Prologo

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                  PROLOGO

“Siamo destinati per sempre a stare in equilibrio sul confine dell'eternità

senza il tuffo definitivo nell'abisso.”

Edgar Allan Poe

Villa di Abraham Nott, 2 Luglio 1988

Le mani di un uomo e una donna unite nel buio.
Il sangue tra le loro dita scivola sul pavimento di pietra gelida, accanto a corpi senza vita.
Sotto la luna piena, altre mani si uniscono di nascosto.
Anime innocenti gridano incapaci di controllarsi, si gettano nel vuoto in preda alla disperazione.
Sento un dolore al petto.
Le mie mani sono piene di sangue, sorreggono il volto di un uomo che mi supplica con lo sguardo.
Sta morendo.
Stiamo morendo tutti.
Ci sono mani strette nel buio, cuori in sintonia e anime tormentate.
Se ne muore uno, moriranno tutti.
Sentimenti così strazianti che mi viene da piangere.
Non posso farne a meno.
Il male non si può sconfiggere.

Non si può sconfiggere...

Dagli occhi bianchi di Rhea stavano uscendo lacrime di sangue.
Le sue manine, aperte e tremanti a pochi centimetri dalla sfera di cristallo, erano gelide come quelle di un cadavere.
«Rhea, svegliati! Papà!»  gridò il piccolo Theodore Nott di appena otto anni, scuotendo sua cugina allarmato.
Non riusciva a risvegliarla.
Per un attimo, in preda al panico, osservò i suoi amichetti Draco, Chloe e Blaise che iniziarono a gridare aiuto. 
Abraham Nott giunse nella cameretta di suo figlio in pochi minuti e trovò sua nipote in uno stato di incoscienza estatica, immobile come una statua di sale, davanti alla maledetta sfera di cristallo.
Senza indugio estrasse la bacchetta dal mantello ed enunciò l'incantesimo “Protego” verso sua nipote.
Quando la barriera si innalzò tra lei e la sfera, Rhea tornò in sé e scoppiò a piangere correndo dallo zio che la strinse tra le braccia.
«Vi ho detto mille volte di non giocare in questo modo, Theodore! Rhea si sente male!»
Theodore era sconvolto e mortificato. Loro volevano solo comunicare con il fantasma che infestava la sua cameretta e che mai si era fatto vedere, nessuno di loro pensava che Rhea potesse sentirsi male anche in quel modo.
Episodi come quello capitavano spesso, ma mai durante il gioco, mai per comunicare con qualche fantasma di passaggio.
«Scusa, papà. Non volevamo che Rhea si sentisse male...»
«Ormai è troppo tardi! Non sono giochi da fare questi! Rhea soprattutto non dovrebbe giocare con quei dannati aggeggi! E adesso uscite da qui, tornate in giardino dai vostri genitori! A lei penso io».
I bambini lasciarono la cameretta smarriti e dispiaciuti, incapaci di replicare.
Rhea aveva parlato per tutto il tempo di cose spaventose e nessuno di loro, nemmeno Draco Malfoy che era sempre stato il più spavaldo, aveva intenzione di riprendere l'argomento.
Rhea pianse stretta allo zio, sulla sua spalla coperta dai lunghi capelli scuri mentre lui le carezzava la testa.
«Zio, ho avuto tanta paura...»
«Non è niente, sta tranquilla. È tutto passato. Vieni, fammi vedere gli occhi» le disse dolcemente, ripulendo il sangue dalle guance rosee della bambina che continuava a piangere.
I suoi occhi erano tornati al suo naturale color nocciola, e le sue lacrime erano limpide come il cristallo.
«Perché mi succede tutto questo? Perché solo a me?».
Abraham le sorrise intenerito.
«Perché tu sei speciale, Rhea».
«Non voglio esserlo».
«Ma lo sei. E devi promettermi che non giocherai mai più con la sfera di cristallo. Non senza tua nonna Nives nei paraggi. Intesi?»
«Perché?»
«Devi imparare a controllare il tuo potere», le rispose sinceramente Abraham, percependo il torace della piccola scosso dai singhiozzi.
«Ci vorranno anni, piccola mia».

                                                                    *

«Si può sapere a cosa diamine stavate pensando? Io davvero sono senza parole!» sbottò Virginia Rowle Lewis, madre di Chloe, rivolgendosi ai quattro bambini che tenevano lo sguardo fisso sull'erba ai loro piedi.
Si era recata con sua figlia a Villa Nott con la scusa di far passare a Chloe un po' di tempo con i suoi amici, ma in realtà la madre della piccola Rhea Collins, nonché sua grande amica, Linda Nott, necessitava di parlare con le persone per lei più fidate di un argomento di vitale importanza.
Avendo sentito il trambusto proveniente dall'interno della Villa, Virginia non ci aveva pensato due volte a domandare a sua figlia cosa fosse successo e tutto si sarebbe aspettata tranne ciò che aveva appena udito.
«Vi rendete conto di quello che poteva accadere a Rhea? Draco, mi meraviglio di te!» esclamò Narcissa Malfoy, madre di Draco, guardando il figlio con severo rimprovero.
Il bambino sollevò gli occhi grigi su quelli azzurri e taglienti della madre, dopodiché puntò il dito contro Chloe.
«È stata un'idea di Chlo, mamma! Mi ha convinto lei!»
Per tutta risposta, la bambina lo guardò furente.
I suoi occhi, di un'incredibile azzurro striato di verde, lo avrebbero incenerito se ne avessero avuto il potere.
«Non è vero! Tu e Theo volevate vedere il fantasma!» replicò arrabbiata.
Theodore mise il broncio.
«Ehi! Era Blaise che ci teneva tanto!»
«Non date la colpa a me!» disse irritato Blaise: «Io ve lo avevo detto che era sbagliato!»
«E quando?» chiese Chloe alzando la voce.
In meno di un secondo, i quattro bambini iniziarono a parlare tutti insieme, creando un caos tale che Virginia e Narcissa alzarono gli occhi al cielo chiedendo silenziosamente a Merlino cosa avessero fatto di male per meritare dei figli del genere.
«Fate silenzio, per Salazar!» ringhiò Virginia, al limite della pazienza, mentre si massaggiava le tempie doloranti.
«Non mi interessa di chi è stata l'idea, ma è ovvio che tutti avete preso parte a questa bravata! Il minimo che possiate fare adesso è scusarvi con la mamma di Rhea, e anche con lei ovviamente, quando scenderà in giardino con Abraham! Mi sono spiegata?» domandò furente e i bambini annuirono, ricominciando a guardare, con rinnovato interesse, l'erba verde e rigogliosa del prato del signor Nott.
Con grande stupore di sua madre, Chloe fu la prima a parlare.
«Linda, mi dispiace tanto, davvero. Non pensavamo che Rhea potesse farsi tanto male. Scusaci», sussurrò con un filo di voce,  gli occhi lucidi di lacrime abilmente nascosti dai capelli color cioccolato.
A seguire, anche Draco, Theodore e Blaise si scusarono chinando la testa dispiaciuti, professando che mai avrebbero voluto far del male a Rhea e promettendo solennemente che non le avrebbero chiesto mai più di usare la sfera per una cosa del genere.
Una volta scemata la preoccupazione iniziale per la figlia, Linda apprezzò le scuse dei quattro bambini, convinta che lo spavento preso quel giorno fosse stato tale da bastare loro per una vita intera.
Sapeva che volevano bene a Rhea, così come sapeva che, veramente, non avevano idea delle conseguenze a cui avrebbe portato quel gioco per loro innocente.
Sorrise e carezzò la testolina castana di Chloe, con affetto.
«Accetto le vostre scuse. Rhea sta bene, questa è la cosa fondamentale e voi quattro avete capito che non stavamo scherzando quando vi abbiamo detto che per lei è molto pericoloso, adesso, eseguire certe pratiche. Su, adesso andate a giocare, Rhea vi raggiungerà fra poco», disse infine, lasciando che si allontanassero con la consueta serenità che caratterizzava i bambini della loro età.
«Sei stata troppo indulgente, Linda! Ma se Chloe pensa di evitare una punizione, si sbaglia di grosso!»
«Non infierire, Virgi. Chloe si è spaventata moltissimo, era evidente. E così Draco, Blaise e Theo. Hanno capito e questo è l'importante», replicò Linda, mentre insieme tornavano a sedersi al tavolino da tè elegantemente apparecchiato in giardino, sotto il gazebo di quercia bianca a ripararle dal sole.

Destined -The Hogwarts Saga Book one. The OriginDove le storie prendono vita. Scoprilo ora