Nella tana del lupo (pt. 1)

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Quella mattina mi svegliai con un mal di testa a dir poco angosciante, effetto collaterale per aver esagerato con l'alcool la sera precedente.

Non appena aprii gli occhi una forte luce mi fece immediatamente trasalire, tanto che un mugugno lasciò le mie labbra. Mi alzai a forza con l'intento di raggiungere la tenda e posizionarla in modo che non passasse nessun raggio di luce.

Mi guardai allo specchio e per poco non trasalii: dai capelli ben acconciati della sera precedente ne era rimasto ben poco, sembravano più un ammasso informe che mi ci sarebbe voluto un po' per domare. Non ricordavo nemmeno di esser riuscita ad infilarmi la vestaglia da notte, eppure mi congratulai con la me del passato per esser stata previdente e non aver rovinato l'unico vestito decente che possedevo.

Decisi fosse necessaria una colazione che potesse aiutarmi a sistemare lo stomaco in subbuglio ed il mio senso di nausea costante, così, scesi le scale per dirigermi in cucina.

Purtroppo, non appena raggiunsi la mia meta, lo stomaco mi si chiuse immediatamente: mia madre era seduta al tavolo intenta a fissare un punto indefinito sul muro. Mi accorsi immediatamente del movimento spasmodico della sua gamba, segno inconfondibile della sua agitazione che segnava ogni sua crisi di nervi. In più, ebbi come l'impressione che stesse aspettando proprio me tanto che, non appena varcai la soglia d'ingresso, mi lanciò uno dei suoi sguardi inceneritori.

«Buongiorno». La sua voce fredda mi fece venire i brividi, il distacco era tale che mi sembrò che stesse parlando ad una sconosciuta.
«B-buongiorno mamma». Risposi titubante prima di versare del latte in una tazza. Avevo voglia di latte e biscotti, così ne presi qualcuno velocemente con l'intento di uscire da quella stanza il prima possibile.

«Eloise ho bisogno di parlarti». La voce di mia madre mi fece fermare sul posto. Mi voltai e i miei occhi colpevoli incrociarono i suoi accusatori. A malavoglia mi trascinai verso il tavolo e mi lasciai cadere sopra alla sedia molto poco delicatamente.

«Vorrei sapere cosa ti passa per la testa ultimamente». Proprio come pensavo: mi aveva fatto un'imboscata per rimproverarmi per chissà quale motivo.
«Cosa passa a me? Sei tu che è da giorni che mi guardi come se avessi ucciso qualcuno!» risposi prontamente sollevando le braccia al cielo in segno di esasperazione. Per me mia madre era tutto ciò che rimaneva della mia famiglia e questo suo silenzio punitivo era davvero difficile da sostenere.

«Non sei tu l'assassina in questa casa, Eloise. Ma l'ufficiale per cui hai perso la testa!».

Mia madre urlò quelle parole con tutta la forza che possedeva in corpo tanto che d'istinto posai le mie mani sulle orecchie per attutire il suono. Avevo taciuto in ogni occasione in cui mia madre aveva parlato male di Harold, ma in questa proprio non riuscii a rimanere indifferente:
«Lui non è un assassino». Mi limitai a dire in un sussurro.

Mia madre di rimando sbattè i pugni contro il tavolo e si alzò dalla sedia furiosa: «Non venire qui a raccontarmi stupidaggini. È un ufficiale della Wehrmacht e come tutti ha abbracciato ideali a dir poco disumani. Lo sai cosa sta accadendo in Germania in questo momento, mia cara Eloise?».

Quella domanda mi lasciò impreparata: avevo a stento il tempo di informarmi sulle notizie attuali, e poi, a dirla tutta, odiavo interfacciarmi con le atrocità che si stavano consumando in Europa a quel tempo. Scossi la testa e mia madre continuò: «Certo che non lo sai, stanno creando dei veri e propri campi di lavoro per gli ebrei! Hitler, quel fanatico, vuole punire uomini, donne e bambini solo per il fatto di appartenere ad una stirpe diversa dalla sua».

Boundless love - Amore senza confiniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora