Mi capita troppo spesso di fare nuove conoscenze. Il mio lavoro richiede un certo comportamento in presenza di clienti, talvolta scorbutici e ubriachi che sono portati ad alzare le mani. Il titolare mi consiglia di stringere i denti e mostrare un sorriso, altrimenti mi licenzia. Non posso ambire a nessun altro impiego in questo momento, perciò mi ritrovo ad accettare queste scomode condizioni, forzando sorrisi e facendo battute sarcastiche. Non sempre però la cosa si dimostra vergognosa per me. Ci sono stati clienti gentili e affabili con cui ho avuto piacere di parlare destreggiandomi tra un boccale di birra e l'altro. Tra questi il mio ex ragazzo, che era la persona giusta – quella a cui potresti chiedere qualsiasi tipo di consiglio e lui ti darebbe la risposta che cerchi. A quei tempi non ero ancora in grado di riconoscere la perfezione, trovando tutto troppo stretto e sentendomi soffocare l'ho mollato, iniziando a pensare solo a me stessa. Adesso sono ancora intrappolata qui, a fare un lavoro che non mi sta più bene. Sono poco paziente, mi lascio condizionare, amo la mia indipendenza.
Molti uomini mi definiscono "un bel caratterino" in modo ironico, commentando la frenesia con cui faccio praticamente ogni cosa, e soprattutto come tratto i clienti maschi che ci provano dopo aver bevuto esageratamente. Appena sento di star per esplodere, mi volto verso il titolare che mi fulmina con il suo sguardo glaciale, ricordandomi che cosa mi aspetterebbe se agissi. Arriverò al punto in cui non mi importerà più nulla, e potrò così rispondere ai clienti come meritano. Non è vero quello che si dice – che il cliente ha sempre ragione. È una stronzata bella e buona, inventata proprio da loro perché sul posto di lavoro, a noi dipendenti non ci è concesso lamentarci. Potevo proseguire gli studi, prendere gli insegnamenti dei miei genitori con più serietà e adesso sarei da qualche altra parte a provare a fare la differenza. Invece faccio la barista in un locale frequentato da militari in licenza. Beh, sì. Infatti poteva andarmi peggio. A questa età, potevo essere una di quelle clienti che si ubriaca, senza un briciolo di dignità. Invece mi sono rimboccata le maniche, e alla fine del mese riesco persino a mettere da parte qualche dollaro per un prossimo futuro che mi vedrà sempre in viaggio, con una sola valigia e il mondo ai miei piedi. Nell'ultima settimana, due persone mi sono saltate all'occhio per la loro unicità. Tess e Cate, entrambe abbattute per qualcosa, due donne eccezionali che sembrano aver fatto ottime conoscenze tra questi affascinanti militari. Li conosco tutti e due, Steve e James, e adesso anche Tom. È il fratello di Cate, ed io l'avevo già notato molto tempo fa. Davvero piccolo il mondo. Non può passare inosservato, uno come lui. Non indossava la divisa, non aveva rasato i capelli perciò non poteva essere scambiato per un marinaio.
L'ho visto chiacchierare con alcuni suoi coetanei, e dopo si è avvicinato al bancone per poter ordinare da bere per tutti. A quei tempi non ero in grado di parlare come faccio adesso. Nel senso che, adesso sono più sfacciata e dico le cose come stanno, senza peli sulla lingua. Quando ho conosciuto Tom, ero in imbarazzo. Con i suoi occhi azzurri continuava a fissarmi intanto che riempivo i boccali di birra. "Sei nuova?" annuii soltanto, mostrando un sorriso da deficiente. Lui ha sogghignato, riconoscendo la mia ingenuità. "Non ti mangio, eh" continuò, mettendosi a braccia conserte sul bancone. "Non ho paura di essere mangiata" risposi, scuotendo subito la testa. Avevo riconosciuto la stupidità nella mia frase, così provai a scusarmi. "Posso sapere il tuo nome?" – "Anne, mi chiamo Anne". Lui mi porse la mano. Le lunghe dita si incastrarono tra le mie. "Thomas. Puoi chiamarmi Tom!". Dopo i suoi occhi si posarono nella mia scollatura, ma non mi venne da pensare che era come tutti gli altri uomini. Tom era diverso, e me lo avrebbe fatto intendere presto. La sera che mi ha chiesto di uscire, si era da poco preso una pausa con la sua ragazza. Non volevo essere la sua ruota di scorta, non volevo essere una delle tante che passa tra le lenzuola di un uomo bellissimo. Volevo qualcuno con cui parlare liberamente, magari davanti ad un drink, per poi fermarsi a passeggiare insieme sul molo, aspettando l'alba. Lo faccio spesso, per ora in compagnia di me stessa. Ascolto il rumore delle onde, ammirando l'orizzonte e le barche che attraccano al porto. Ho rifiutato l'invito di Tom anche per un altro motivo. Avevo un impegno che non potevo rimandare, un appuntamento con il mio dottore. Dovevo abortire.
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𝙄𝙣 𝙩𝙝𝙚 𝙢𝙞𝙙𝙙𝙡𝙚 𝙤𝙛 𝙬𝙞𝙣𝙩𝙚𝙧 | Evans, Stan, Hiddleston
Ficción históricaNel loro giorno di licenza, un aviatore, un navy seal e un marine faranno un incontro che cambierà le loro vite per sempre, come è accaduto con la guerra che si sono lasciati alle spalle ma la felicità è un territorio minato per un uomo che è costre...