CAPITOLO 5

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Nel giro di un'ora quell'uomo mi aveva mostrato più di cento sfumature del suo carattere. Un minuto poteva essere persuasivo e gentile, mentre il minuto successivo poteva liquidarti facendoti sentire inappropriata ed inferiore a lui. Sicuramente non sapeva ancora con chi avesse a che fare, così me ne andai senza proferire parola. Mi precipitai come prima cosa in bagno, chiudendomi nel primo disponibile. Potevo sentire ancora le gambe tremarmi, così abbassai la tavoletta del water per sedermi sopra e mi coprì il volto con le mani dalla frustrazione, poiché mi sentivo male senza capirne il motivo. O forse sapevo qual era il motivo e semplicemente non volevo ammetterlo.

Farmi sfuggire due opportunità contemporaneamente, solo perché troppo rischiose, che stupida. Fato vuole che entrambe riguardassero Leonard Davis. Era evaporata un'opportunità brillante sul campo lavorativo ed un'altra in campo sentimentale. Tra l'altro per non spingermi oltre quella linea di sicurezza che rappresentava la mia stabilità, mi ero inventata una bugia, per timore d'innescare in lui una reazione di sfida, dicendo la verità.

L'angoscia ed un velo di rimorso stavano iniziando a logorarmi, facendo riapparire quel mix di emozioni, che non facevano altro che confondermi. Ormai avevo fatto una scelta e dovevo mantenere fede alle mie parole. Mandai furtivamente un messaggio ad Oliver, dove gli chiedevo di raggiungermi fuori dalla toilette delle signore. Se c'era una persona che poteva aiutarmi a sopravvivere in tutto quel fardello era decisamente lui. Dopo essermi sistemata fisicamente ed emotivamente, uscì ed appena alzai lo sguardo lo trovai appoggiato al muro ad aspettarmi, con la camicia sbottonata, che lasciava trasparire il suo corpo scolpito. Sembrava preso a digitare qualcosa sul cellulare tanto da non notare la mia presenza, così lo raggiunsi lentamente ed appena capì chi si trovasse di fronte a lui, sfoggiò quel sorriso smagliante inconfondibile.

Solo quel sorriso era in grado di riportarmi il buon umore così velocemente. I suoi occhi nocciola mi studiarono da cima a fondo, anche se non lo diceva a parole, sapevo esattamente cosa stesse passando in quella testolina. Aveva percepito qualcosa, tuttavia decise di accantonare qualsiasi timore o sospetto.

«Pensavo fossi scappata senza dirmelo.», annunciò ridacchiando mentre sistemava il cellulare all'interno del taschino del completo.

«Non sai quante volte ho pensato di farlo.», replicai ed automaticamente mi tornò in mente il volto di Leonard Davis sconvolto. Oliver portò i suoi palmi giganti sulle mie spalle e le strinse, costringendomi così a fissarlo.

«Non volevo mettere il dito nella piaga, ma non riesco a starmene così. Dimmi cos'è successo, Daphne.», sentenziò duramente e raramente usava quel tono di voce con la sottoscritta.

«Niente, tranquillo.», mi affrettai a rispondere scostando le sue mani dalle mie spalle e cercando di avvolgere la sua mano, per trascinarlo via da lì. Neanche a dirlo, ogni mio tentativo di smuoverlo da quella posizione fu invano e con un singolo scatto, mi risistemò esattamente davanti a lui. Le sue iridi accusatorie erano le uniche a riuscirmi mettere talmente a disagio, da portarmi ad ammettere la verità e lui ne era consapevole.

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