Prologo

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Mi son sempre domandata quale fosse la causa del male nel mondo, c'è chi la attribuisce ad una razza, come Hitler, chi a Dio, o chi direttamente all'uomo stesso. Ad oggi una risposta fatico ancora trovarla. So solamente che esiste. E vi dirò di più: io questo male del mondo lo vivo sulla mia pelle ogni giorno della mia vita da ormai qualche tempo. Lo sento entrare nelle viscere in ogni secondo, ad ogni respiro. Percepisco la tristezza e la disperazione di chi non vedrà più tornare a casa un amico, un marito o un figlio. Quello che posso fare è stare quì, inerme, nella mia Francia ormai occupata dal regime nazista e sperare che la violenza della guerra mi risparmi.

Vivevo con la mia famiglia in un paesino di campagna poco distante da Parigi, la quale, cadde in mano ai tedeschi ormai due mesi fa, il 14 giugno del 1940. Da quel momento in poi per noi francesi la vita non fu più la stessa: eravamo assoggettati alle autorità tedesche, eravamo diventati di loro proprietà in tutto e per tutto. Ricordo ancora quando i soldati della Wehrmacht varcarono i confini di Lagny-sur-Marne, con i loro gelidi sguardi inceneritori, pronti ad incombere su di noi senza un minimo riguardo per nessuno.

Ricordo ancora il modo in cui marciarono nelle strade con un passo quasi innaturale, meccanico e sincronizzato, investendo chiunque: anziani poco agili, bambini che li guardavano spaventati e qualsiasi cosa si trovasse sul loro cammino.
Tutto questo accadde sotto i miei occhi pietrificati e a quelli della mia famiglia. O meglio, di ciò che ne rimaneva di questa: mio padre Maurice morì di polmonite quando ero solo una ragazzina, troppo innocente per capire la gravità della situazione. Non avevo nemmeno idea di come sarebbe stato vivere gli anni a venire senza di lui, senza il conforto e la sicurezza che solo un padre può darti.

Da allora fu mio fratello maggiore Simon a rivestire i panni dell'uomo di casa, provvedendo a tutto e per tutto alla nostra famiglia, dal portare il pane a casa, alle cose meno materiali come il darci affetto. Mio fratello era tutto per me, anche se questa dannata guerra me lo aveva portato via. Decise di arruolarsi nell'esercito allo scoppio della guerra ignorando le mie inutili lacrime che lo imploravano di non lasciarci. Solo il ricordo di quel giorno mi provocava un dolore simile a mille aghi conficcati nel petto.

Era un giorno freddo e piovoso di dicembre del 1939 ed io ero seduta in cucina a ricamare l'abito per il compleanno di mia madre ormai imminente quando delle urla mi fecero sobbalzare: «Non puoi partire Simon! Che ne sarà di te?» era mia madre.

«È il mio dovere mamma, non posso starmene qui con le mani in mano quando hanno bisogno di me».
«Noi abbiamo bisogno di te!». Dei singhiozzi fecero eco nella stanza e io, confusa, corsi in soggiorno dove trovai mia madre in ginocchio, implorante, con un'espressione che mi lasciò senza fiato, mentre mio fratello Simon si trovava proprio davanti a lei in tutta la sua altezza.

Quando si accorsero della mia presenza entrambi si ammutolirono guardandomi fissa negli occhi. Mia madre si asciugò velocemente le lacrime in volto sperando che non mi accorgessi del suo stato d'animo, ma questo non bastò.
«Cosa succede?» mi azzardai a chiedere, anche se, in cuor mio, avevo già capito tutto.
«Niente Eloise, torna di là». Benché avessi ormai quasi 22 anni, mio fratello mi trattava ancora come una bambina, talvolta lo detestavo.

Rimasi lì impassibile, aspettando che uno dei due  rispondesse alla mia domanda.
«Si è arruolato, Eloise. Tuo fratello sta per partire per combattere chissà dove». Quelle parole mi fecero vacillare, non ricordo nella mia vita di aver provato un sentimento simile a quello che ho provato quel giorno. Guardai mio fratello fisso negli occhi e delle lacrime cominciarono a farsi spazio sul mio viso.

«Non puoi andartene Simon, pensa a tua sorella, ha già perso un padre, non puoi perdere anche te» mia madre continuava imperterrita ma l'attenzione di Simon era rivolta a me. Spesso il nostro legame era così forte che non servivano le parole per comunicare: i miei occhi lo imploravano di non partire, mentre nei suoi, lessi un addio.

La settimana dopo partì lasciando me e mia mamma crogiolare nel silenzio del dolore, da allora, i mesi passarono e non seppi più niente di lui.

La partenza di mio fratello portò non poco disagio in casa. Io e mia madre abbiamo dovuto cercare un modo per mantenerci e mantenere la nostra casa che, essendo una villa, comportava degli oneri non da poco. Fortunatamente alla morte di mio padre, mia madre ereditò da lui un'intingente somma di denaro che ci permise di vivere modestamente e di non doverci privare di niente.

Ma con l'avvento della guerra, la povertà dilagò per chiunque, i viveri cominciarono a costare dapprima il doppio, poi il triplo e di conseguenza, dovetti cercare un lavoro che fortunatamente trovai senza nemmeno troppo sforzo come infermiera all'ospedale di paese: mio padre era un primario molto rinomato al tempo e portare il suo stesso cognome mi aiutò, anche se non possedevo nemmeno un terzo del suo talento.

Prima della guerra odiavo tutto quello che riguardasse ferite, sangue e disinfettanti, ma cominciare a lavorare in quel posto mi fece sentire nuovamente in pace con me stessa e utile, in qualche modo. A dirla tutta poi, da quando la Francia cadde in mano ai nazisti non si combatteva più ormai, il popolo francese si era piegato ai nuovi invasori e, di conseguenza, gli unici feriti gravi che dovevo assistere erano soldati feriti negli addestramenti o civili malamente pestati da questi ultimi. Inoltre, stare fuori di casa per diverse ore al giorno mi aiutava a non sentire il silenzio che aleggiava in quelle quattro mura.

Il rapporto con mia madre, col passare dei mesi si era raffreddato impercettibilmente: lei era sempre assorta nei suoi pensieri ed io, troppo presa dal lavoro, non riuscivo a stare molto tempo a casa se non nei giorni festivi. Era come se dopo la partenza di mio fratello, la mia famiglia si fosse ancor più sgretolata, e non riuscivo a non soffrire per questo. Ma andavo comunque avanti, pensando a giorni migliori, al giorno in cui avrei rivisto mio fratello e la guerra sarebbe stata solo un brutto ricordo.

Avevo trovato una routine che mi permettesse di sopravvivere aspettando tempi migliori, e quello mi bastava. Se solo avessi saputo che in questa dannata guerra, avrei trovato molto di più.

Boundless love - Amore senza confiniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora