CAPITOLO 7

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«Ma Signorina...», sottolineò quella figura esile visibilmente scossa.

«Niente obiezioni! Madison che ne pensi di andare a fare un bel giretto turistico?», le chiese Oliver interrompendola e cercando il mio consenso con lo sguardo. Qualcosa mi diceva che non lo faceva solo per rendermi le cose più facili, senza Madison tra i piedi.

Mi chiesi perché mai provassi un leggero fastidio, nonostante quella situazione doveva trattarsi di un semplice favore. Lei si precipitò ad annuire incantata, mentre un sorriso smagliante la rassicurava.

«Perfetto! Puoi scusarci un attimo?», dissi a lei trascinandomi dietro Oliver in bagno. Chiusi la porta senza dargli il tempo di elaborare cosa stesse succedendo e lo scrutai severa.

«Che c'è? Pensavo ti servisse una mano.», rispose quasi compiaciuto di se stesso.

«Non puoi trattarla come le altre.», gli comunicai tutto d'un fiato, senza batter ciglio.

«È in buone mani, ti ribadisco che l'ho fatto solo per toglierti un ostacolo. Quindi cosa pensi di fare ora?», chiese avvicinandosi così vicino da farmi vacillare mentalmente per un secondo, mentre quei pettorali scolpiti si plasmavano contro il mio petto e sentire quelle braccia possenti avvolgermi in un abbraccio caloroso.

«Vai a farti valere, Daph...», sussurrò consapevole della carica che riusciva a trasmettermi con una singola frase, fin dai tempi della scuola.

«Come sempre.», sottolineai con un velo di strafottenza mentre lo allontanavo leggermente per ricambiare quel sorriso sincero.

Scambiandoci un'ultima occhiata d'intesa, uscimmo dal bagno ritrovando Madison ancora appoggiata al divano, decisamente confusa dalla nostra sparizione. Dall'esterno quel rapporto poteva sembrava contraddittorio, tuttavia non mi ero mai sentita in dovere di spiegare la mia posizione né tantomeno lui. Le persone erano sempre abituate a sparlare e giudicare, per cui era inutile dare spiegazioni a chi non poteva capire.

«Madison, ti lascio in buone mani.», la rassicurai mentre recuperavo la mia borsa sotto lo sguardo attento del mio coinquilino che nonostante cercasse di camuffare il tutto, sapevo benissimo provare un lieve timore riguardo quello scontro imminente con Davis.

Dopodiché scappai via senza perdere ulteriore tempo prezioso. Sapevo perfettamente dove potevo trovarlo, cioè presso l'edificio dell'evento, il Plaza.

La mia fortuna fu che si trovava a solo un chilometro dall'hotel, quindi il taxi ci mise pochissimo ad arrivare. Pagai e notai la faccia stupita del portinaio nel vedermi lì. A quanto pare si ricordava di me e sapeva benissimo che non dovevo essere lì.

Tuttavia, si limitò a rivolgermi un sorriso cordiale e ad aprirmi la grande porta in cristallo

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Tuttavia, si limitò a rivolgermi un sorriso cordiale e ad aprirmi la grande porta in cristallo. Andai con passo deciso alla reception e la mia apparizione suscitò la stessa reazione di stupore anche alla receptionist. «Leonard Davis.», mi limitai a pronunciare seria.

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