Martedì 5 settembre 1995, ore 23:27, Brighton, East Sussex, Inghilterra, Zefiro Mental Health Psychiatric Hospital, stanza di Harry.
«Devo proprio assumerne così tante?»
«Sì, devi» impose Liam, afferrando il bicchiere colmo di acqua. Era seduto al suo capezzale, nell'attesa che Harry inghiottisse le pastiglie stipate nel contenitore più piccolo. «Su, forza. Ti faranno bene».
«Non ne sono proprio convinto» brontolò, capovolgendo il bicchierino sulla propria lingua. Spedì nella gola la calca di pillole, aiutandosi con il liquido che l'altro gli porse. Non sapeva nemmeno quale fosse la funzione di tutti quei farmaci, né quali sostantivi fossero a loro attribuiti.
Era un gruppetto di sei pastiglie: alcune erano dotate di una sagoma sottile e allungata, altre si presentavano rotonde e piatte.
Ce n'era una gialla, quella che più di tutte lo terrorizzava. Sapeva di catrame e di sogni infranti.
«Hai dormito bene la scorsa notte?» investigò l'infermiere, strizzandogli le guance con il pugno, così da perlustrare attentamente l'interno della sua bocca.
«Ahhahaha» bofonchiò Harry.
«Scusami?» domandò il ragazzo, mostrandosi perplesso.
«Abbastanza» tradusse, tirando via il ciglio delle coperte per insinuarvisi attraverso. «Non so perché, ma ero convinto che in un manico... in un istituto psichiatrico» si corresse, «si facesse più baldoria, durante la notte... sai, strilla e schiamazzi, cose del genere».
«Succederebbe, se tutti facessero i capricci prima di ingerire i medicinali» sottolineò, adoperando un velato tono di rimprovero. Adagiò il vassoio sul carrello di cui era attrezzato, per poi levarsi in piedi, rammentandogli: «Tornerò più tardi a controllare che tu stia bene. Buonanotte, Harry».
«Buonanotte, Liam» augurò a propria volta. Aspettò che l'illuminazione fosse disinnescata, quindi abbassò le palpebre.
Ma non riuscì ad addormentarsi. Era turbato, stravolto, assurdamente infiammato a causa degli avvenimenti verificatisi quella sera.
Non smetteva di pensare a Louis, al suo sapore, all'orgasmo che questo aveva riversato tra le sue labbra e a quello che lui, a propria volta, aveva evacuato tra le dita del ragazzo.
Si era lasciato toccare davanti a una massa di spettatori inconsapevoli. Più ripercorreva i fotogrammi copiati nel rullino della memoria, e più diventava duro, sotto il rivestimento dell'intimo.
Naturalmente, l'innegabile eccitazione lo pose davanti a un quesito inderogabile: l'attrazione nei confronti di Louis faceva di lui un ragazzo omosessuale? E se la risposta fosse stata sì, avrebbe dovuto condividere la notizia con la sua famiglia?
E se la risposta fosse stata no...
Come mai avrebbe potuto essere un no? Aveva leccato i genitali di un ragazzo, e lo aveva trovato terribilmente entusiasmante. Come accidenti poteva anche solo considerare che la risposta fosse no?
Spremette le palpebre, concentrandosi sulla respirazione. Il fiato trafficò dall'interno all'esterno dei polmoni, e viceversa.
Provò a immaginare di baciare una ragazza, una particolarmente carina, munita di un viso grazioso e di un sorriso incantevole. Fantasticò sui suoi fianchi morbidi, sulla gonna corta che avrebbe potuto indossare, su una probabile camicetta, magari leggermente aperta sul seno.
La camicia che Louis aveva indossato quella mattina, però, era indiscutibilmente più bella. Bendava i suoi contorni sinuosi come una guaina.
Chissà quando avrebbe deciso di indossarla ancora. Magari l'indomani glielo avrebbe chiesto.
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Crying on the inside [Larry Stylinson]
Fanfiction1995. Per Harry è l'inizio di una nuova avventura: il soggiorno non richiesto allo Zefiro Mental Health. Il motivo? La sua totale, infrangibile inettitudine alla vita. AVVERTENZE: scene di sesso dettagliato, linguaggio esplicito. LEGGETE LA PREMESSA!