I mille colori del passato si mischiano ai colori del presente I

14 4 68
                                    

I mille colori del passato si mischiano ai colori del presente I

“Vi sarei grato se tornaste domani mattina”. La donna che fino a quel momento era rimasta nascosta dalla figura del marito lo osservò curiosa. “Le norme della buona educazione ce lo impongono, pertanto accettiamo la sua richiesta. Saluti, nostra figlia, Lucrezia”. Le ombre lasciarono l’androne con loro e il buio tornò a vivere nel suo silenzio. “Simone, chi era?”. Lo interrogò Edoardo posando una mano sulla sua spalla. “Cantori di Natale”. L’urlo della menzogna serpeggiò in tutta la sala, ma tacque sulla parola taciuta. Voleva capire, perché le persone che lo avevano cresciuto, coloro che gli avevano donato il loro amore, coloro che si erano consacrati a lui, hanno mentito. Non li condannava perché li amava e dietro ogni loro scelta c’era una buona motivazione. Inutile turbare la loro serenità per nulla.

Quella notte non chiuse occhio, era impossibile, era prigioniero dei suoi pensieri. Presto si sarebbe seduto su un’aula di tribunale, dove avrebbe dichiarato apertamente guerra a Eleonora e sarebbe stato testimone della sua disfatta. Si domandava cosa dire a Valerio: la verità o  inventare una scusa per l’assenza della madre. Pensava all’invito di Giada e alla rapidità con cui aveva confermato la sua presenza. Aveva alimentato una speranza per farla traboccare e poi disperdere. L’odio lo aveva reso alla sua vera felicità e un ennesimo orgoglio sarebbe stato motivo di atroce dolore. Tra le tante nubi addensate nel suo cervello c’era una dal fascino misterioso: i suoi nonni. Perchè avevano deciso di presentarsi in un momento così cruciale per lui? Perché non avvisare sua madre? Per ottenere quelle risposte dovette aspettare il mattino. Si alzò poco prima dell’alba per sistemare il salotto e prepararsi un infuso per lenire il mal di testa. I regali di Natale erano tutti sotto l’albero, incartati da carte preziose e piene di disegni coinvolgenti e appassionanti. Gli unici regali aperti pochi secondi prima che Valerio si lasciasse trasportare nel mondo dei sogni furono dei buoni fruttiferi da parte dei suoi nonni.

Il tempo volò e l’orologio segnarono le otto e in quel preciso istante il campanello risuonò in tutta la stanza. Aprì il cancello principale e poi la porta. “Buongiorno”. Li salutò Simone freddamente e ugualmente fecero loro. Dopo aver fatto gli onori di casa li fece accomodare. “Desiderate un caffè?”. I due coniugi si scambiarono uno sguardo e declinarono. “Piacere, io sono Filippo Rossi de Pietragavina e lei è mia moglie Letizia”. Simone strinse loro la mani e si presentò. “Ho discendenza nobile difatti sono un marchese e tu essendo figlio della nostra Lucrezia avresti tutti i requisiti fondamentali per ereditare il mio patrimonio”. Quella rivelazione non lo scompose. “Tua madre è stata una ragazza ribelle, ha sposato un uomo di rango inferiore venendo meno ai suoi obblighi, ma nonostante tutto abbiamo donato loro tutto quello che hanno, ma si sono sentiti oppressi dal nostro volere. Questa è la seconda volta che ti vediamo e sei la mia copia giovanile”. Emise un sospiro di confusione. “La mia fiducia non potrà mai vacillare nei confronti dei miei genitori, perciò trovo abbastanza strana la vostra visita. Cosa volete da me? Perché avete bussato alla mia porta?Perchè non vi siete fatti vivi prima?”. Li accusò indagatore fiutando il pericolo, il quale lusinghiero si mostrava con una maschera diversa. “Non sempre la natura rimane florida, nipote, decade come ogni creazione e noi siamo deceduti sotto il pugno dei tuoi genitori. Sei padre, vero?”. La donna parlò per la prima volta, giocando le sue carte astutamente. Era stata ammaestrata in cotale arte.
“Il canzonare le parole con la lirica, signora, non renderà meno audace e più dolce la vostra impresa. Sono un padre e mai accetterei di decadere o di imprigionare mio figlio. ve lo chiedo nuovamente: cosa desiderate?”. Letizia e Filippo rividero la loro giovane figlia nelle fattezze di un uomo grandioso. “Vogliamo lasciare i nostri beni a te, desideriamo che il nostro nome non venga disperso come le ceneri di un defunto in una valle dimenticata. Chiediamo solo di poter essere presenti”. Il pianto di Valerio nel trovarsi da solo nel letto, smorzò l’atmosfera tesa. “Scusatemi un attimo”. Un  attimo dopo tornò con Valerio, il quale aveva dei riccioli chiari, sull’oro e il rame, dagli occhietti vispi e gioiosi. “Ti somiglia molto, un grazioso fanciullo”. Simone li ringraziò. “Va bene possiamo conoscerci e poi discuteremo della vostra proposta. Sicuramente saprete che mi occupo di questioni legali”. Valerio scese dalla presa sicura del padre e si avvicinò ai regali. “Saremmo lieti se ci deliziassi della tua presenza mentre faremo colazione”. Rispose che dovevano prima cambiarsi. “Non abbiamo alcuna fretta”. Dopo Letizia allungò una mano con un regalo. “Per tuo figlio: sappiamo molte cose”. Era una bellissima collana d’oro abbinata al bracciale con l'iscrizione del nome Valerio. “Grazie, ma non dovevate”.

Le ombre dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora