38. IN UNA FREDDA STANZA

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Il soffitto di quella fredda stanza era vecchio e ammuffito. Era da circa mezzora che lo fissavo, inerme e vuota. Ciò che era accaduto nelle ultime due ore mi aveva privato di ogni forza, sia fisica che emotiva. Era così che si erano sentite la mamma e zia Claudia? Erano queste le terribili sensazioni che avevano provato? Perché esistevano persone tanto malvagie che si divertivano a far soffrire persone innocenti?

Mi voltai leggermente col viso per guardare l'inalatore che giaceva al mio fianco su quel materasso sporco e fatiscente. Lui era stato testimone di un episodio di violenza inaudita. Era stato testimone e salvatore, perché senza di esso il mio corpo sarebbe stato in quel momento senza vita. Non avevo implorato quell'uomo di smetterla. Non lo avevo fatto. A cosa sarebbe servito? Oramai avevo visto la determinazione nei suoi occhi. Era stato del tutto inutile provare a scalciare, colpirlo, dare pugni, perché la forza di quell'essere era disumana. Purtroppo ero piccola e magra, e la mia forza non si era potuta paragonare alla sua. Non mi ero di certo arresa a lui, no. Il mio corpo l'aveva rifiutato facendomi provare tanto dolore, ma non avevo permesso a me stessa di implorarlo, di perdere quell'ultimo briciolo di dignità che la me diciassettenne aveva ancora. Tutto ciò che ne aveva fatto di me l'avrei portato purtroppo per sempre nel lato oscuro del mio cuore, ricordandomi ogni volta della cattiveria dell'uomo, ma non mi aveva calpestata del tutto. La mamma non si era lasciata distruggere. Zia Claudia non si era lasciata distruggere. Io non mi sarei lasciata distruggere. Volevo solo urlare alla mia debolezza, a quell'asma che era purtroppo venuta fuori in quel terribile momento, e dirle che doveva lasciarmi apparire forte. E invece quell'essere si era servito del mio inalatore per rendermi di nuovo cosciente delle sue perversioni.

Alzai gli occhi verso l'orologio appeso al muro che rischiava di venir giù a momenti. Erano da poco passate le ventuno. Lui non aveva voluto aspettare la mezzanotte. Aveva detto che mi voleva subito visto che avrebbe presto ricevuto visite. Non avrebbe permesso di far scadere l'accordo senza aver preso il prezzo concordato, ossia il mio corpo per una notte.

Una notte...

Due ore d'inferno potevano definirsi "una notte"? Forse sì, forse no. Poco importava, ormai era troppo tardi per poter tornare indietro. Il tempo scorreva in avanti e non era di certo mai tornato indietro, ma avrei fatto la stessa scelta se avessi potuto tornare indietro? Avrei preso di nuovo il posto di Gloria risparmiandole tutto questo? Sì, lo avrei fatto. Gloria non lo avrebbe mai potuto sopportare. La sua anima pura non avrebbe mai accettato una simile cattiveria. Il suo cuore nobile non avrebbe mai resistito a tali emozioni negative. Ma io ce l'avrei fatta ad andare avanti? Certo che ce l'avrei fatta. Ero figlia di Chloe Rossi, e Chloe Rossi non si sarebbe arresa al mio posto. Sarebbe di certo orgogliosa di sua figlia, della sua forza d'animo. Non stavo bene, ovvio che non stavo bene. Mi sentivo a pezzi, privata di un'esperienza che avrebbe dovuto lasciarmi un bel ricordo. E mi vergognavo, mi vergognavo da morire. Cosa avrei detto a papà? Come lo avrei guardato negli occhi? Io ero la sua bambina, mi vedeva ancora come tale. Ce l'avrei fatta a non scoppiare in lacrime?

Un rumore mi portò alla realtà, a quella realtà cruda e difficile da accettare.

«Ehi» la voce di Leonardo si fece strada in quella stanza lugubre. D'istinto mi strinsi quel lenzuolo che era stato lasciato su quel materasso attorno al mio corpo ancora nudo. Lo vidi avvicinarsi per poi chinarsi sulle sue ginocchia verso di me. Non incontrai il suo sguardo, non mi sentivo di farlo. Era anche in parte colpa sua. «Stai... male?» lo sentii chiedere a malapena. Mi venne quasi da ridere a sentirlo.

Non risposi. Che avevo da dirgli d'altronde?

«Non volevo che andasse a finire in questo modo...» mormorò sospirando pesantemente. «Pensavo avrebbe aspettato la mezzanotte, la fine dell'accordo, non che decidesse di farlo prima. Avevo pensato: "Vabbè, tanto qualcuno verrà a salvarla e non dovrà subire queste cose terribili, e se non lo faranno in tempo troverò qualche scusa per allungare l'attesa... invece è andata male. Sono arrivato troppo tardi, Marzia. Perdonami, se puoi».

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