Capitolo 6 - Vacanze di Natale (Parte 3)

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L'acqua fredda le sferzò il viso. Un brivido percorse la schiena e si lasciò sfuggire un sospiro, mentre le mani scivolavano sulle guance.

Prese un lungo respiro dalla bocca spalancata e aprì le palpebre.
Lo sguardo assonnato del suo stesso riflesso la fissava con poca convinzione, le due ombre scure sotto gli occhi risaltavano ancora di più sulle guance pallide. Si era svegliata più tardi del solito, erano già le nove, eppure si sentiva stanchissima. Tutta colpa del dannato jet lag, e l'incubo notturno non era stato di certo d'aiuto.

Guardò le mani riempirsi di acqua e le riportò al viso, accompagnandosi con un mugugno.
Si asciugò e uscì dal bagno. 

Una volta in corridoio, venne accolta dal sorriso sghembo di Daniel, appoggiato allo stipite della porta della sua camera, anche lui con il volto tutt'altro che fresco e riposato. 

La salutò bofonchiando tra uno sbadiglio e l'altro: «Buongiorno, Eve. Dormito bene?»

In risposta ricevette solo un borbottio e una smorfia poco convinta.

Ridacchiò, passandosi la mano tra i capelli spettinati, peggiorandone ulteriormente la situazione, «Mi sa che siamo nella stessa situazione. Caffè?»

«Doppio, grazie.»

«Ottimo! Allora dammi un attimo che vado in bagno e metto una felpa, e poi andiamo a farci una bella moka da quattro!»

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Eve scivolò sulla panca della cucina, fino a occupare lo stesso posto al tavolo che aveva a cena. Per fortuna, al contrario della sera precedente, in casa regnava il silenzio, i genitori di Daniel erano già usciti per andare al lavoro.
Per qualche ora avrebbe potuto dare sollievo alle proprie orecchie... se non fosse stato per Ray, che dopo aver infranto la quiete sbattendo alcune ante dei pensili, aveva iniziato a sferragliare con la moka, mentre come al suo solito parlottava da solo. Per fortuna, ormai il cervello di Eve si era così abituato al suo incessante vociare, da riuscire a catalogarlo come innocuo rumore ambientale, il sottofondo musicale delle sue giornate.

Puntellò i gomiti sul tavolo in legno e adagiò pesantemente il mento tra le mani, stringendo i palmi sulle guance, che inondarono le dita del loro calore.
Seguì con gli occhi il giovane accendere il fuoco sotto la caffettiera e poi iniziare muoversi tra i mobili della cucina, aprendo e chiudendo le ante in legno color castagno alla ricerca di qualcosa. «Sicuro che non hai bisogno di una mano?»

«No, tranquilla, tanto per ora ci beviamo il caffè, così poi riusciamo a pensare a cosa mangiare.» Finalmente trovò la brocca e la riempì di acqua del rubinetto, per poi posarla sul tavolo assieme a due bicchieri. Poi tornò davanti ai fornelli e si fermò a fissare a braccia incrociate la moka sulla fiamma blu, come se il suo sguardo e le parole di incitamento che continuava a recitare potessero farla scaldare più in fretta.

La ragazza si imbambolò a guardare la sua schiena, poi d'un tratto si scosse, rabbuiandosi, turbata da un pensiero, e prese un lungo respiro, «Ray, stanotte non mi hai sentita urlare, vero?»

Danny si voltò verso di lei con aria interrogativa, «No, o almeno non mi pare.» Si appoggiò al mobile, proprio accanto ai fornelli. «Perché, hai avuto un incubo?»

«Sì. Poi quando mi sono svegliata sono come andata nel panico, perché le tapparelle erano abbassate ed era completamente buio.» Scosse abbattuta il capo, «Non sapevo dove mi trovavo... e potrei aver fatto rumore, forse... non lo so.» Sbuffò, con lo sguardo puntato sulla moka che aveva iniziato a gorgogliare, ma senza davvero vederla, «Sai, non vorrei aver disturbato i tuoi genitori.»

La ragazza dagli occhi di ghiaccio (Volume II)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora