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La serata sembra passare molto più velocemente di quanto Luke avesse mai potuto sperare.

E anche se la stanchezza si fa sentire, Luke cerca di non  curarla minimamente, anzi; sembra che le energie stipate per un'intera vita stiano venendo fuori proprio ora, e che Luke stia utilizzando il lavoro come distrazione, perché non si ferma un attimo, e forse un bene, anzi lo è, perché il suo sguardo passa in secondo piano, ma l'immagine del suo viso no, quella è ancora nella testa di Luke; quel viso che, finalmente, ha un nome.

Michael, ricorda molto il nome di un angelo.

E il biondo non riesce a non vederlo come tale, e sbava dietro un'immagine nella sua testa, e si sente idiota, perché forse sarebbe meglio non averlo nella sua vita monotona.

Forse è troppo un errore, o orrore.

Forse è un pericolo, o forse è sicurezza.

Non lo sa, ma in fondo chi lo sa?

Ma Luke proprio non riesce a toglierselo dalla testa, perché è bello, e perché è un angelo, e perché vorrebbe che fosse il suo angelo.

Ma no, no, no, questo è sbagliato; è tutto sbagliato.

E vorrebbe prendersi a sberle pur di far saltare quel chiodo che tiene ancorata quell'immagine nella sua testa.

Ma, semplicemente, non può.

O meglio, non ci riesce.

E lo sogna, e pensa sia un sogno, un sogno che desidererebbe vivere, ma Luke è codardo anche ad inseguire i sogni.

"Luke" la voce di Jack lo distrae dal cliente che stava servendo e, con un accenno di testa, Luke capisce che deve raggiungerlo dietro il bancone.

Ubbidiente cammina verso quest'ultimo sussurrando uno "Scusi un attimo" al cliente che richiamava la sua attenzione.

Affretta il passo e, invece di sviare e raggiungere il lato anteriore del bancone, si ferma sulla soglia posteriore, dove solitamente i clienti si accomodano a sorseggiare una birra o un bicchiere d'acqua.

Appoggia i gomiti sul bancone di marmo grigio solcato in sfumature carbone, sentendosi improvvisamente stanco e spossato; appoggia la testa sui palmi delle sue mani aperte, per alleviare le vertigini che lo circondano.

Una mano preme sulla sua spalla ossuta, agitandolo leggermente; Luke alza lo sguardo lentamente, afferrando la sua mano che lo guida dall'altro lato del bancone, dov'è proprio lui.

"Siediti" continua, indicando con un leggero movimento della mano destra lo sgabello nero.

Prende il bicchiere d'acqua, bevendo vogliosamente il contenuto, si siede e inizia a prendere lunghi e rilassanti respiri, stringendo forte gli occhi di tanto in tanto, per cercare di mettere a fuoco la sua visuale e di alleviare quel senso di vuoto nella sua testa.

"Odio i cali di pressione."

Pensa.

"Stai meglio?"  dice, poggiando il bicchiere di vetro nel lavabo.

"Sì, sono solo un po' stanco" risponde Luke, passando le mani lungo le sue gambe fino alle ginocchia.

Fa scontrare i suoi occhi con quelli azzurri del suo capo e lentamente si alza, lasciando prima il posto ad un estenuante sospiro che lascia le sue labbra, e raccoglie il taccuino e la penna lasciati sul bancone.

"Torno a lavoro" accenna, compiendo un semigiro sul posto e facendosi per dirigere verso i tavoli.

"Aspetta"  lo ferma Jack, afferrandogli il polso, ma per niente duramente, anzi, con quella delicatezza solita del ragazzo moro dagli occhi biondi; e, tirandolo leggermente nella sua direzione, fa scontrare ancora quelli occhi tanto simili nel colore quanto lontani per la storia che essi raccontano, e Jack nota quanto quegli occhi stiano diventando pozzanghere in secca, quanto quel male che ha ferito quella figura fragile si stia impossessando anche della caratteristica più pura che lo rispecchia, perché gli occhi di Luke sono inconfondibili in mezzo a miliardi di pietre di carbone, oscurate dal male; e allora Jack si accorge di avere ancora la sua mano avvolta attorno al polso di Luke, stretta forte; gesto involontario e voluto dalla troppa precocità di Luke di voler evitare anche il suo capo.

Perché è vero, perché per la prima volta Luke si sente a disagio anche a stare a dieci metri di distanza da lui.

Eppure era stato colui che, più di tutti, lo aveva aiutato in una situazione difficile.

Colui che la aveva afferrato per le braccia e trainato dal pozzo di depressione dove Luke aveva deciso di passare il resto dei suoi giorni.

Colui al quale Luke aveva deciso di concedersi.

Colui al quale Luke voleva dare tutto.

Darsi tutto.

Ma forse ancora una volta il destino aveva deciso di stroncare la felicità prima che essa cominciasse.

Forse fu un bene, forse il destino voleva proteggerlo.

Come la mano dei suoi genitori che veglia su di lui e lo difende dagli errori e dal male.

Carezzandolo con i brividi che gli provocano il ricordo.

E forse averlo trovato a letto con un altro prima ancora che la loro relazione cominciasse ha, sì, provocato male, ma ha distrutto niente di così grande che non si possa ricostruire.

Perché forse quel bacio non significava tanto.

Quel bacio non aveva così importanza.

Non in maniera equa tra i due, perché Luke voleva che quel bacio fosse l'inizio di qualcosa; mentre Jack..beh, Luke non sa neanche se lo ricorda, e Luke fa finta di non pensarci, e va avanti con la sua vita.

"Ti prego sta lontano da lui" e quest'unica frase arriva alle orecchie di Luke, efficace anche non conoscendo il contesto in cui è inserita, perché Luke non ha sentito nessuna parola recitata dall'altro prima di questo,  insieme, eppure questa frase porta così tante cose e le riassume in maniera spaventosamente eccellente; anche se porta con sé così tante domande.

E -"Perché?"- dice, senza neanche sapere perché l'abbia detto, dimenticandosi dove fosse e perché tutto questo stesse succedendo, e sembra strano perchè dopo aver perso il filo conduttore della faccenda, dopo il blackout improvviso del suo cervello e il desiderio di volerci capire qualcosa una volta tornata la consapevolezza, è questa l'unica cosa che Luke abbia saputo dire.

E Jack gli si avvicina, respirando pesantemente, tant'è che Luke sente il suo respiro arrivargli sulle guancie.

E Jack lo riconosce, quel timido ragazzino curioso dall'anima innocente.

E sa che lo sta facendo per lui.

Perché lui non ha dimenticato.

E allora -"E' meglio per tutti, per te, lo conosco, lui è.. no è una persona di cui fidarsi, non è una persona a cui affezionarsi"- sospira, lanciando un'occhiataccia verso quella direzione, mentre gli occhi e la testa di Luke si riempiono di punti interrogativi nonostante la sua bocca non esali altro che respiri leggeri.

E allora scuote la testa su e giù, girandosi nella direzione di un paio di minuti fa.

Ma una mano si alza da laggiù, e Luke non fa in tempo a guardarla che Jack ha già raggiunto il tavolo interessato, e la figura di quest'ultimo vi si posiziona davanti, mentre l'altro si alza anche e insieme si incamminano verso la porta d'ingresso, scambiandosi solo degli sguardi infuocati.

E Luke sospira, e non sa che pensare.

E forse è meglio che non pensi.

E torna a lavoro, sapendo che questa è l'unica cosa che gli spetta di fare.

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Ho fatto ritardo ancora, scusate.

Spero che il capitolo vi piaccia.

Ci sentiamo presto xx

Un bacioxx

||I was just like..Out of control.|| -Muke [SOSPESA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora