15. Where it all ends

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CATHERINE'S POV

Mi staccai a fatica dalle sue labbra, sentendomi completamente dipendente da esse.
Restai comunque stretta tra le sue braccia; lui stesso non aveva intenzione di lasciarmi andare, non dopo avergli assicurato di essere completamente sua.

Sua...di Thomas Bane, non di un ragazzo qualunque.
Diamine.

Lo fissai negli occhi, vedendo in essi un luccichio che non avevo mai visto prima d'ora, ma che non riuscii a decifrare.
I suoi occhi erano fatti dei più potenti magneti; capaci di risucchiarti all'interno di essi e spogliarti di ogni sicurezza, lasciandoti a cuore aperto di fronte a lui ed a tutta la sua aura di pura forza, dandogli la possibilità di distruggerti partendo proprio dal centro di te, dal cuore pulsante della tua persona.
Credo fosse questo uno dei tanti motivi per il quale Thomas Bane era l'uomo più temuto del momento, non era solo la sua infinita intelligenza o la sua furbizia a renderlo pericoloso per ogni essere vivente, era la sua essenza stessa, il suo essere in grado di mettere a nudo ogni persona ed afferrarla dal suo punto più debole, per poterne poi decidere il destino.

Restammo così per un po', a fissarci in silenzio come se fossimo le uniche persone rimaste al mondo.
Lui con uno sguardo indecifrabile, ed io persa in esso.

Corrugai la fronte quando d'un tratto fui colpita dal pensiero che in effetti, non eravamo le uniche persone rimaste al mondo.

Mamma e papà.
Bruce.

Era domenica, il weekend stava finendo, ed i miei genitori sarebbero tornati a casa quella sera stessa.
Se volevo sperare di restare in vita abbastanza da vedere la luce del giorno dopo, sarei dovuta tornare a casa per parlare con Bruce e mettere la situazione in chiaro una volta per tutte.

-Devo tornare a casa...- sbuffai, passandomi le mani sul volto.

Due mani tatuate abbandonarono i miei fianchi per andare ad avvolgere i miei polsi, e allontanarmi le mani dal viso.
Aveva dipinto sul volto il suo solito ghigno furbo.

-Vengo con te- enunciò, abbassandosi alla mia altezza, restando a pochi centimetri dal mio viso.

Corrugai la fronte di nuovo, chiedendomi se si fosse scordato dell'interazione che aveva avuto poco prima con mio fratello.

-Ho bisogno di parlare con Bruce e sistemare questa cosa- scossi la testa, sentendo la sua presa sui miei polsi stringersi mentre mi avvicinava ancora di più a se.

-Ci penso io a lui- tuonò, come fosse un ordine, e si staccò da me dopo avermi lasciato un bacio sul lato della bocca, rivolgendomi le spalle e dirigendosi verso quella che sembrava la sua cabina armadio.

Restai in piedi in mezzo alla stanza per qualche istante cercando di comprendere le sue parole; a fissare lo stipite della porta dietro alla quale era scomparso poco prima, per poi tornare in me e dirigermi all'interno di essa a passo veloce.
Arrivai dentro alla cabina armadio, posizionandomi a pochi centimetri dall'isola al centro di essa; in soli pochi istanti era riuscito a farmi ribollire il sangue.

-Che vorresti dire con "ci penso io a lui"?- chiesi, facendo le virgolette con le mani nel momento in cui citai la sua frase precedente.

Thomas si girò verso di me con noncuranza, mentre teneva in mano davanti a se due paia di pantaloni diversi.
Mi guardò per pochi istanti, non interessandosi minimamente della mia evidente irritazione, per poi girarsi di nuovo verso la scaffalatura nera su cui vi erano piegati numerosi paia di pantaloni diversi.

-Vuol dire esattamente quello che ho detto- la tranquillità con cui quelle parole uscirono dalla sua bocca mi fece arrabbiare e preoccupare allo stesso tempo.

STREETS - a mafia love storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora