4, Il masticatore

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Martedì 5 settembre 1995, ore 21:03, Brighton, East Sussex, Inghilterra, Zefiro Mental Health Psychiatric Hospital, studio del Dottor Walsh.

«Bene, Harry, per stasera può bastare. Che ne dici?»

«Certo» concordò.

Fece quindi per alzarsi dalla sedia, contento che l'appuntamento fosse giunto al termine. Pescò una sigaretta dall'astuccio di cartone e la compresse tra le labbra, mentre il pollice sfregava contro la rotellina dentata dell'accendino.

La vampa non arrivò mai a lambire le foglioline di tabacco.

«Ci sarebbe un'ultima cosa, a dire il vero» fu la frase che lo esortò a desistere.

Si rilassò nuovamente sulla seduta e lanciò all'uomo uno sguardo eloquente, mediante il quale cedergli la parola.

«Zayn mi ha mostrato il tuo dipinto» disse, intrecciando le mani sulla scrivania. Lo osservò attraverso le lenti spesse degli occhiali, assumendo un atteggiamento di compassione.

«Ok» rispose, trasferendo la Marlboro nella fessura tra l'indice e il medio per sgombrare la bocca. «Non sono un bravo pittore, mi dispiace».

«Non è questo il punto» lo rasserenò l'altro. «Parlami della frutta cui hai fatto riferimento stamattina».

«Zia Amelia amava la frutta» espose all'istante, senza tentennamenti. «E la amavo tanto anche io. Eccetto le mele verdi».

«E adesso non ami la frutta?»

«Direi di no».

«Perché?»

«Perché non esiste nulla che io ami».

Il dottore abbassò lo sguardo verso le sue stesse mani intersecate. Fece un ampio respiro e si schiarì la voce.

«Sai per quale motivo la gente cammina quando la spia del semaforo è verde e si ferma quando invece è rossa?»

«No, non lo so» confessò, reinserendo la sigaretta tra le labbra per innestarvi il fuoco.

«Perché, di norma, al colore verde si associa qualcosa di rassicurante. La natura, per esempio. Il rosso, piuttosto, rievoca il colore del sangue, perciò spedisce al cervello un segnale di pericolo».

«Interessante...» commentò, assaporando il fumo sulla lingua, per poi espirarlo via.

«Per te è l'opposto, però» sottolineò l'uomo, scivolando sul cuscinetto della poltrona su cui era accomodato, quasi volesse raggiungerlo. «Tu percepisci un'emergenza dove tutto tace, e ti calmi quando si agita la marea. Ecco un punto focale da cui partire: correggere le tue sensazioni».

Harry annuì. Allungò il braccio verso il posacenere, lasciandovi crollare la torretta grigia appesa alla vetta della Marlboro. «Sì, va bene. Mi sembra un'ottima idea».

Sì. Quelle parole suonavano adatte anche dopo averle sradicate dalla mente. Peccato fossero una bugia.

Non credeva nell'esistenza di un punto da cui partire, e neppure che vi fosse un bersaglio da centrare. Non credeva spettasse al dottor Walsh la fatica di riparare gli ingranaggi frantumati della sua psiche, così come non spettava a nessun altro.

Non credeva in nulla, ma aveva l'impressione che le persone necessitassero disperatamente di appigliarsi a qualcosa. Aveva dunque deciso di lasciarglielo fare, senza interferire.

«Ci rivedremo domani, Harry» lo congedò finalmente l'uomo.

«Buonanotte» salutò, accartocciando la Marlboro nell'apposita ciotolina di cristallo.

Crying on the inside [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora