

«Ecco! Questo è interessante» disse Hank rimettendosi a sedere.

Ma quel filmato era più che un vecchio capolavoro, per me era una macchina del tempo.
In quel momento mi sembro di essere tornata alle vicende del 32, quando ero una giovane ragazzina con il suo "strano" lavoro.

Elaine scorse una lacrima rigarmi il viso, e subito dopo mi chiese:

«Jess, tutto bene?»

Io rimasi ancora qualche istante ferma a guardare lo schermo del televisore, fin che non ne fui piena di quel dolore.

«Devo andare a prendere una boccata d'aria» dissi d'un tratto alzandomi e dirigendomi verso la porta che dava alla serranda, in quel momento coperta per via della tempesta in corso fuori.

Li mi raggiunse subito Elaine, che vedendomi seduta quasi sull'orlo di un pianto, si sedette davanti a me.

«Jess... Ma cosa ti è preso?» chiese prendendomi per mano.

«Non è niente... Sono solo ricordi» dissi guardano la pioggia sbattere sulle finestre.

Elaine mi studio ancora per un secondo, poi chiese:

«Hai voglia di parlarmi di questi tuoi incubi che ti causano l'insonnia?»

Guardai ancora fuori per un minuto abbondante prima di rivolgere nuovamente le sguardo a Elaine, ancora intenta a guardarmi incuriosita.

«Vedi...» sospirai.
«Gli eventi risalgono al 1932 l'anno di John Coffey. I particolari sono sui giornali, ancora lì per chiunque voglia prendersi il disturbo di andarli a cercare, qualcuno più dinamico di una vecchietta che trascorre sonnecchiando la coda della propria vita in un ospizio della Georgia.
Era un autunno caldissimo, questo lo ricordo, veramente molto caldo. Un ottobre che era quasi come agosto, e Jeremy, il figlio del direttore, su all'ospedale di Indianola. Fu l'autunno in cui patii della più grave infezione alle vie urinarie della mia vita, non tanto preoccupante da far ricoverare anche me, ma abbastanza da farmi desiderare di essere morta ogni volta che andavo al gabinetto.
Fu l'autunno di Delacroix, il piccolo francese mezzo calvo con il topo, quello che era arrivato d'estate e sapeva fare quel gioco simpatico con il rocchetto. Soprattutto però fu l'autunno in cui John Coffey arrivò al Blocco E, condannato a morte per aver violentato e ucciso le gemelle Detterick. Anche se da dove iniziai realmente a lavorare al Blocco E, era il 1929» dissi.

Presi una pausa respirando profondamente, come se tra poco mi sarebbe mancato il respiro.

«Al braccio c'erano quattro o cinque guardie in servizio per ogni turno, ma molti di loro erano stagionali. Dean Stanton... Paul Edgecombe e Brutus Howell (i ragazzi lo chiamavano Brutal, ma era per scherzo, perché non avrebbe fatto male a una mosca se non costretto, nonostante la corporatura) sono tutti morti ormai, e lo stesso vale per Percy Wetmore, che era brutale sul serio, e anche un idiota. Percy era l'elemento sbagliato per il Blocco E, dove avere un caratteraccio era inutile e talvolta pericoloso»

Elaine mi guardò in silenzio per qualche secondo. Credo cercasse di decifrare i miei occhi vuoti, mentre raccontavo la storia.

«Perché ti sei rattristirà di colpo quando hai parlato di questo... Dean Stanton?» chiese incuriosita

Le sorrisi a malapena.

«É iniziato tutto quando mio padre morì....»

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Ciao ragazzi e ragazze! Come va? Spero bene. Sono stata molto contenta del traguardo di "Salvate il soldato Ryan" così, ho voluto dedicare una storia ad uno dei libri che più mi sta a cuore, il miglio verde di Stephen King. È niente... spero con tutto il cuore che sarò all'altezza di un così grande capolavoro come quello scritto da King. CIAOOO!!!

The green MileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora