Febbre e sogni speculari

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Sentiva dei suoni, delle voci intorno a sé, e avrebbe voluto aprire gli occhi per vedere chi gli era vicino, ma quelli si rifiutavano di ubbidire alla sua volontà, e rimase avvolto nelle tenebre... Le voci erano troppe perché lui potesse dare loro un nome, ma tra tutte, ce n'era una che in qualche modo gli sembrava di riuscire a riconoscere...

A tratti, percepiva le mani di qualcuno sul proprio corpo, e a volte, il fatto che lo toccassero gli causava dolore in certi punti, ma ancora non era abbastanza presente a se stesso per rendersi realmente conto di cosa stesse accadendo...

Poi giunse la febbre, e con essa il calore dell'inferno e gli incubi: sudava, non riusciva a respirare, e poi venivano a fargli visita demoni senza forma e nome, ammassi di oscurità che lo avvolgevano senza lasciargli una sola via di fuga, sussurrando alle sue orecchie parole incomprensibili, in un linguaggio antico e onirico... Ma c'era sempre qualcuno che veniva a salvarlo, ogni volta che quelle visioni orrende arrivavano sul punto di farlo impazzire, la voce che riconosceva lo chiamava, calde braccia lo stringevano dolcemente, e lui finiva sempre per calmarsi... Quando succedeva, a volte, qualcosa di morbido e carnoso si poggiava sulle sue labbra, e lui, pur nella nebbia della febbre, adorava quando questo succedeva...

E poi arrivò il peggiore degli incubi, e non soltanto per lui: anche il Capitano sognò. Quei sogni erano l'uno il riflesso dell'altro.

La nebbia era tanto fitta da non permettergli di vedere quasi niente... Gli altri membri della Legione li aveva smarriti da un pezzo, ma un uomo era rimasto accanto a lui. Non vedeva il volto di quell'individuo, ma sentiva che se gli fosse rimasto vicino sarebbe andato tutto bene, e camminavano, entrambi, senza una meta precisa, per un tempo impossibile da calcolare...

Poi comparve una figura.

Lui non lo vedeva con chiarezza, non era nemmeno sicuro se fosse un uomo o una donna, ma la sua voce la sentiva come se fosse solo a pochi millimetri da lui: "Vieni," diceva "vieni via con me".

Non si mosse: non voleva allontanarsi dall'uomo che gli stava affianco.

La figura ripeté le stesse parole di prima, più e più volte...

Era dolce, la sua voce, e gli parve più confortevole del silenzio dell'altro soldato... Gli parve più sicura...

Si avviò verso quella sagoma sfuocata.

Qualcosa lo bloccò: l'altro soldato lo teneva per un polso.

Solo in quel momento, lui vide il suo volto: pelle candida... occhi grigi e taglienti... labbra sottili... capelli d'ebano.

"Levi..."

"Non andare..." erano lucidi, gli occhi del Capitano... Lo stava supplicando.

"Vieni via con me" cantò la voce della figura nascosta.

Era un suono dolce...

Riprese ad avanzare verso di esso, si divincolò dalla presa del Capitano.

"Non andare... Non andare..." Levi lo seguiva, lo chiamava, ma la sua voce quasi non si sentiva, non valeva nulla se messa a confronto con quella dell'essere misterioso che lo chiamava...

Fu davanti a colui che lo aveva chiamato, Eren, ma volle girarsi un' ultima volta a guardare il Capitano: l'uomo era fermo a poca distanza da lui, e tendeva le mani, e provava ad avanzare, ma non ci riusciva... e piangeva.

Braccia forti cinsero il suo corpo da dietro, ed Eren si girò.

Vide finalmente il volto della creatura che aveva cantato per farlo avvicinare a sé: viso allungato... capelli biondi... occhi azzurri... occhi crudeli.

Ebbe paura, il ragazzo; volle tornare dal suo Capitano... Gli fu impossibile: "Verrai con me" sussurrò al suo orecchio il ragazzo biondo, e quelle parole risucchiarono le sue forze.

Tese le braccia verso quelle ancora tese di Levi, forzò tutto il proprio essere tentando disperatamente di raggiungerlo... pianse vedendo che non ci riusciva... Provò ancora, e ancora, fino a sentire i propri muscoli lacerarsi per la troppa tensione, e vide Levi fare la stessa cosa...

Le punte delle loro dita si sfiorarono.

Una lama di luce esplose dietro di lui.

Levi venne tagliato in due.

Il suo sangue esplose, tinse ogni cosa di rosso.

Continuò a guardarlo, gli occhi e le guance ancora bagnati di lacrime, anche se ormai non era più vivo...

Eren urlò.

Si dimenò.

Pianse.

Poi fissò il ragazzo biondo, un'ultima volta, prima di sentire la propria testa staccarsi dal collo.

Il Flagello dell'UmanitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora