Prologo

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"In questo caso posso aiutarla io. – dico con tono convincente, il mio obiettivo è lei, del resto poco mi importa, sono qui per lei, me lo ripeto costantemente – RAQUEL! Mi stai ascoltando, vero? Raquel?" chiedo cercando di celare dietro a un tono sicuro la mia paura che lei possa non essere lì. Passa qualche secondo, non sento nessun suono se non il mio cuore rimbombarmi nel petto.
"Hola Alicia, quanto tempo..." mi dice, mi manca il fiato ma rispondo immediatamente per non dare nell'occhio, anche se non lo vedo, so di avere Tamayo alle spalle come un segugio pronto a cogliere ogni mio gesto.
"Quanto tempo, sì. – lo dico con un tono che a chiunque può sembrare piatto, ma a lei no, so che lei percepisce la malinconia velata che riempie queste poche parole, lo so perché non risponde e io non perdo tempo, anzi colgo l'occasione per attaccare – Mi sorprende che il tuo Professore sia troppo timido per registrarvi mentre fate sesso. – uso volutamente questo termine, è un'altra frecciatina che sono certa possa colpire nel segno – Lo facesti al secondo anno di accademia. Con Hortigosa. – rido per il cognome che mi è uscito dalla bocca – Joder!" la sento sorridere nel microfono.
"Alicia, me decepcionas. – risponde, ma nella sua voce percepisco un brivido che mi conferma ciò che ho cercato di capire in questa conversazione: lui non sa – Mira. Ti dico quello che stai facendo... – fa una leggera pausa e io sento che la mia strategia sta avendo esattamente l'effetto che desideravo – stai provando a prendere il controllo della conversazione con tono gradevole per poi lanciare una bomba e tentare di separarci. Il primo trucco delle negoziazioni" mi dice, io mi porto un dito sul labbro inferiore: sì, ho fatto centro.
"Per niente, mi stavo solo divertendo. – in parte confesso, in parte mento – La bomba arriva ora." e le vomito addosso l'unica carta che ho per sperare di farla tornare sui suoi passi. E no, non intendo in polizia. Le parlo di sua madre e di Paula, di quello che potrebbe succedere se l'Interpol le trovasse. Sento una morsa allo stomaco pensando a Marivì, la ricordo come una donna dolcissima.
"Complimenti Raquel. Ti sei guadagnata un rammollito che sicuramente è tipo da una scopata al mese – utilizzo un altro termine rude consapevolmente – e hai perso una famiglia. – anche questa frase vuole andare a segno – Se mi consegni il Professore le lascio in pace" concludo lapidaria staccando la chiamata prima che lei possa darmi una qualunque risposta.

Ricordo di aver studiato quella conversazione per filo e per segno sull'aereo che mi riportava in territorio spagnolo. L'ho ripetuta fino alla nausea modificando ogni volta qualcosa fino a che non è stata perfetta. Conosco Raquel come le mie tasche, so esattamente quello che pensa, so come le mie parole possono andare a segno dentro di lei e soprattutto sono sempre stata un passo avanti a lei nonostante averla accanto, o in testa, mi abbia sempre indebolita terribilmente tanto. Non gliel'ho mai dimostrato e se questo in parte è il motivo per cui ci siamo perse completamente, dall'altro lato è sempre stata la mia arma migliore. Mostrarmi forte non le ha mai permesso di intravedere quanto in realtà lei mi rendesse fragile. È la sola persona che fa vacillare la mia corazza, beh, non proprio la sola.
Comunque funzionò, funzionò perfettamente. Litigarono e lei fu costretta a dirgli la verità, ricordo perfettamente come andarono le cose perché, come ho già detto, ero sempre un passo avanti a lei e io in realtà quella chiamata non la riattaccai mai, o meglio lo feci, disattivai gli auricolari della polizia, ma non il mio.

"Calmati. Era un bluff..." le dice Sergio, la sua voce mi irrita e anche la sua intelligenza. Ma so che questa volta le sue parole non lo aiuteranno, non c'è competizione, conosco troppo bene Raquel, tanto da aver previsto ogni sua risposta e ogni sua reazione.
"Hai chiamato tu e hai perso il controllo della conversazione" ringhia lei, la immagino con il suo dito puntato contro di lui, lo fa sempre quando si arrabbia.
"Me l'hai tolto tu" risponde lui ma Raquel ormai è partita per la tangente.
"Ti ha ingannato. Ti ha manipolato. E tu sorridevi come un pupazzo!" ha ragione, è esattamente ciò che ho fatto, ho usato lui per arrivare a lei. Mi sembra quasi di cogliere un filo di gelosia nella sua ultima affermazione, ma mi impegno a non dargli alcun peso.
"A me? Ha manipolato te!" alza la voce lui parlandole sopra e mischiando le loro voci. Per quanto io odi ammetterlo, anche lui ha ragione.
"Non abbiamo neanche giocato le nostre carte" conclude lei, è vero, non l'hanno fatto, ma io sì.
"Ha manipolato te perché sei il punto più debole" BOOM, ecco ciò che volevo che lui dicesse. Segue un silenzio in cui so che lei sta processando queste parole e dentro di me spero che non scappi come suo solito quando si sente dire qualcosa che non vuole.
"Rispondi, Raquel rispondi. Forza." digrigno tra i denti dopo essermi accertata che il mio microfono sia chiuso.
"La tua arroganza ti annebbia. Ha manipolato te Sergio, sei tu il punto più debole e sai perché? Perché ti ha preso per le palle nel momento esatto in cui ha iniziato a parlare di sesso. Voleva ottenere una tua reazione quando ti ha parlato di quello stupido filmino e l'avrebbe avuta se IO non ti avessi placato. Ti sei ingelosito come un coglione con il complesso del pene piccolo e intanto lei è arrivata esattamente dove voleva: a dividerci. E a quanto pare ci è riuscita, perché nonostante fosse la mia intimità quella spiattellata all'interno della tenda, sei tu che ti sei sentito punto sull'orgoglio perché sai che ha ragione e che la nostra vita sessuale è una puta mierda" ringhia lei e io sorrido, un altro punto per me.
"Ti ha parlato di tua madre e tua figlia e tu ti preoccupi di una battutina su un video di sesso con Hortegosa o come cazzo si chiama?" le chiede lui stizzito e palesemente ingelosito.
"Acuto il Professore" sogghigno, ora la palla è a Raquel, deve essere lei a finire quello che io ho iniziato.
"Ma allora non capisci? Non hai sentito come ha tentennato prima di pronunciare il cognome? Non c'è nessun Hortigosa!" gli urla lei.
"Bingo!" esclamo io.
"Non capisco..." dice lui, lo facevo più sveglio, ridacchio battendomi una mano sulla fronte. Tutto questo è molto meglio di una soap opera.
"E poi sarei io il punto debole. L'ha inventato quel nome, ha titubato e ha detto la prima stronzata che le è venuta in mente per poi ridere, questo non ti fa riflettere? – gli chiede, immagino la sua espressione e sorrido, lei intanto non gli dà il tempo di rispondere – Stava parlando di sé! È con lei che mi sono registrata a letto! E oggi tutta la tenda della polizia l'ha saputo" sbuffa. Io sorrido ricordando quanto abbiamo riso quella notte pensando alle facce che avrebbero fatto i colleghi di accademia se avessero saputo dell'esistenza di quel video, soprattutto quel coglione di Alberto.
"Hai scopato con Sierra e non me lo hai detto? Non credi che avrei dovuto saperlo? Mi sarei preparato e non avrei fatto la figura del coglione!" il tono del Professore è stizzito.
"Sì, ci ho fatto l'amore e ci siamo registrate. – sorrido per quello che dice, tra noi non è mai stato sesso, non abbiamo mai scopato, noi facevamo l'amore – Siamo state insieme per un po'. Lo avresti saputo se mi avessi fatta parlare quando ti ho detto che pensavo che avrebbero chiamato lei per la negoziazione, ma tu eri troppo preso dalle tue manie di protagonismo e non mi hai ascoltata e oggi mi hai dato prova del motivo: mi reputi debole e invece oggi il debole sei stato tu. Pensi solo al tuo cazzo di piano, ti interessa della tua fottuta immagine e lei questo lo sa, sei debole e ti sei fatto manipolare." gli risponde lei.
"Non sono il punto debole, ha usato tua madre e tua figlia per indebolire te" le risponde lui ignorando tutta la prima parte dell'affermazione di Raquel, io sorrido gongolante. Poi però penso che effettivamente non ha avuto una reazione su questo e mi chiedo perché.
"Non avevi detto che era un bluff?" gli chiede lei, sembra come se lo stia prendendo in giro. Sollevo la schiena dalla sedia e mi metto in ascolto.
"Non lo so, non l'avevo calcolato, l'ho detto per calmarti ed evidentemente ci sono riuscito perché ti conosco" le risponde lui.
"Tsè" dico io facendo una smorfia ed alzando le spalle.
"Non mi conosci affatto altrimenti sapresti che non sarebbe mai bastata una frase simile se fossi stata preoccupata per loro, ma non lo ero. Io sono sempre stata calma e sai perché? Perché Alicia è una stronza, una torturatrice, la peggior figlia di puttana che esista in tutto il corpo di polizia spagnola ma non mi farebbe mai del male. Mai. Non a me. Non toccherebbe mai mia madre che l'ha accolta in casa come se fosse una figlia e mai si avvicinerebbe a Paula perché sa quanto io abbia sempre desiderato una bambina, eccome se lo sa. – dice alludendo a un altro dei motivi per cui ci siamo allontanate – Alicia non mi farebbe mai una cosa simile, mai. Ma su una cosa ha ragione, per te ho rischiato di perdere completamente la mia vita e forse sono stata stupida" gli dice, cala il silenzio e io mi chiedo che cosa stia accadendo. Non ho nemmeno il tempo di pormi troppe domande che sento il mio cellulare squillare. Esco dalla tenda con una scusa e mi allontano per rispondere.
"Pronto?" dico dopo aver premuto il tasto verde.
"Hai vinto" la sua voce, è la sua voce.
"Perché chiami me?" le chiedo.
"Minacci la mia famiglia e mi chiedi perché io ti stia chiamando?" mi domanda.
"Non ho la più pallida idea di dove siano" ammetto.
"Lo so" risponde.
"Non le sto cercando" continuo.
"Lo so" la sento sorridere e so di non dover andare oltre, in fondo ho sentito quello che ha detto a Sergio e so che era sincera, dopotutto non sapeva che io la stessi ascoltando e non deve saperlo per ora.
"Beh? Perché mi chiami?" chiedo ancora.
"Ti dirò dov'è Sergio, ma tu troverai il modo di far cadere ogni mia singola accusa, il Professore per la mia libertà" mi spiazza, sorrido sapendo che ogni centimetro di distanza che mette tra se stessa e quell'omuncolo la porta un pochino più verso di me.
"Ti viene così semplice tradire le persone a cui dici di tenere" borbotto io.
"Smettila con queste frecciatine Alicia. Liberami e avremo modo di parlare da adulte una volta per tutte" mi risponde, i miei occhi si illuminano: vuole vedermi.
"Vale, ma tu intanto torna qui" questa frase mi esce con un tono un po' troppo supplichevole.
"Mi sei mancata anche tu Ali, ma consegnarti quei ragazzi non è semplice per me, dovrai fare in modo che abbiano la pena più breve possibile, è stato lui a trovarli, li ha presi in momenti terribili delle loro vite e li ha manipolati, lo ha fatto anche con me" mi dice malinconica, io sorrido: ho avuto un'idea.
"Tieni tanto a quei terroristi?" le domando.
"Sono ragazzi, comunque sì, tengo a ognuno di loro. Il meno possibile per loro, la libertà per me. Fallo e avrai Sergio" mi dice.
"Consideralo fatto" e riattacco.

Ricordo di aver fatto i salti mortali, ma ce l'ho fatta. Ho dovuto sfruttare la fragilità di Raquel dopo gli abusi di Alberto, ma sono riuscita a dichiarare che non era stabile e che era come drogata dalle attenzioni che Sergio le rivolgeva. Ho pattuito un percorso di terapia, la custodia esclusiva di Paula e la sua libertà. Non so come, ma l'ho ottenuta. Per i ragazzi ho fatto quello che potevo e mi ritengo soddisfatta. Sono riuscita a far avere loro da un minimo di quattro a un massimo di dodici anni tutti con possibilità di condizionale e tutti nello stesso carcere. Sergio invece ha avuto qualcosa come trecento anni di prigione. Sono riuscita a far dichiarare da uno psichiatra che è un sociopatico che li ha manipolati. Ed è andata bene così. Forse in fondo anche il giudice aveva preso un pochino in simpatia la banda dei Dalì. Quando ho proposto a Raquel le sentenze, ha accettato. Quattro ore dopo abbiamo intercettato il Professore e lei ha collaborato con la polizia per convincere i ragazzi a consegnarsi, insieme hanno convenuto che fosse meglio qualche anno in carcere piuttosto che la morte. Si sono sentiti traditi quando Raquel ha raccontato loro di come il Professore sia stato capace di sminuirla e addossarle la colpa non appena le cose sono andate meno bene. È stato un successo, lo ammetto.
"Alicia Sierra con il pancione? Il mondo va al contrario" mi disse Raquel appena mi vide.
"Se tu puoi diventare una latitante internazionale, io posso diventare madre" le risposi. Lei sorrise e si voltò incamminandosi verso sua figlia e sua madre che l'avevano raggiunta appena le ho avvisate della buona riuscita di tutto. La guardai allontanarsi ancheggiando e non potei evitare di ripensare a ciò che mi ero lasciata sfuggire anni fa. Ma non feci nulla nemmeno in quel momento, mi voltai semplicemente anche e me ne andai.
Potrebbe sembrare la fine, no? Invece fu solo l'inizio.

* spazio autrice *

Non pensavo che sarei tornata così presto, ma ieri sera sotto la doccia ho avuto un'ispirazione pazzesca, la storia è comparsa nella mia testa in un attimo senza alcuna logica. Non c'entra nulla con le idee che stavo valutando, ma in un attimo sono uscita e ancora in accappatoio ho dovuto immediatamente scrivere. Ed ecco qui.
Vi giuro che non vi aspetterete nulla di quello che accadrà ma l'idea mi piace da morire.
Sarò felice di avere il vostro supporto, per me significa sempre tanto. Mi avete fatto bene al cuore nelle storie precedenti e spero che questa vi piaccia altrettanto.
Intanto grazie a chi mi seguirà. Come sempre.

- Elle 🦂

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