Reparto maternità

41 4 0
                                    

La mattina dopo mi svegliai finalmente nel letto comodo della mia stanza circondata dai miei tanto adorati dipinti e dall'arredamento minimale - ma a mia detta elegante - che avevo minuziosamente curato nei dettagli.

Mi alzai con una strana sensazione nel petto, un misto tra eccitazione e terrore che non mi ci volle molto prima di ricondurre all'effetto che quei dannati occhi celesti avevano su di me. E in un attimo le mie gote si colorarono di rosso nel rievocare i ricordi del giorno prima: ero così adirata per tutto quello che avevo subito, eppure, a suo modo, Harold mi aveva fatto capire che il suo scopo era quello di proteggermi. E non era questa la maniera più genuina e spontanea per manifestare affetto verso un'altra persona? Rinunciare al vederla, toccarla per il solo scopo di farla star bene e permetterle di vivere in serenità?

Scossi la testa per distogliermi da questo mio viaggio mentale che non fece altro che farmi perdere del tempo prezioso che mi restava per prepararmi e raggiungere l'ospedale, così, decisi fosse giunta l'ora di uscire finalmente dalla mia camera. Ma inevitabile fu per me passare per il corridoio, e, di conseguenza, davanti alla camera che un tempo apparteneva all'ufficiale.

La trovai chiusa, ma solo il ricordo di tutte le sensazioni - piacevoli e non - che avevo provato li dentro mi fece provare un senso di vuoto per il forte senso di mancanza che mi assalì. Diedi un rapido sguardo dietro di me per assicurarmi che fossi da sola, e nonostante fossi terribilmente in ritardo per il lavoro, decisi comunque di aprirla ed entrare.

Tutto era al suo posto, mia madre doveva aver pulito e sistemato con cura ogni minimo dettaglio per cancellare qualsiasi tipo di traccia del suo passaggio. Sperai quantomeno di potermi beare di ciò che rimaneva del suo profumo, ma anche quello sembrava esser svanito. Era come se lui non fosse mai stato qui. Ma come potevo io dimenticare? Come potevo passare davanti a quella stanza senza pensare che un tempo apparteneva ad un ufficiale dai capelli dorati e dagli occhi celesti che mi aveva rubato il cuore?

Questa guerra aveva cambiato il mondo, aveva cambiato me, partendo dal mio atteggiamento verso la vita: perché privarsi di qualcosa così puro come l'amore quando le nostre vite erano appese ad un filo? Quando una bomba poteva piovere dal cielo e cancellare la nostra storia con una facilità disarmante?

Uscii da quella stanza portando sul petto questa consapevolezza, ma era ormai giunta l'ora di dirigermi a lavoro, dove quantomeno la mia testa si sarebbe potuta riposare. O almeno questo era quello che speravo...

*  *  *  *  *  *

«Eloise mi servi nel reparto maternità, è un'urgenza». Nemmeno il tempo di mettere piede nella struttura ospedaliera che trovai il Dottor Delorme ad aspettarmi con una strana espressione sul volto che inizialmente non riuscii a decifrare.

«Buongiorno anche a te, Michael» lo canzonai per alleggerire la tensione che trapelava dai suoi occhi, insomma, eravamo abituati a lavorare con casi gravi quotidianamente, ed era raro che il lato umano prevalesse su quello professionale. Ma Michael si limitò a farmi un cenno con la testa per intimarmi di seguirlo senza rispondere minimamente alla mia battuta. Così feci: ci addentrammo nella piccola area dell'ospedale adibita alle nascite fino a che il dottore si fermò sul posto davanti ad una tenda bianca che divideva il corridoio dal lettino in cui gli ammalati venivano smistati per avere la loro privacy.

«È una giovane donna, 20 anni all'incirca»
Delorme si avvicinò al mio orecchio mi diede queste informazioni abbassando la voce così che lei, dall'altra parte della tenda, non ci sentisse.
«Incinta, di 5 mesi, dice di essere caduta in strada questa mattina e di voler controllare che il feto stia bene, ma non me la racconta giusta...» assunsi immediatamente un'espressione confusa, ascoltavo con attenzione le parole del dottore notando il suo fare distaccato nel pronunciarle.
«Non te la racconta giusta? Cosa intendi?» a questa mia domanda, Michael abbassò ulteriormente il tono della sua voce, facendosi ancor più vicino.
«Ha lividi bluastri su zigomi, costole e gambe. Lividi che non possono essersi formati questa mattina perché altrimenti si starebbero ancora formando, e comunque non sarebbero di questo colore. Ai miei occhi è chiaro che sia stata malmenata da qualcuno»
«P-pensi sia stato qualche soldato? È per questo che volevi il mio aiuto qui?» la mia voce perse improvvisamente sicurezza: queste parole uscirono dalla mia bocca più come un sibilo.
«Sei qui perché confido nella tua sensibilità. Ho provato a farle domande ma non mi vuole dire niente. Ho pensato che magari tu potessi riuscire a capire come procedere»

Boundless love - Amore senza confiniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora