15. Resta con me

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Capitolo 15: "Resta con me"

Vi è mai capitato di svegliarvi in piena notte con la sensazione di non avere il controllo del proprio corpo? Come se qualcuno vi tenesse incollato al materasso e il corpo è bloccato completamente?
Questo fenomeno è noto come paralisi del sonno ed è un disturbo tanto frequente quanto angosciante.
Nel mio caso segue dopo l'assunzione di ansiolitici, perché mi portano a dormire più del dovuto, anche se il sonno non è sempre tranquillo.
Quando mi svegliai la mattina successiva al litigio con Federico, ero così tranquilla che pensai di aver assunto un numero illimitato di Xanax, ma in realtà realizzai che forse non ne avevo neanche bisogno in quel momento.
Mi tirai a sedere e poggiai la schiena alla spalliera del letto, in quanto la testa iniziò a girare.
Al mio fianco c'era il telefono.
Il numero di chiamate da parte dei miei genitori e di Noah era senza fine, ma a me non importava.
Perché era una mia scelta, volevo stare sola in quel momento.
L'ora segnava le dieci passate e così mandai a benedire la mia giornata di lavoro.
Mi alzai piano dal letto, scostando le coperte che erano cadute tutte da un lato e a passo decisamente lento, mi diressi in cucina per fare colazione.
Inutile dire che il telefono era rimasto chiuso in camera, in modalità silenziosa, perché non volevo ascoltare nessuno, solo il silenzio che mi circondava. Eppure quello faceva troppo casino.
Mi stropicciai un occhio, mentre portai la tazza di caffè fumante alle labbra.
Quella pace mi stava rilassando tanto e capii in quel momento, che avevo bisogno solo di quello.
Starmene chiusa in casa, con il silenzio intorno e il cervello staccato.

Da fuori poteva sembrare che fossi una ragazza estremamente complicata e in effetti era proprio così. Ma infondo chi non nasconde qualche piccolo demone dentro?
Nel mio caso era più di "qualche" ed estremamente più grande di "piccolo", ma riuscivo a conviverci tutto sommato, tranne quando prendevano il sopravvento, come in quel caso.

Mi sentivo fragile in quel momento, per il semplice fatto che capii che ero davvero dipendente da Federico, mi era bastato un piccolo litigio ed ecco che tornai ad assumere gli ansiolitici, forse quella storia per me era troppo dannosa, forse dovevo mettere un punto definitivo a quel capitolo della mia vita e cercare di andare avanti. Perché ero stata senza di lui per tutto quel tempo, poi lo avevo conosciuto e stare lontano da lui era stato molto difficile, perché continuava a insinuarsi nella mia testa come un chiudo fisso. Poi avevamo iniziato a passare del tempo insieme, ci eravamo baciati e quasi pensai che stava andando bene, ma invece ero scivolata di nuovo nel buio. In pratica stare con lui o stare senza di lui mi riportava ugualmente a stare male e io ero decisamente stufa di stare male.
Pensai che forse non eravamo adatti a stare insieme, che era meglio, come gli avevo detto il giorno precedente, non rivederci più, eppure non mi sentii minimamente meglio.
Che gran casino che avevo in testa.

Mi alzai dalla penisola della cucina e mi sistemai la tazza e il barattolo di biscotti, per poi andarmene sul divano, mi rannicchiai e mi coprii con un plaid.
Stavo davvero oziando sul divano di casa mia, non ricordai nemmeno l'ultima volta che fosse successo in realtà.

Mi sentivo rilassata, per una volta, in quel periodo riuscii a chiudere gli occhi e ad ascoltare la pace che regnava intorno a me.

Stavo quasi per addormentarmi di nuovo, quando sentii qualcuno alla porta bussare con insistenza.
Sbuffai, ma restai rannicchiata sul divano, senza nessuna intenzione di andare ad aprire.
Ma ovviamente, chiunque fosse al di fuori, non aveva nessuna intenzione di andare via.
Continuò a bussare come se non ci fosse un domani e pensai che da un momento all'altro il campanello si rompesse.

Sbuffai di nuovo e mi alzai.
Mi avvicinai alla porta e la aprii.

«Per fortuna sei viva» Noah mi strinse forte tra le sue braccia, ma io lo respinsi quasi subito, staccandomelo da dosso.
«Che ci fai qui?» chiesi in tono disinteressato chiudendo la porta.
«Stai scherzando spero, ti avrò lasciato cinquecento messaggi e altrettante chiamate, ma essendo che sei una stupida e non mi rispondi mi hai fatto morire dalla paura» disse molto sinceramente.
«Esagerato. Ti ho avvisato che sarei tornata qui» dissi incrociando le braccia al petto.
«Che è successo con Federico?» la sua domanda mi spiazzò un po' a dire il vero, ma cercai di restare integra al suono del suo nome.
«Niente che ti riguardi» risposi.
«Oh andiamo Chloe, dovrai pur parlare con qualcuno. Anche mamma e papà sono preoccupati» disse mentre si sedeva sul divano.
«Si certo, sono preoccupatissimi, come quando ieri mi hanno fatto sentire una figlia indegna. Per colpa loro ho litigato con Federico e gli ho detto delle cose orribili» rivelai, lasciandomi cadere sul divano a peso morto.
«Lo sai che loro avevano buone intenzioni, ci sono solo rimasti male perché non gli hai parlato» alzai un sopracciglio mentre Noah parlava, perché sembrava fosse venuto qui per fare il paladino della giustizia, anziché accertarsi che stessi bene.
«No Noah, loro hanno reagito così perché lui è lui e non qualcun altro» dissi incrociando di nuovo le braccia.
«Dai smettila Chloe non è così» respirai profondamente e chiusi gli occhi per un istante.
«Va via Noah, ti prego, voglio stare da sola» dissi poi aprendo gli occhi con calma.
«No che non me ne vado, stai male, non ti lascio da sola».
Mi appellai a tutta la mia calma per non urlargli contro che non avevo bisogno di lui e di nessun altro in quel momento, ma al contempo mi sentivo fragile e pronta ad esplodere.
Respirai ancora a fondo, cercando di calmare il peso sul petto che stava iniziando a formarsi.
«Chloe, respira con calma» Noah mi prese una mano. Sentii il tocco e poi la stretta e sentii bene anche le lacrime che stavano scendendo.
«Voglio stare da sola» sussurrai piano mentre cercavo di respirare in modo normale.
Mi alzai dal divano e corsi in camera.
Arrivai al comodino e presi di nuovo quel flaconcino tra le mani.
Tolsi il tappo ed esattamente come la sera precedente, ne lasciai cadere una sul centro del palmo.
«Che cazzo fai? Hai di nuovo bisogno dello Xanax?» Noah era alle mie spalle, mentre io mandavo giù la pillola.
«É tutta colpa vostra cazzo, non mi lasciate altra scelta, ora va via e non tornare» gli urlai contro.
Mi chiedevo cosa ci fosse di difficile da comprendere, chiedevo un po' di tempo per stare da sola.

L'intervista || Federico Chiesa Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora