Schlatt aveva sentito il terreno scontrarsi con le sue ginocchia con una tale forza da rimanere frastornato, era rimasto lì con lo sguardo vacuo, inginocchiato su un terreno che non aveva neanche la forza di guardare. Aveva sussurrato un nome ma la sua bocca agiva da sola e neanche lui sapeva che nome stesse pronunciando, chi stesse invocando. Poi era scoppiato a piangere: piegato su sé stesso, le braccia strette sullo stomaco e il volto che toccava terra, le lacrime che si mischiavano alla polvere. Era rimasto lì per quelle che gli erano parse ore, ma forse erano stati solo pochi minuti. In ogni caso, alla fine si era alzato tremante e con passo malfermo si era diretto da qualche parte, la testa vuota da ogni pensiero.
Neanche si era chiesto dove si trovasse.
Era vivo? Quella domanda non gli era neanche passata per la testa.
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Quackity si avvicinò al bordo della torre portandosi accanto all'uomo, che lo superava in altezza di una buona ventina di centimetri. Lo affiancò senza dire niente, le braccia conserte strette al petto e il volto serio.
"Schlatt, non puoi più rimanere qua", disse poi con un sospiro, "Non credo che tu capisca, ma-".
"No, riesco a capire, Q", disse lui lentamente, girando il volto verso il giovane, che lo guardò con aria leggermente sorpresa, "Grazie di avermi accolto qui, ma c'è ancora troppo in sospeso tra noi due".
Quackity sbuffò, "Non farmi apparire come un sentimentale: in passato abbiamo fatto insieme una campagna elettorale e tu mi hai tradito; adesso ho un paese mio, se vedessero che sono tornato in contatto con uno come te perderei la faccia, è una questione meramente politica", disse con tono serio, ma sul suo volto era dipinto un tenue sorriso.
"Grazie comunque".
Quackity era la prima persona che aveva incontrato. In quel momento aveva capito per la prima volta che il piano suo e di Joao aveva funzionato; era crollato immediatamente svenuto sul terreno, lasciando al giovane che se lo era appena ritrovato davanti una grande confusione in testa. In ogni caso, il presidente di Las Nevadas non ci aveva messo molto a capire la situazione, gli erano arrivate voci di morti che tornavano in vita. Era rimasto lì a guardarlo in silenzio, la testa in subbuglio che ripassava ogni singolo secondo in cui aveva odiato Schlatt con tutto sé stesso, ma l'uomo che vedeva davanti a lui sembrava solo stanco. Per questo non lo aveva ucciso, probabilmente era stata pura curiosità, o forse voleva provare a sé stesso di aver superato tutta la faccenda delle elezioni. Quando Schlatt si era svegliato, a Quackity era sembrato di parlare con una persona diversa. Non aveva fatto domande, non intendeva più immischiarsi in faccende che non lo riguardavano e di certo non si fidava più dell'ex-presidente di Manberg, ma sarebbe rimasto a guardare cosa questo nuovo Schlatt voleva fare.
"Dove pensi di andare?", chiese Quackity.
"Devo rivedere mio figlio".
Quackity lo guardò di sottecchi, "A me sta bene, ma vedi di non fargli del male".
"Non intendo fargliene".
Quackity annuì piano, "Meglio così", disse, e dopo qualche secondo aggiunse: "Credo che ti farà uccidere, ha fatto così con Wilbur".
"Mi starà bene, se quella sarà la sua scelta".
"Bene allora", Quackity gli diede due leggere pacche sulla spalla, poi si girò e si diresse verso la scala che portava giù, senza rivolgergli neanche un saluto, ma forse era la cosa migliore. Non poteva augurargli di rivederlo ma neanche dirgli addio, il silenzio a volte è tutto ciò che rimane.
Schlatt aspettò qualche minuto, poi anche lui scese dall'imponente edificio. Si diresse verso il bosco dietro a Las Nevadas e lentamente si incamminò verso Nuova-Manberg, o in qualsiasi modo si chiamasse il paese di suo figlio.
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Quello che viene dopo || Dream SMP
FanfictionQuando Schlatt aveva capito di stare per morire aveva accolto quell'idea con terrore, ma forse l'unica cosa che desiderava veramente era la morte: il nulla, scomparire e lasciarsi indietro i suoi peccati. Ma dopo la morte non c'era il nulla. Dopo la...