1, Il Manicomio

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Lunedì 4 settembre 1995, ore 22:05, Brighton, East Sussex, Inghilterra, Zefiro Mental Health Psychiatric Hospital.

Il 13 aprile del 1983 fu il giorno in cui Harry scoprì di amare la frutta. Aveva raggiunto i sette anni, due mesi e tredici giorni di vita.

Sua zia Amelia aveva colmato una ciotola con tocchetti di banane, fragole, kiwi, pesche, ciliegie, arance, pere, avocado. Per errore, nella scodella era capitato anche un boccone di mela verde. Quello fu anche il giorno in cui apprese di detestare le mele verdi.

La zia Amelia era una donna giovane, provvista di una incantevole carnagione d'alabastro, una cascata di rossi capelli sempre aggrovigliati in due lunghe trecce spettinate, e una costellazione di lentiggini sparse sulle gote e sul grazioso naso dalla punta esile. Era sempre stata la sua persona preferita al mondo.

Zia Amelia gli aveva insegnato a leggere, a guidare la bicicletta, a sfrecciare sui rollerblade, a ridere di gusto, a ballare. Cucinava una pizza squisita, e dentro la scorza dei suoi muffin si celava sempre un cuore di crema alla nocciola che gli imbrattava tutti i denti. Allora sorrideva per mostrarglieli, e lei si tuffava a torturarlo col solletico, in modo da obbligarlo ad allargare ancora le labbra.

Era divertente trascorrere le giornate in sua compagnia. Studiare, quando la giovane donna si trovava nei paraggi, non risultava poi così noioso. Scegliere i film insieme era il suo passatempo prediletto: avevano propensioni talmente differenti da non giungere mai a un vero accordo; così, spettava a uno solo dei due l'oneroso compito di decidere anche per l'altro. Harry amava i film di Natale. Zia Amelia, il Natale, non lo sopportava affatto.

Persino non dedicarsi ad alcuna attività, rimanere in silenzio, stesi sul letto, con le gambe appoggiate alla parete, insieme a lei diventava una magia.

A volte arrivava a convincersi che quella splendida ragazza, che a lui appariva tremendamente adulta – sebbene avesse avuto soltanto diciannove anni, all'epoca – fosse una fata. Una fata attrezzata di un sorriso straordinario, luminoso, magnetico.

Amava ascoltare i singhiozzi della sua armonica risata. Amava lei. La aveva amata tanto, infinitamente.

Un giorno, però, quella fata ha spiccato il volo.

Non sapeva spiegarsi cosa fosse accaduto. Erano stati felici, prima di quel giorno. Perlomeno, a lui era sembrato così. La felicità di zia Amelia, invece, era sbiadita poco per volta, in segreto, quasi rappresentasse l'emblema di un reato.

Quale fosse stato il suo ultimo pensiero, prima di compiere l'infausto gesto, per Harry sarebbe rimasto un mistero. In eterno.

Si era addormentato tra le braccia della donna, e si era svegliato avvolto in una coperta tutta rammendata, dalla trama urticante e ruvida, come ruvido era il perimetro del suo cuore, decaduto in roccia scarna di animo e sentimenti.

Quello, il 25 dicembre del 1985, fu il giorno in cui comprese di percepirsi come quell'avanzo di mela verde. Solo. Indesiderato.

Non aveva più assaggiato un solo morso di pizza, perché nessuno era tanto ambizioso da abbinare al formaggio il pollo marinato nel curry, come aveva sempre fatto Amelia. Non sapeva più cosa farsene di quei rollerblade, le ore di studio non passavano mai, e non ricordava più quale fosse il modo giusto di disporre i piedi per ballare.

Semplicemente, aveva smesso di sperare. Non provava più niente. Niente. I contorni del suo corpo erano pieni di un deserto artico, inalterabile.

Il 2 settembre del 1995 è stato il giorno in cui l'impellenza di estirpare quel vuoto glaciale dall'anima era diventata inderogabile.

Il 4 settembre del 1995, Harry fu spedito dalla madre e dal padre alla struttura psichiatrica specializzata nella cura dei disturbi mentali a loro più prossima.

Crying on the inside [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora