La sofferenza di Levi

2.7K 224 32
                                    

Camminava.
Intorno a lui c'era solo il nulla, eppure continuava a camminare, senza seguire una strada vera e propria, con l'unico obbiettivo di avanzare, di non voltarsi indietro, il silenzio come unico compagno...
Una mano gli chiuse la bocca.
Un coltello premette sulla sua gola.
Avrebbe voluto scappare, ma la presa dell'altro era troppo ferrea.
"È colpa tua... Se sono morto, è solamente colpa tua..."
Quella voce...
"Ti ucciderò... Ti porterò via tutto... poco per volta"
Lui conosceva quella voce...
"Farlan" mugugnò contro il palmo della mano ancora serrata sul suo viso.
La punta del coltello incise la pelle morbida del suo collo.
Il sangue si infraze al suolo, in un silenzio rumoroso quanto un uragano.

Levi scattò a sedere sul letto, ansimando, il corpo ricoperto di sudore, una mano che scattava frenetica verso la gola.
Era illeso, ovviamente.
Merda! Ancora quel sogno!
Da quando Farlan era morto quella visione continuava a turbare il suo sonno, e finiva sempre allo stesso modo: quello che una volta era stato il suo miglior amico lo minacciava di morte e di privarlo di tutto ciò a cui teneva...
Ma io non ho più niente...
Era proprio questo che lo turbava: per quanto si sforzasse, a Levi non veniva in mente nulla a cui tenesse così tanto da distruggersi se gli fosse stato tolto... Eppure le parole di quello spettro dovevano voler dire qualcosa...
Dannazione, è solamente un sogno! si disse non riuscendo a dargli un senso vero e proprio.
Il Capitano si ripeté quelle parole fino alla nausea, ma nonostante questo i suoi occhi rifiutarono di tornare a chiudersi: appena abbassava le palpebre, il viso di Farlan tornava a tormentarlo, non importava da che parte si girasse, o con quanto zelo cercasse di pensare ad altro.
Come ho fatto a ridurmi così? si chiese Levi.
Aveva visto tanti soldati morire, eppure nessuno di loro era mai venuto a perseguitarlo in quel modo...
Ormai rassegnato a passare la notte in bianco, l'uomo decise di riesaminare i risultati che il nuovo moccioso aveva ottenuto durante l'addestramento: non aveva molta agilità, ma la resistenza e la forza fisica non gli mancavano... Peccato che il requisito primario per adoperare il Meccanismo di Manovra Tridimensionale fosse proprio l'agilità...
Devo anche testare quanto reggono i suoi nervi... e devo tenerlo d'occhio, si rammentò l'uomo.
Erwin era stato chiaro in merito: ad Eren sarebbe stata data una possibilità di unirsi alle loro fila, ma Levi avrebbe dovuto assicurarsi, almeno per i primi tempi, della sua effettiva innocenza...
Era un compito che Levi poteva svolgere senza problemi: aveva sempre avuto il dono di inquadrare una persona poco dopo averla conosciuta.
Il sole gettò i suoi primi raggi, ancora freddi, sul letto dove l'uomo era seduto.
Sospirando, Levi si preparò ad iniziare una nuova, schifossissima giornata.

_______________________________________________________

Eren si accorse che Levi aveva qualcosa che non andava non appena lo vide arrivare: i suoi occhi erano cerchiati di scuro e la sua espressione era... triste, forse?
Cosa gli sarà successo?
Il ragazzo non sapeva perché gli fosse venuta quella curiosità, ma la sua bocca si mosse da sola a pronunciare la domanda: "Qualcosa non va, Capitano?"
"Comincia a correre anziché impicciarti degli affari miei" fu la risposta che ottenne.
Non gli restò che obbedire.
Dopo venti giri di corsa, Eren avrebbe voluto gettarsi a terra e dormire, ma forzò il proprio fisico fino al limite, rifiutandosi di dare al moro un qualsiasi pretesto per definirlo una di nuovo femminuccia.
"Vieni qui, moccioso" gli disse ad un certo punto, e lo condusse in uno spiazzo poco distante dalle mense, dove degli strani congegni vagamente simili a delle altalene facevano bella mostra di sé.
"Li vedi quei ganci ala fine delle corde di acciaio?" volle sapere Levi.
Eren annuì.
"Fissali alla tua imbragatura"
Eren fece come gli era stato detto, anche se non capiva ancora a che servissero quei cosi.
Dopo che il ragazzo fu agganciato alle corde di acciaio, il più grande si posizionò al lato dell'apparecchio e cominciò a riavvolgere i cavi girando una manovella.
Eren si sentì sollevare da terra, e un istante dopo si trovò appeso a testa in giù come un salame.
"Ma cosa...?"
"Tira su il busto, moccioso" ordinò Levi. "Voglio che tu rimanga in equilibrio su quei cavi più al lungo che puoi" aggiunse poi.
Il castano contrasse gli addominali, cercò di darsi la spinta in avanti, ma qualsiasi cosa facesse non riusciva a mantenere l'equilibrio per più di qualche secondo... Maledizione! Già immaginava quanto l'altro lo stesse deridendo vista la sua incapacità di eseguire l'esercizio...
Levi invece lo osservava, e vedeva un ragazzo determinato a riuscire in qualsiasi cosa facesse... esattamente come era stato il suo amico.
All'immagine di Eren (che in quel momento era riuscito a raddrizzarsi) si sovrappose quella di Farlan.
Le lacrime punsero gli occhi del Capitano, come succedeva ogni volta che pensava all'amico, ma non poteva permettersi di mostrare il suo lato umano a nessuno, neanche a quella recluta appena arrivata, quindi cercò di sfogare la prorpria sofferenza sul ragazzo che era finito a testa in giù un'altra volta.
"E tu dicevi di voler combattere i Giganti?" lo derise. "Uno che non riesce a mantenere l'equilibrio in aria per più di due secondi non può essere utile nemmeno come esca!"
Si sentì uno schifo subito dopo aver detto quelle cose, ma se non si fosse sfogato in qualche modo sarebbe esploso, e non doveva accadere, assolutamente.
Eren però era stufo dell'atteggiamento del più grande: non era disposto a tollerare oltre né i suoi sbalzi d'umore né i continui insulti con cui gli si rivolgeva.
Portandosi le mani ai fianchi, il ragazzo sganciò i supporti che lo legavano a quella sottospecie di altalena, finendo a terra con un movimento fluido e rialzandosi subito dopo per andare a passo spedito verso l'uomo che gli stava davanti.
Gli mollò un pugno in piena faccia, con tutta la forza che aveva.
Levi non si era minimamente aspettato quel gesto, quindi non fece in tempo a difendersi, e finì seduto per terra, la mano premuta sul naso rotto nel tentativo di bloccare il sangue. Non riuscì ad impedirsi di mugugnare di dolore.
"Sono stufo del modo in cui mi tratti!" urlò Eren, fissandolo con gli occhi smeraldini accesi di rabbia.
"Giuro che te la faccio pagare, moccioso..."
"Sarai anche il soldato più forte di tutti, ma questo non ti da il diritto di trattarmi così... come se fossi sterco sotto il tuo stivale... Non è colpa mia se qurll'idiota del tuo amico ha preferito morire al posto tuo!"
Levi tremò di rabbia: quel moccioso... quell'insignificante, schifoso e inutile pezzo di merda... con che diritto dava dell'idiota a Farlan? Come osava?! Incurante del pugno appena ricevuto e del fatto che il proprio naso fosse ancora rotto, il Capitano si scagliò contro la recluta guidato solo dalla ceca rabbia, con l'intenzione di ucciderlo.
Finirono a terra entrambi, in un groviglio di polvere, braccia e gambe, uno intento a colpire, l'altro più che altro preoccupato di proteggersi da quella furia.
"Come fai a sapere che Farlan è morto?! Con che diritto gli dai dell'idiota?!" le lacrime che Levi aveva precedentemente trattenuto trovarono improvvisamente via libera, e scesero sulle guance pallide dell'uomo, lungo il suo collo...
Eren le vide, e ne rimase stupito: molto spesso aveva visto il Capitano Levi durante le spedizioni dell'Armata Ricognitiva, mentre uccideva anche cinque Giganti uno di seguito all'altro senza mostrare la minima emozione, incurante del sangue che gli imbrattava le vesti... Tutte le volte che Eren sotto forma di Titano aveva visto Levi, gli era parso che quell'uomo un cuore non ce lo avesse, ma ciò che stava osservando ora dimostrava l'esatto contrario...
Ho esagerato, pensò. Non gliene sarebbe dovuto importare niente di arrecare dolore all'acerrimo nemico della sua razza, eppure il petto gli doleva se si soffermava troppo a guardare gli occhi dell'altro, liquidi per il pianto e scuri per la rabbia, e il suo viso di solito così bello ora contratto, probabilmente nel tentativo di trattenersi dal manifestare appieno ciò che provava.
Quasi senza accorgersene, Eren smise di cercare di proteggersi dai colpi che il più grande gli dava, offrendogli il proprio corpo come valvola di sfogo, pensando potesse essere un modo per chiedergli scusa...
Levi continuò a tartassare di pugni quel giovane corpo sotto di lui, bloccandosi solo quando si accorse che l'altro aveva smesso di reagire: ormai la sofferenza e la rabbia che reprimeva da giorni erano scemate almeno un po', e temette di aver davvero ucciso il ragazzo...
Lui però lo fissava quasi sorridendo, nonostante il viso ricoperto di lividi.
"Eccoti" disse poi, d'un tratto consapevole di aver appena visto il vero Levi. Era sicuro che pochi avessero avuto il privilegio di vedere il lato umano del Capitano, ma decise che quello gli piaceva di più, rispetto alla maschera di indifferenza che l'uomo indossava solitamente.
Ma che mi metto a pensare...
L'uomo scivolò via da lui, stendendosi al suo fianco e fissando il cielo limpido. Improvvisamente, forse per lo sfogo appena consumato, Levi si sentiva esausto. Eren anche.
"Scusa se ti ho usato per scaricarmi" disse il moro.
"Scusa per le cose che ho detto sul tuo amico" rispose il castano.
"Com'è che sai della sua morte?" chiese Levi guardandolo.
"Le altre reclute parlano parecchio"
"Già..."
Levi si ripromise di sgozzarle tutte una per una, più tardi.
"Senti," riprese Eren "so che non sono tra i migliori, ma mi impegnerò più che posso, giuro..."
"D'accordo" fece il Capitano "tu impegnati davvero, e io cercherò di trattarti un po' meno duramente"
"È un buon compromesso" sorrise il più piccolo.
Levi pensò che quel sorriso fosse davvero bello... e che avrebbe voluto vederlo più spesso.

Mi sono fatta perdonare per l'attesa con questo luuuuungo capitolo vero? ;-)
Spero vi piaccia
♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡

Il Flagello dell'UmanitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora