(Capitolo 10) amichetto a 4 zampe

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16 settembre 1932

Di servizio c'eravamo solo io e Dean e di lì a pochi istanti lui si mise a ridere

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Di servizio c'eravamo solo io e Dean e di lì a pochi istanti lui si mise a ridere.
Non ci detti tanto peso, dato che non era difficile farlo ridere, perciò pensando che stasse leggendo un fumetto divertente, mi rimisi a scrivere il DOE di Delacroix.

«Amore!» mi chiamò dal miglio.

Mi alzai e affacciai alla porta del mio ufficio, trovando Dean davanti alla cella di Delacroix.

«Che succede?» chiesi.

Dean, continuando a ridere si voltò verso di me.

«Vieni e vedrai» mi invitò con un segno deciso di capo.

Così mi avviai verso la cella per vedere che cosa mai avesse trovato da riderne.

«Guarda, capitano!» esclamò Del appena mi vide.
«Mi sono addomesticato un topo!»

Era Steamboat Willy. Era nella cella di Delacroix.
Più ancora: era seduto sulla spalla di Delacroix e ci guardava attraverso le barre con quelle goccioline di petrolio che aveva per occhi.
Si era rigirato la coda sulle zampette e sembrava assolutamente in pace.
Quanto a Delacroix, credimi, non avresti mai pensato fosse lo stesso uomo che una settimana prima si era raggomitolato tutto tremante in fondo alla branda. Aveva l'aria di una bambina la mattina del giorno di Natale.

«Guardate adesso!» ci esortò Delacroix indicando il topo seduto sulla sua spalla destra.

Delacroix distese il braccio sinistro. Allora il topo gli si arrampicò grappandosi ai capelli. Con Delacroix che rideva.

lI topo corse lungo tutto il braccio fino al polso, poi si girò e tornò indietro, gli salì sulla spalla sinistra e si sedette arricciandosi di nuovo la coda intorno alle zampe.

«Che mi venga un colpo» mormorò Dean.

«Gliel'ho insegnato i0» dichiarò con orgoglio Delacroix.

Un bel corno di manzo, pensai io, ma tenni la bocca chiusa.

«Si chiama signor Jingles»

«Ma va'» ribatté in tono gioviale Dean.
«Quello è Steamboat Willy, come quello del filmino. È stato Brutal a chiamarlo così»

«È il signor Jingles» insisté Delacroix.

Su qualunque altro argomento ti avrebbe detto che il nero è bianco, se glielo avessi imposto, ma sul nome del topo fu irremovibile.

«Me l'ha bisbigliato nell'orecchio. Capitano, potrei avere una scatola dove tenerlo? Potrei avere una scatola per il mio topo, così può dormire qui con me?» La sua voce aveva già cominciato a scivolare in quella cadenza piagnucolosa che gli avevo sentito centinaia di volte.
«Lo metto sotto la branda e non darà l'ombra di un fastidio»

«Il tuo inglese migliora maledettamente quando vuol qualcosa, eh?» lo apostrofai prendendo tempo.

«Oh-oh» borbottò Dean dandomi un colpetto di gomito.
«Guai in vista»

Ma Percy non mi dava l'impressione di andare a caccia di grane, non quella sera.

Non si passava le mani sui capelli non giocherellava con quel suo sfollagente; aveva addirittura il primo bottone della camicia slacciato.
Era la prima volta che lo vedevo così ed era sorprendente l'entità del cambiamento che poteva apportare un piccolo particolare come quello.

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Delacroix invece non notò alcun cambiamento; si rannicchiò contro il muro della sua cella stringendosi le ginocchia al petto.
Gli occhi gli si dilatarono a riempirgli mezza faccia. Il topo gli si arrampicò sulla pelata e si sedette al centro della piazza.

Non saprei dire se ricordasse che ache lui aveva buoni motivi di diffidare di Percy, ma senza dubbio sembrava rammentarlo più che bene. Più probabilmente aveva solo fiutato la paura del piccolo francese e aveva reagito di conseguenza.

«Bene, bene» esordì Percy.
«A quanto pare ti sei trovato un amico, Eddie»

Gli tremò per qualche attimo il labbro inferiore, ma niente di più. In cima alla testa, il signor Jingles non tremava.
Sedeva perfettamente immobile con le zampe posteriori e quelle anterior divaricate sul suo cranio di Delacroix come per giudicarne la pericolo.
E squadrava Percy, come quando si sorveglia un vecchio nemico.

Percy guardò me.

«Non è lo stesso che avevo scacciato? Quello che vive nella cella di isolamento?»

Annuì.

«Sì, è lui. Solo che Delacroix dice che si chiama signor Jingles e non Steamboat Willy. Dice che glielo ha bisbigliato il topo all'orecchio»

«Ma senti» fece Percy.
«Uno non finisce mai di meravigliarsi, vero?»

Temetti che estraesse lo sfollagente e cominciasse a farlo scorrere sulle sbarre, tanto per chiarire a Delacroix chi comandava al Miglio, viceversa se ne rimase dov'era a guardare dentro la cella, con le mani sui fianchi.

E per nessuna ragione che potrei spiegarvi parole, io dissi:

«Percy, Delacroix stava chiedendo una scatola. Crede che il topo la userebbe per dormirci, mi pare. Di poterlo tenere con sé come un cagnolino» Caricai la voce di scetticismo e avvertii, più che vedere, lo sguardo sorpreso di Dean.
«Tu che ne pensi?»

«Penso che probabilmente una di queste notti, mentre dorme, gli sparerà una cacata nel naso e poi scapperà» rispose Percy in tono spassionato.
«Ma sono anche affari suoi. L'altra sera, sul carrello di Toot-Toot, ho visto una bella scatola da sigari. Però non so se è disposto a cederla. Magari vuole un nichelino o due» Solo a quel punto arrischiai un'occhiata a Dean e lo trovai con la bocca spalancata.

Non era il cambiamento subito da Ebenezer Scrooge la mattina di Natale dopo che se lo erano passato i fantasmi, ma ci andava parecchio vicino.

Percy si avvicinò a Delacroix, appoggiando la faccia alle sbarre.
Del si fece ancora più piccolo.

«Ce l'avresti qualche centesimo per comperarti
scatola da sigari, biecolino?» chiese.

«Ho quattro centesimi» rispose Delacroix.
«Glieli do in cambio della scatola, se è buona, s'elle est bonne»

«Facciamo così» ribatté Percy.
«Se quel vecchio puttaniere sdentato ti vende quella scatola di Corona per quattro centesimi, io prendo un po' di cotone dall'infermeria per foderarla. E gli facciamo un piccolo Hilton con i fiocchi» Girò gli occhi su di me.
«Dovrei buttar giù un rapporto su Bitterbuck, quanto al mio impiego all'interruttore. C'è qualche penna nel tuo ufficio, Jess?»

«Si, certo. Anche i moduli. Primo cassetto della scrivania a sinistra»

«Bel colpo» concluse lui e s'incamminò dondolando.

lo e Dean ci scambiammo uno sguardo.

«Secondo te è malato?» chiese Dean.

«Magari è andato dal suo dottore e ha scoperto che ha solo tre mesi di vita?» Gli risposi che non avevo la minima idea di che cosa ci fosse sotto.

Era vero allora e lo rimase per qualche tempo ancora, ma non per sempre.

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