The heat of London

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Faceva caldo.

Neanche le finestre aperte riuscivano a attenuare
l'afa, quegli sporadici sprazzi di vento che
entravano portavano solo un'illusione di benessere,
per poi andare via come erano arrivati, lasciando
l'afa di metà agosto a infierire senza pietà.

Hero stava cercando di intonare nella sua mente
una canzone che seguisse il ritmo degli uccelli, non
sapeva come riuscissero a cantare così vivacemente
senza esplodere nell'inferno rovente che Londra
diventava ogni anno.

Era incredibile comunque, pensò, come il sole e
l'estate fossero l'unico deterrente per il traffico
della città.

Non si poteva certo definire silenzio di Lima,
classica tomba a metà agosto, per Londra il
massimo era paragonabile al traffico che c'era verso
l'una di notte.

In centro.

Di domenica.

Ma il bello di avere un appartamento al quarto
piano, in un vecchio palazzo stipato in una bella
stradina alberata era anche quello.

Hero sospirò, tornando alla realtà, stava già
ricordando le belle passeggiate che potevano farsi
durante la primavera.

Quando il sole era piacevolmente caldo e non il
figlio del diavolo.

Ma era noto a tutti che Londra non faceva
prigionieri in estate.

Proprio per questo aveva accuratamente cercato
un appartamento con l'aria condizionata.

Già.

Per questo.

Hero fissò l'impianto sul muro come se con lo
sguardo potesse fare miracoli.

Maledì il mondo e il fatto che perfino a Londra
non si riuscisse a trovare un'impiantista che
lavorasse la domenica.

Quante segreterie telefoniche potevi ascoltare
prima di rinunciare?

Era certo che venticinque non era la risposta esatta.

Il sospiro di Josephine attirò la sua attenzione.

Fissò le sue spalle semi nude, fra la sottile
canottiera rossa, muoversi a ritmo del suo respiro.

Josephine si voltò completamente verso di lui,
cercando un punto fresco fra le lenzuola.

Osservò la coda con cui Josephine aveva stretto i
suoi capelli per tenerli lontani il più possibile dalla
schiena; ma ormai si erano allungati così tanto che neanche quello riusciva a impedir loro che si attaccassero alle sue spalle, nel caldo e nel sudore.

Hero allungò la mano e spostò le ciocche dal
collo di Josephine, passandovi la mano sopra per
asciugare quel piccolo strato di sudore che si era
formato.

«Mmmh... sei caldo.» Mormorò Josephine scuotendo appena la spalla.

Hero mormorò a sua volta, troppo caldo per
parlare, e lasciò andare la mano di nuovo sul
lenzuolo.

Josephine si lamentò qualche minuto dopo «L'acqua è diventata calda ... di nuovo ...» E poté giurare di
averla sentita imprecare a bassa voce.

Hero alzò appena la testa e vide la bottiglia e i
due bicchieri vicino, il vapore a renderli opachi.

Fantastico.

Hero si gettò a peso morto di nuovo sul letto,
sbuffando.

Josephine ringhiò, frustrata, voltandosi supina.

Hero la osservò fissare un attimo il tetto e poi
sbuffare «Fanculo».

Si mise seduta e si tolse la canottiera lanciandola
con noncuranza in mezzo la stanza.

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