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ꜱᴛᴇʟʟᴀ ᴅᴇʟ ᴍᴀᴛᴛɪɴᴏ

L'Ade un luogo freddo, vasto

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L'Ade un luogo freddo, vasto.
Le terre deserte e vuote. Vuote, no vuote no, spoglie. Aride.

Durante la vía migliaia di umani condannati dalle loro azioni a quel luogo, procedevano lentamente con una torcia di fuoco in mano, in fila indiana, la Dea li osservava fuori dal sentiero.
Con pazienza attese che l'ultimo di essi passasse, così da poterli seguire dovendo andare per loro stessa strada.

Questo era solo l'esterno, come un giardino d'accoglienza prima di una gran palazzo, in termini umani poteva essere definita come una sala d'attesa.

Alla fine di quel sentiero, c'era la vera entrata.

Ricordava una grotta aperta, un tunnel, con due grosse conche  fiammeggianti. Il cancello si chiuse dietro ai dannati e lei si avvicinò al tamburo, l'uomo nella pietra si mosse, dandole una bacchetta con cui suonare.

Il rumore rimbalzò, dando fastidio a tutti gli umani che erano rinchiusi lì, attaccati a quelle mura. Emisero dei lamenti striduli e gracchianti.
Le fiamme si alzarono e danzarono infastidite dall'intrusione.
Ricordò bene come la prima volta che li aveva visti si fosse spaventata e quasi convinta a tornare indietro.

Il rumore di passi si fece più vicino: il demonio Truconfio stava arrivando. Nell'attesa giocava con la sua collana, conscia che l'avrebbe condotta sino al loro Sire.

Si specchiò in una pozzanghera, capelli e trucco erano a posto come al solito, era raro che fosse trafelata o malridotta. La maglia rossa smanicata a collo alto pure. Stirò leggermente il jeans nero a zampa di elefante e si strinse nel cappotto.

«Al cancello qualcun suona, per entrare tra chi è dannato. Furfante, ladro o battona. Al cancello qualcun suona. Avanti un'altra persona, fino alla fine del creato.»

Il demone guardiano dei cancelli, finalmente arrivò con un ghigno.

«Il mio Sire ti aspetta. Ospite onorata.»

Lei annuì a Truconfio, che le aprì il cancello cigolante con un leggero inchino. Non poté evitare, mentre lo seguiva, di notare come sempre le tre frecce conficcate nella schiena e la pelle scorticata, oppure il tentacolo di polpo attorno al suo braccio destro.

Si addentrarono nella foresta, dove regnava una fitta nebbia essa la rendeva nervosa e irrequieta, consapovole che il paesaggio era frutto dei capricci dell'Astro del Cielo.

Altri uomini appesi sugli alberi in preda agli uccelli, si lagnavano rendendola quasi paranoica.

«Qui io ti lascio, dea delle falsità.»

ɢᴏᴅᴅᴇꜱꜱ ᴏꜰ ʟɪᴀʀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora