0.8

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I mercoledì invernali sono sempre così noiosi, soprattutto quando quelle goccioline color grigio opaco cadono a terra e colorano l'ambiente dello stesso colore.

E Luke sospira, mentre passa lo straccio sul tavolo numero otto per l'ennesima volta, perché non sa come far passare il tempo.

E si guarda attorno, in quell'ambiente troppo grande per una sola persona.

Non letteralmente, perché il suo capo, o meglio il suo "secondo" capo, è chiuso in ufficio da esattamente quattro ore.

Ed il pearcing che Luke ha al labbro brucia per i suoi troppi morsi, morsi di noia, di nervosismo.

E guarda l'orologio in alto di fronte a lui, mentre la canzone delle gocce fuori continua a tintinnare incessante.

E le 12.50, porta, mentre un sospiro lascia le sue labbra, Luke odia i turni invernali nei giorni di festa, perché è come se la sua solitudine lo inghiottisse, e l'asfissia che prova è doppia rispetto a quando è circondato da sconosciuti.

E allora cammina dietro al bancone, accasciandosi sulla sedia e giocherellando con le mani, e si stupisce perché sembra un bambino, e come se si tenesse compagnia con la sua testa, e ride dei suoi pensieri.

E sorride, quando quei pensieri vengono eclissati in altri, e sorride ancora quando ricorda la mano del suo nuovo capo avergli accarezzato la sua.

E lui sa che forse in realtà non l'ha fatto, ma vuole credere che l'abbia fatto.

E ricorda il sorriso che gli riserva, solo a lui.

E ricorda quando si è seduto sullo sgabello a guardarlo lavorare, ed a come lo ha ammonito quando gli ha dato del lei ancora.

Ed ha sorriso imbarazzato, e l'altro l'ha guardato e ha sorriso a sua volta.

Ed ancora i loro occhi sembravano esser fatti l'uno per l'altro.

E nel petto del rosso si accendeva e spegneva una piccola fiammella, piano, e quel fuoco diventava intenso quando quelle sue iridi venivano a contatto con le proprie.

E sentiva la pace invaderlo, invadere tutto il suo corpo.

E la sua pesantezza fluire in leggerezza, ancor meglio di quella provocata da altro.

E proprio quel ragazzo mette piede nella stanza addobbata di tavoli, mentre un braccio è all'aria verso i suoi capelli, scompigliandoli leggermente, e il suo sguardo vaga per la stanza non molto illuminata.

Non ha mai amato la luce vecchia delle lampadine avorio che illuminano la stanza.

"Luke" sospira, avvicinandosi al bancone dove il biondo si era accomodato, e, all'udire del suo nome pronunciato dall'altro, alza la testa in sua direzione.

Le sue labbra tremano ma si allungano in un sorriso, mentre gira lo sgabello verso il lato dei tavole e del bancone, dove Michael aveva appoggiato i gomiti.

"Hai fame?" continua sorridendo, mentre le guancie dell'altro si colorano leggermente, e la sua testa si china verso il basso, e Michael interpreta quel gesto come un sì, infatti continua.

"Allora andiamo a pranzo" conclude, allungando la mano in sua direzione.

Luke alza leggermente la testa, corrugando la fronte al suo gesto, sentendo ancora il calore invadere le sue guancie, e sospira scuotendo leggermente la testa.

"Non posso lasciare il bar incustodito.." sospira, sistemandosi la cinta nera che cinge i suoi pantalone neri strappati alle ginocchia.

"Lo chiudiamo, non c'è nessuno, ed io ho fame" risponde il ragazzo più alto, tirandosi su in una posizione eretta e guardandolo con occhi strani.

||I was just like..Out of control.|| -Muke [SOSPESA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora