S U I C I D E

170 10 2
                                    

9| S U I C I D E

Da lontano avevo stimato che quell'uomo potesse essere sulla trentina, ma la mia ipotesi era crollata una volta avvicinatami a lui, i tacchi non erano un problema per me, sapevo come portarli, ma quella sera era come se fossi tornata alla prima vo...

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Da lontano avevo stimato che quell'uomo potesse essere sulla trentina, ma la mia ipotesi era crollata una volta avvicinatami a lui, i tacchi non erano un problema per me, sapevo come portarli, ma quella sera era come se fossi tornata alla prima volta che li avevo indossati. Ero tesa e impacciata. Non sapevo flirtare infatti speravo sempre che fossero gli altri a fare la prima mossa. E seppur fossi certa di non essere un T-Rex mastodontico con i tacchi che camminava per quella sala luminosa un po' mi ci sentivo.

Era bastato che mi appostassi alle sue spalle e pronunciassi la parolina magica "Rose" perché mi scortasse fino ad un divanetto, sentivo la presenza della sua mano alla base della schiena, seppure non mi stesse toccando, immaginai volesse apparire come un gentiluomo, nonostante sapesse che ormai gli appartenevo per le prossime ore e potesse dar sfogo alle sue più recondite perversioni...

Era un uomo di almeno cinquant'anni, aveva degli occhi azzurri piccoli e avveduti, una pelle secca e screpolata e i suoi capelli erano di un castano scuro che andava a perdersi nel grigio. Nulla in lui mi diede un minimo di serenità, ero a disagio e mi sentivo in pericolo, ma dovevo fare in modo che lui non se ne accorgesse.

Quando ci accomodammo ne approfittai per accavallare subito le gambe sperando che, concedergli di vedere la mia pelle nuda, fosse una buona idea affinché quella conversazione finisse in fretta e passassimo alla fase successiva del piano. Anche se facevo parte di questo "piano" ne ero totalmente allo scuro e non ero certa di volere che le cose cambiassero. M'importava solo che il mio ruolo finisse in fretta e di passare la palla a quei due.

A detta loro sarebbero saliti in camera quindi sapevo di non avere nessuno con gli occhi puntati addosso e questo fu un misto di terrore e sollievo per me.

Mi porse un calice di vino rosso ma io rifiutai educatamente con un cenno. Io non bevevo, mai, l'unica volta che avevo trasgredito alla mia stessa regola avevo vomitato davanti alla faccia di Orphan e non avrei voluto ripetere quell'accaduto.

Dopo che i suoi occhi mi scivolarono prima giù e poi risalirono tutto il mio corpo aprì finalmente bocca <Non ti piace bere?> Mi chiese buttando giù un sorso dal suo calice. Potei vedere le sue labbra chiudersi intorno al bicchiere e un gelo mi investì.

<Mi piace essere lucida quando sto con un uomo, perché voglio fare del mio meglio per soddisfarlo> Sussurrai smielata azzardandomi ad avvicinare il mio corpo al suo così che potesse immaginare meglio cosa nascondeva la mia scollatura.

Alzò il braccio verso di me e con le sue dita mi prese una ciocca di capelli <Sembri così giovane> Rifletté <Quanti anni hai?>Volle sapere.

Quanti anni sarei arrivata a dimostrare per sembrare credibile? Tirai un numero a caso pregando l'avesse convinto <Venticinque> Mentii sbattendo le ciglia.

Posò il suo calice e lo sostituì con la mia pelle, prese ad accarezzarmi la coscia scoperta, prima con premura poi con più appetito <Sei davvero bella> Si sporse per sfiorare il mio collo nudo con il suo naso e assaporare il mio profumo con una lunga sniffata <Va tutto bene? Sembri rigida>Notò.

DANGEROUSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora