I hope you know.

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Sesto.

Il sesto giorno che Manuel metteva piede in quella stanza di ospedale così silenziosa da far fischiare le orecchie.

Il sesto giorno che si avvicinava al letto, gli rimboccava le coperte un po' più su e si sedeva sulla poltroncina che era comparsa nella stanza a sostituzione della sedia in legno, quando avevano visto che il ragazzo passava tutte le giornate lì dentro.

«gliel'ho detto a Sara de sistemattele più su ste coperte che te c'hai sempre freddo» gli disse mordendosi una pellicina, spinse la poltrona un po' più vicina al letto e si mise seduto.

Solo in quel momento lo guardò in viso, uguale ai giorni precedenti fatta eccezione per la fasciatura intorno alla testa che gli era stata cambiata quella mattina stessa probabilmente. Non lo aveva mai toccato in quei sei giorni perché non si erano lasciati nel migliore dei modi e in realtà non sapeva nemmeno se gli facesse piacere che fosse lì a tenergli compagnia tutto il giorno, non voleva che una volta sveglio si arrabbiasse per essersi preso delle libertà che non gli spettavano.

Perché si sarebbe svegliato, di questo Manuel ne era certo.

Mentre continuava ad accarezzarne i lineamenti con gli occhi fece il suo ingresso l'infermiera minuta che ormai sembrava aver preso a cuore entrambi.

«Sa' per favore la mattina le coperte-»
«mettile più su che c'ha freddo, lo so Manuel non mi sono scordata» rispose lei avvicinandosi al letto per prendere i parametri. «è che a lui probabilmente piace quando lo fai tu»
Una smorfia di disappunto si formò sul volto di Manuel che spostò lo sguardo sulle proprie scarpe mentre Sara sistemava il tubetto dell'ossigeno sul viso di Simone.
«non credo Sa', anzi» borbottò. «a sta qua probabilmente sto a fa l'ennesima cosa che non vorrebbe» riprese a torturarsi la pellicina puntando lo sguardo sulle lenzuola candide. «però so egoista, non riesco a staje lontano»
«come credi, io le coperte continuo a lasciarle giù, così sei costretto a venire per rimboccargliele» rispose lei prima di uscire dalla stanza.

Si ritrovò nuovamente a fissare quel viso impassibile pensando che, l'ultima volta che lo aveva guardato da sveglio, era contratto nell'espressione più arrabbiata che avesse mai visto. E sperò di vederla di nuovo quella faccia corrucciarsi, quell'espressione di rabbia formarsi e quegli occhi aprirsi.

«pure se non me vorrai più vede' svegliate Simo'»

**

Manuel era meteoropatico, non che i dieci giorni precedenti fossero stati questa grande gioia, ma quel giorno di pioggia entrò in ospedale già sull'orlo delle lacrime, ancora prima di vedere Simone.

Ormai i suoi movimenti erano meccanici, arrivava, poggiava il giacchetto, si avvicinava al letto e tirava le coperte fin sotto il mento, stando ben attendo a non toccarlo. Ma quando si mise seduto cambiò qualcosa, perché la voglia di toccarlo si presentò più forte rispetto agli altri giorni e non riuscí a frenare la mano che si allungò per sfiorare la sua, scostando la coperta. Solo quando la loro pelle entrò in contatto si accorse di quanto fosse freddo il corpo, alzò subito la testa verso i parametri e vide che tutto era regolare, quindi decise di scaldarlo da se stringendo la mano tra le sue e sfregandola leggermente.

«buongiorno Manuel» disse Sara entrando in stanza.
«è normale che sia così freddo? Se sta a congela', c'avete un'altra coperta?» la ragazza si fermò a guardarlo mentre cercava di riscaldare quella mano completamente abbandonata tra le sue e le si strinse il cuore davanti a quel tentativo disperato di sfogare il proprio amore in qualche modo.
«è normale, sta fermo da dieci giorni»
«se lamenterà sicuro quando se sveglierà» disse, ma sulle labbra spuntò un sorriso amaro perché Manuel era convinto che si sarebbe svegliato, solo che dopo dieci giorni non aveva idea del quando.

Tazze. | Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora