Verso Calais, Settembre 1940
«Per quanto ancora dovremo camminare?»
«Fai silenzio, o ci metterai nei guai entrambi.» Leonhard parlava con un inglese stentato, mentre gli altri militari lo tenevano d'occhio, diffidenti.
Superate le dune alla fine della spiaggia procedettero verso Nord-Est, infilandosi nella vegetazione campestre tra i nidi della contraerea. In mezz'ora raggiunsero un sentiero battuto e di lì il primo posto di blocco, poi proseguirono ancora a piedi lungo la strada asfaltata che li avrebbe portati a Calais; dopo un'altra mezz'ora i soldati si fermarono. Uno di loro, il più grosso del quartetto che li scortava, a quanto pare doveva orinare.
Leo riuscì a scroccare qualche galletta, dopo molte preghiere. Cercando di non sembrare troppo clemente, ne allungò una a Charles. «Ce la fai a proseguire? Hai bisogno anche tu della latrina?»
Charlie, le mani legate dietro alla schiena, addentò la galletta che Leo teneva in mano. Mentre masticava gli venne un'idea. «Sì» gli disse, «Ma è ovvio che non posso con le mani legate.»
Leo guardò gli altri soldati, seduti al margine della strada, troppo affamati per badare a loro. Sbuffò e si allungò verso la catenella che teneva strette le mani del prigioniero. «Non fare scherzi però.»
Charlie s'ammutolì e si sciolse le spalle e i polsi, quindi si voltò e s'allontanò di due passi, senza pudore, fischiettando il motivetto di una vecchia canzone sentita a Berlino una volta. Se ricordava bene, Leo l'adorava.
«Ehi, che fate?» urlò uno della pattuglia.
«Lo tengo d'occhio, tranquillo» gli rispose Leonhard piegando il capo. «Smettila. Cosa speri di ottenere fischiando?»
«Niente, Leo, niente.»
«Non chiamarmi per nome.»
Charlie sospirò. In fondo che si aspettava? Come al solito si era dimostrato un vero idiota, a non considerare le conseguenze delle sue azioni, come quella volta in hotel a Berlino, quando s'era dimenticato le lamette. Ma non poteva avere sempre fortuna.
Si riallacciò i pantaloni e tornò verso Leonhard, che alzò la testa e agitò la catenella. Con gli occhi pieni di vergogna sembrava chiedergli scusa.
«Non doveva andare così» mormorò avvicinandosi e allungando le manette verso i polsi di Charles.
«Già.»
L'inglese gli si avventò addosso e lo afferrò al collo, con l'altra mano puntando alla fondina. Leonhard gridò spaventato e i fanti tedeschi urlarono e scattarono in piedi. La Walther P38 volò fuori dal fodero e trovare la leva della sicura, a sinistra, fu incredibilmente facile. I soldati puntarono i fucili.
Partì un colpo e poi un secondo.
Due soldati caddero, e gli altri s'accovacciarono e spararono, mancando il bersaglio.
«Charlie!»
Charles si gettò all'indietro e cercò riparo dietro un albero al margine della strada, trascinando con sé l'ostaggio. Leo tirava e spingeva contro il braccio che gli stringeva il collo.
«Resta calmo» gli disse.
Proiettili fischiarono e si schiantarono contro la corteccia.
«Sei pazzo!»
«Andrà tutto bene, Leo.»
Charles allentò la presa e Leo ne approfittò, scivolò sotto il braccio che lo teneva e torcendosi afferrò la destra.
«Leo, no!»
«Lascia... la... pistola.»
Entrambi tremavano e premevano sull'arma. Udirono rumore di passi.
«Lasciala.»
Partì un colpo.
Charlie sussultò ed emise un gemito, si fece molle e s'accasciò sul compagno.
«No!» urlò Leo.
La pistola cadde a terra, ma nessuno ci badò. Charlie si premette una mano al ventre, dove l'uniforme andava scurendosi. Leo si piegò e lo adagiò al suolo, stringendolo a sé, premendo sulla ferita, tenendogli le mani. Ma l'emorragia non si fermava.
«Non mi lasciare, Charlie, non mi lasciare!»
Charles rantolò e allungò una mano ad afferrare l'aria, annaspando per raggiungere il volto amato.
«Sono qui, resisti. Datemi della morfina, bende, qualcosa! Per favore...»
I due soldati rimasti non si mossero, rigidi e impassibili. Il più grosso lo fissava con grandi occhi ottusi, vacui, e non reagiva, non sembrava capire.
«Non andartene, Charlie, mi dispiace.»
Entrambi divenivano più pallidi a ogni secondo trascorso. Charles gemette ancora. Leo gli prese la mano e la strinse a sé, la baciò.
«Leo...»
«Lo so, Charles, ti amo anche io.»
La luce abbandonò gli occhi di entrambi, lasciando solo sangue sudore e lacrime. Leo fu scosso da tremiti e singhiozzi e dimenticò il mondo intorno e la guerra. Erano solo lui e il suo pianto.
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La scintilla dell'Adlon. Completa
Historical FictionCharles Acton e Leonhard Von Hinten sono due figli dell'aristocrazia. Il primo inglese, il secondo prussiano, s'incontrano all'Hotel Adlon nella Berlino del 1932 e tra i due si accende presto una passione bruciante. Le loro vicende si intrecciano a...