15 settembre, sette in punto del mattino:
la sveglia comincia a suonare rumorosamente sul comodino affianco il letto di Jennifer. La ragazza tende il braccio verso l'oggetto tecnologico per spegnerlo, dandogli più colpi visto che non smetteva di fare casino. Appena calò il silenzio nella stanza, la giovane si tolse le coperte di dosso e si mise seduta sul materasso. "Che palle" era l'unica cosa che riusciva a pensare in quel momento, poiché non aveva per niente voglia di alzarsi così presto ed incominciare un nuovo anno scolastico in una scuola del tutto nuova dove non conosceva assolutamente nessuno. Aveva sempre avuto difficoltà a fare amicizia e ad approcciare con le altre persone, soprattutto i ragazzi, anche se non sapeva bene il motivo. È sempre stata una ragazza introversa, abbastanza chiusa e tranquilla, ma appena conosceva le persone giuste e cominciavano a passare del tempo insieme a lei, probabilmente si sarebbero pentiti di averci fatto amicizia. Dopo una bella stiracchiata, si alzò dal letto andando a fare colazione, successivamente si fece un doccia veloce e tornata in camera si vestí con le prime cose che le capitarono per le mani: un paio di jeans larghi chiari strappati con una maglietta, anch'essa sempre larga, color nero. Jennifer non indossava molti vestiti o pantaloni attillati, sinceramente pensava più alla sua comodità che alla moda dei giovani d'oggi. Preso lo zaino, scese le scale, salutò la madre ed il padre che, stranamente, era in casa e non a lavoro come sempre. Salita sulla propria bicicletta, si avviò verso l'inizio di quel lungo inferno.
Arrivata davanti scuola, sistemò il veicolo nel porta biciclette, e si avviò verso l'entrata dell'edificio, anche se la campanella non era ancora suonata. Di fronte la porta vide un gruppo di tre ragazze, e tra una di queste riconobbe un viso familiare: era Alice. La ragazza da lontano notò Jennifer, ed insieme alle sue amiche si avvicinarono alla giovane. "Ciao Jenny, non pensavo di ritrovarti qui" disse con tono stupito Alice, "Sinceramente nemmeno io sai, però mi fa molto piacere" rispose Jenny con gentilezza. "Ti presento le mie amiche, Mary e Giulia" disse la ragazza indicando le altre due fanciulle accanto a sè. "Jennifer, piacere" enunciò lei rivolta alle due ragazze con un grande sorriso. Neanche il tempo di finire le presentazioni che il suono della campanella della scuola si udí in tutto il grande edificio ed all'esterno. "Andiamo" disse Alice facendo cenno con la mano di andare, venendo subito seguita dalle sue amiche e Jennifer. Dopo aver scoperto di essere tutte e quattro nella stessa sezione, e dopo averci messo più di quindici minuti per trovare la classe, finalmente le ragazze riuscirono a trovare la loro. Entrate si sistemarono negli ultimi due banchi infondo: Alice vicino a Giulia, e Jennifer vicino a Mary. Gli studenti non trovarono nemmeno il tempo di sedersi, che subito arrivò in classe uno dei loro professori. Era abbastanza avanti d'età, sembrava uno di quei uomini severi e che si facevano rispettare dai propri alunni. Dopo le varie presentazioni dei compagni, era arrivato il turno di Jennifer. "Avanti, si alzi e si presenti alla classe" disse con tono deciso l'uomo. Jennifer deglutí a fatica, e anche se titubante, spostò la sedia all'indietro e si mise in piedi davanti agli altri studenti. "Ciao a tutti, mi chiamo Jennifer, ho 14 anni e mi sono trasferita da poco qui a Milano. Sono una ragazza abbastanza introversa e tranquilla. Una cosa che amo fare è ascoltare la musica, in qualsiasi momento, e scrivere su pezzo di carta tutto quello che mi passa per la testa. Spero di trovarmi bene qui e fare amicizia" disse tutto d'un fiato, sedendosi poi subito dopo, altrimenti per l'ansia sarebbe caduta a terra da un momento all'altro. Passate le varie ore, era arrivato il momento del pranzo. Arrivate in mensa, Jennifer e le altre presero la propria porzione di cibo, se si poteva definire così, e si sedettero ad un tavolo libero. Parlarono del piú e del meno, ed iniziarono a conoscersi meglio anche con la nuova arrivata. Jenny si trovana bene con loro, non si vergognava per niente e ridevano un sacco tutte insieme. Quelle risate vere che riescono a scaldarti il cuore, a farti capire che tu con quelle persone ti senti a tuo agio, senti che puoi essere te stesso, anche se le conosci da poco. Insomma, quel tipo di risate sincere che ti fanno stare bene. Suonata la campanella dell'ultima ora, gli studenti si fiondarono fuori dalla classe come una mandria di bufali imbizzarriti, mentre Jenny finiva di sistemare il suo zaino e le altre l'aspettavano alla porta. "Eccomi" esclamó avvicinandosi al gruppo. Uscirono tutte insieme, quando improvvisamente Jennifer si scontrò con una persona lungo il corridoio ormai quasi vuoto. <Riesco a camminare senza sbattere contro chiunque?> Pronunciò Jenny tra se e se. Successivamente si abbassò per afferrare il quaderno che era caduto dalle mani della ragazza di fronte a lei. "Scusa, non l'ho fatto apposta" disse Jennifer, alzando lo sguardo verso la giovane di fronte a sè per porle il quaderno. Per un attimo rimase ferma immobile, come ipnotizzata, ad osservare il volto dell'altra ragazza. Aveva dei capelli mossi neri che le arrivavano sopra le spalle, degli occhi profondi di un marrone scuro, le mani molto più grandi delle sue, piene di anelli e con lo smalto nero sulle unghie. "Tranquilla, colpa mia" rispose lei prendendo il fascicolo dalle sue mani. "Sei nuova? Non ti ho mai vista qui" chiese piena di curiosità la ragazza di fronte a Jennifer. "Sí, mi sono trasferita da poco qui a Milano. Comunque mi chiamo Jennifer piacere" disse un po' balbettando la giovane. "Michelle, piacere mio". Le due rimasero in silenzio a guardarsi negli occhi per qualche istante, fin quando Michelle proferí parola: "Sei del 1B tu, giusto? Visto che venivi da quella classe" "Esatto, tu in che sezione vai?" chiese Jenny, "1H, la classe infondo a questo corridoio" disse indicando tutta la corsia. "Capito" rispose Jennifer tornando a guardare Michelle. "Senti, domani ti andrebbe di pranzare insieme a me e alle mie amiche?" domandò la fanciulla indicando le ragazze che stavano guardando la scena incuriosite fin dall'inizio. "Certo, tanto non sto mai con nessuno" replicò Michelle. "Ci vediamo domani a pranzo allora, ciao!" disse sorpassando la ragazza e andandosene via. Jennifer si avvicinò alle altre: "Certo che potevi chiedere anche il nostro parere" disse Mary con un tono che sembrava seccato. "Scusate non pensavo potesse darvi fastid-" la frase di Jenny fu interrotta dalla gomitata di Giulia al suo fianco, "Sta scherzando, ma ti pare che ce la prendiamo, a noi fa piacere!" esclamó seguita da una risata. Jennifer in quel momento si sentí abbastanza in imbarazzo, e l'unica cosa che riuscì a dire fu "Che stupide, andiamo dai" incamminandosi verso l'uscita. Arrivata davanti la porta di casa, tirò fuori le chiavi, inserendole nella toppa ed entrando nell'abitazione salutando i propri genitori. A tavola la mamma di Jennifer iniziò a farle l'interrogatorio con le solite domande che fanno tutte le madri dopo il primo giorno di scuola "Com'è andata?" "Hai conosciuto qualcuno?" "I professori come sono?" e così via senza più fermarsi. Il padre di Jennifer invece sembrava non essere minimamente interessato, poiché troppo preso dalla partita di calcio che stavano trasmettendo in tv. "Si grazie della considerazione e per esserti preoccupato papà" esclamó all'improvviso Jenny con tono freddo e provocatorio interrompendo la madre. L'uomo ruotò il viso verso di lei, guardandola con aria quasi confusa. "Ti ricordo che oggi ho avuto il primo giorno di scuola, papà" replicò. "Sí lo so, ma stavo ascoltando quello che stavi raccontando a tua madre" disse lui. "Non mi sembra, visto che non facevi altro che guardare la televisione". Nel mentre la mamma guardava la scena con aria preoccupata, consapevole che da lì a poco i due avrebbero cominciato a litigare, come spesso facevano. "Ci sarà mai un giorno in cui ti importerà davvero di me e di quello che mi succede?" Sbraitò Jennifer sbattendo le mani sulla superficie del tavolo. "Stai dicendo che a me non interessa di te? E tutto quello che faccio? Per te e per la mamma?" rispose con aria furiosa il padre. "Tu non hai mai fatto qualcosa per me e la mamma, non fai altro che andartene per giorni, settimane o addirittura mesi e quando torni a momenti nemmeni ci guardi in faccia!" urlò. "Basta, non ne posso più di tutte le sciocchezze che escono dalla tua bocca!" gridò l'uomo. "A te? Almeno io cerco di avere un discorso insieme a te, tu nemmeno quello" concluse la ragazza alzandosi da tavola e salendo in camera sua, chiudendo la porta a chiave. Si buttò sul letto, abbracciando con disperazione il cuscino e cominciando a piangere a dirotto, sporcando la fodera di mascara. Dopo circa quaranta minuti, sentí bussare alla porta: "Jenny, sono la mamma, va tutto bene?" chiese con un tocco di dolcezza e preoccupazione nella sua voce. "Sí" rispose lei "Tutto bene", in realtà no, non andava affatto bene. Jennifer purtroppo non era mai riuscita ad instaurare un vero e proprio rapporto con suo padre. Da quando aveva trovato un nuovo lavoro per mantenere meglio la famiglia, si ritrovava spesso a stare via per giorni, se non settimane o addirittura mesi. A Jennifer questa cosa faceva stare molto male, ma mai quanto vedere il padre a casa quelle poche volte e non rivolgerle nemmeno una parola, neanche un "Come stai?". Sua mamma invece c'era sempre stata per Jennifer, si era sempre preoccupata per lei e per i suoi sentimenti. Quando era più piccola e c'era qualcosa che non andava, lei era sempre pronta ad accoglierla a braccia aperte per asciugare le lacrime che rigavano il suo viso. Ma crescendo, Jennifer ha iniziato a cambiare, a tenersi tutto dentro, tutti i suoi problemi, le sue paure, le sue paranoie, tutto quanto. Non aveva il coraggio di aprirsi con nessuno, poiché ancora non aveva trovato la persona giusta per farlo. Lei voleva solamente trovare qualcuno che le volesse bene veramente, che ci tenesse davvero a lei, alla sua salute mentale e fisica, ed alla sua felicità. Ma ancora non l'aveva trovata purtroppo, e spesso si chiedeva se questa persona sarebbe mai arrivata, oppure avrebbe dovuto continuare a stare da sola e tenersi il dolore dentro per sempre. Tutti quei pensieri e quelle domande la stavano tormentando talmente tanto da averle fatto venire un mal di testa atroce, che la portarono solo a coricarsi tra le coperte del letto avvolta dal sonno.
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Love Made Me Crazy.
FanfictionJennifer, Jenny per gli amici più stretti, è una semplice ragazza che abita nel centro di Milano. Trasferitasi da un mesetto circa in questa nuova e misteriosa città, l'adolescente sta per ricominciare la sua vita da zero con l'inizio della scuola s...