(Capitolo 8) l'esecuzione di Bitterbuck

6 0 0
                                    



12 Settembre 1932

L'esecuzione andò bene. Se ne esistono tali da poter essere giudicate "buone", allora buona fu l'esecuzione di Arlen Bitterbuck, anziano del consiglio dei cherokee washita.

Quando giunse il momento, il Capo lasciò la sua cella senza proteste o ricalcitramenti. Accadeva che si dovesse staccar loro di forza le dita dalle sbarre.

~~~~

Percorse a passi energici il Miglio verde fino al mio ufficio, dove si genuflesse a pregare con
fratello Schuster, giunto per l'occasione con la sua macchinina dalla Chiesa Batista della Luce Divina. Schuster gli recitò qualche salmo e il Capo si mise a piangere quando arrivò a quello in cui si dice di sdraiarsi vicino alle acque calme.
Niente di angosciante, però, niente crisi
isteriche, niente del genere.
Per la verità non mi dispiace vederli piangere un po'.
È quando non lo fanno che mi preoccupo.

Molti non riescono a rialzarsi senza auito, ma anche in quello il Capo se la cavò egregiamente. Vacillò un tantino, all'inizio, come per un capogiro, e Dean tese la mano per sorreggerlo, ma intanto Bitterbuck aveva già ritrovato l'equilibrio da solo, così si poté procedere.

Quasi tutte le sedie erano occupate e le persone che vi erano sedute conversavano a voce bassa come si fa in attesa che abbia inizio un matrimonio o una cerimonia funebre.
Fu quello l'unico momento in cui Bitterbuck
esitò.
Non so se fosse stato turbato da qualcuno in particolare o dalla congrega nel suo insieme, ma udii un gecupo che gli cominciava nel fondo della gola a un tratto il braccio che tenevo si appesantì di una mito resistenza che fino a quel momento non c'era stata.
Con la coda dell'occhio vidi Paul farsi sotto per tagliare la ritirata al ciso di ribellarsi.

«Buono, Capo» mormorai dall'angolo della bocca senza muovere le labbra.
«La sola cosa che queste persone ricorderanno di te è come te ne sei andato, quindi lasciagli qualcosa di buono, fagli vedere come si comporta un washita»

Lui girò gli occhi verso di me con un piccolo cenno della testa. Poi prese una delle trecce che gli aveva annodato la figlia e la baciò.

Io guardai Brutal, in militaresca posizione da riposo dietro la sedia, sgargiante nella sua migliore divisa blu, con tutti i bottoni della giacca lucidati e lucenti, il berretto perfettamente in bolla sul crapone.

Gli mandai un segnale impercettibile e lui rispose all'istante, venendo avanti per aiutare Bitterbuck a salire sulla pedana se fosse stato necessario. Non lo fu.
Fu meno di un minuto dal momento in cui Bitterbuck si sedette sulla sedia a quello in cui Brutal ordinò sommessamente:

«Vai con la due» girando la testa sopra la spalla.

Le luci si riabbassarono, ma di molto poco, non tanto da notarlo se non ci stavi attento. Significava che Van Hay aveva abbassato la leva che qualche buontempone aveva battezzato L'asciugacapelli di Mabel.

Dalla calotta scaturi un lieve ronzio e Bitterbuck s'inarcò contro le ganasce e la cintura che lo stringeva intorno al torace. Dalla sua postazione contro il muro il medico osservò attentamente il condannato, con un' espressione di pietra e le labbra così compresse, che la sua bocca sembrava un'imbastitura di filo bianco.

Van Hay gli diede trenta secondi, poi tolse la corrente, il medico abbandonò la sua postazione e ascoltò con lo stetoscopio.

In quei momenti nessuno dei testimoni apriva bocca. Il medico si rialzò e guardò attraverso la reticella della feritoia. "Disorganizzato", riferì e roteò un dito. Aveva sentito qualche scomposto battito cardiaco nel petto di Bitterbuck, probabilmente non più significativo degli ultimi spasmi di una gallina decapitata, ma era meglio non correre rischi. Non ci andava molto che avesse a drizzarsi improvvisamente a sedere sulla lettiga nel bel mezzo del sottopasso, mettendosi a sbraitare che si sentiva addosso un bruciore insopportabile.

Van Hay andò con la tre e il Capo s'inarcò di nuovo, ruotando un po' da parte a parte nella morsa della corrente.

Quando lo auscultò per la seconda volta, il medico fece un affermativo.
Era cenno finita. Eravamo riusciti di nuovo nell'intento di distruggere ciò che non eravamo in grado di creare.

~~~~

Paul e Dean portarono la lettiga.
Per la verità Percy aveva il compito di reggerne un'estremità, ma non lo sapeva e nessuno aveva pensato di informarlo.

Ci incaricammo io e Brutal di distendere sulla barella il Capo, ancora nascosto dal cappuccio di seta nera, e di infilare la porta che conduceva al tunnel camminando quanto più spediti possible senza metterci a correre davanti a tutti. Dall'apertura in cima al cappuccio usciva fumo, troppo fumo, e il tanfo che spargeva era orribile.

«Ah!» gemette Percy con un tremito nella voce.
«Cos'è quell 'odore?»

«Tu togliti solo dai piedi» lo apostrofò Brutal, spostandolo con una spallata per precipitarsi a staccare l'estintore dalla parete.

Era uno di quelli vecchi, a reazione chimica, che dovevi pompare con la leva.
Intanto Dean aveva tolto il cappuccio, non era grave come avrebbe potuto: la treccia sinistra di Bitterbuck fumigava come un mucchietto di foglie umide.

«Lascia stare con quel coso» dissi a Brutal.

Volevo evitare di dover ripulire la faccia del defunto da uno strato di schiuma chimica prima di caricarlo sull'ambulanza.

Schiaffeggiai la testa del Capo (con Percy che per tutto il tempo mi fissò con gli occhi fuori delle orbite) finché non ebbi soffocato del tutto il fumo.

Poi trasportammo la salma giù per i dodici gradini di legno che arrivavano al tunnel.

La volta era bagnata.
Ogni volta che ci scendevo, mi sentivo come un personaggio di qualche racconto di Edgar Allan Poe.

Li ci attendeva la lettiga.

Stendemmo su di essa il corpo di Bitterbuck e io controllai per l'ultima volta di avergli spento completamente i capelli. Quella treccia era mezzo carbonizzata e provai dispiacere nel constatare che la graziosa piccola nappa che aveva da quella parte era ridotta a un grumo nero.

Percy schiaffeggiò il morto sulla guancia.
Il flaccido schiocco della sua mano ci fece saltare tutti quanti.
Percy si girò a guardarci con un sorriso sfrontato sulle labbra, uno scintillio negli occhi. Poi tornò a guardare Bitterbuck.

«Adiós, Gran Capo» lo salutò.
«Spero che 'inferno faccia abbastanza caldo per te»

«Non farlo» mi ammonì Dean e la volta gocciolante del tunnel caricò la sua voce di un'eco declamatoria.

«Ha saldato il suo conto. È pari adesso. Quindi levali le mani di dosso» tuonai.

«Bah, quante balle» sbuffò Percy,

Ma indietreggio insicuro quando io mi feci sotto, proiettando dietro di me un'ombra che si alzò come quella dello scimmione nel racconto di Rue Morgue.

Ma invece di afferrare Percy, afferrai la lettiga e cominciai a spingere temente Arlen Bitterbuck verso il fondo del sottopassaggio, dove lo attendeva il veicolo per l'ultima tappa del viaggio, parcheggiato sul ciglio morbido della strada.

The green MileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora