Capitolo 9

69 6 7
                                    

Il silenzio tra noi è così rumoroso che lo sento rimbombare nella mia testa. Zulema non mi guarda, mi evita come se io le facessi schifo. E forse è così, forse il suo sguardo pieno d'amore non lo rivedrò mai più. La colpa, in fondo, è mia.
"Non è colpa tua" dice improvvisamente lei interrompendo i miei pensieri.
"Sarei dovuta venire a cercarti" le dico io.
"Io non ho cercato mia figlia" continua lei.
"Te l'hanno portata via" sussurro io.
"Anche tu sei stata portata via, ti hanno fatto credere che io fossi morta. Dovevo sfogare la mia rabbia su qualcuno e sono comunque arrabbiata, tanto. Ma non è colpa tua" e finalmente mi guarda. I nostri occhi, per la prima volta, si incatenano senza rabbia, senza paura. Condividono silenziosamente un dolore che ci accomuna, quello di sentire di non aver fatto abbastanza. È poi lei a interrompere nuovamente il silenzio.
"Hai una bella vita, una carriera promettente, una famiglia, due figlie. Io non posso farne parte." mi dice.
"Zulema, sei mia sorella. Ti tirerò fuori di lì. Ci sono riuscita con Raquel, in parte anche con la banda, lo farò anche con te" rispondo io sicura di quello che sto dicendo.
"La banda? Non ci credo! Raquel è Lisbona?!" chiede lei sgranando gli occhi.
"Sì, sai chi è?" le domando io.
"Ecco perché mi pareva di aver già sentito il suo nome, me ne hanno parlato le ragazze" dice lei senza rispondere alla mia domanda.
"Le ragazze?" chiedo io sempre più confusa.
"Tokio, Nairobi, Stoccolma e Saray!" esclama con una luce diversa negli occhi.
"Tu conosci la banda!" finalmente collego i tasselli e comprendo il significato del mio malessere quando sono stata al vis a vis, in qualche modo il mio cuore ha sentito il suo, o per lo meno questo mi piace credere.
"Sono le mie compagne di cella da quando siamo state trasferite a Cruz del Norte" spiega lei.
"Saray sarebbe?" domando scettica.
"Mia sorella, la gitana. È la mia persona preferita lì dentro, la sola famiglia che ho avuto oltre alla bionda bisbetica" butta gli occhi al cielo sorridendo. Sua sorella. Un morso allo stomaco mi fa contorcere il viso in un'espressione di dolore.
"Ero sola Am...Alicia. Dovevo avere qualcuno dalla mia parte. Sono la fottuta regina di Cruz del Sur, avevo bisogno di un'amica" mi dice giustificandosi.
"Non mi devi spiegazioni" rispondo io.
"Ti odiavo, ti ho odiata per anni, l'odio per te mi ha spinta a indurirmi per reagire. Amarti da lontano mi stava uccidendo insieme alla vita che stavo vivendo. Sono diventata cattiva e Saray è l'unica persona che ho saputo tenermi accanto fino all'arrivo prima della bionda e poi della banda" continua a spiegarmi lei.
"La bionda?" domando.
"Macarena Ferreiro, abbiamo tentato di ucciderci un po' di volte a vicenda, ma ora siamo, come dire, socie" solleva un sopracciglio mentre parla e io faccio lo stesso decidendo di non forzare troppo la mano. Ma su questo "socie" ci tornerò.
"Quindi siete voi sei in cella?" domando io.
"No, siamo otto. Ci sono anche la Rizos e la Gorda" mi dice con un tono più sereno come se il carcere fosse ciò che la fa stare bene.
"E loro sono?" mi mostro interessata, lo sono davvero e se parlare della prigione è ciò che può restituirmi qualcosa di mia sorella, allora andrà bene.
"Rizos è la fidanzata di Saray, cioè per lo meno oggi, domani si vedrà. La Gorda è Goya, una grassona che fa comodo avere come amica" continua lei.
"Capisco" le sorrido io.
"Saray è la sorella gemella di Nairobi, sono gitane. Mi sono spaventata quando le ho viste vicine, credevo di avere un tumore al cervello" ride lei, vederla così leggera è una bella sensazione, anche se fa male sapere quanto mi sono persa di lei.
"Perché sei qui?" chiedo.
"Ho ucciso nostra madre e l'uomo a cui mi ha venduta quando avevo undici anni, quello sporco stupratore che mi ha messa incinta e poi si è portato via mia figlia" ringhia lei, posso vedere nei suoi occhi la combinazione letale di rabbia e dolore.
"Questo lo so, io vorrei sapere perché sei in ospedale Zule..." addolcisco il tono immaginando che, se Zulema è davvero la detenuta più pericolosa del carcere come mi hanno detto, non deve essere bello per lei ammettere di essere stata messa ko da qualcuno.
"Fatima, l'hanno uccisa ma so che sai anche questo. Dopo la sua morte non ho reagito, ho passato settimane immobile seduta sul pavimento dove c'è la macchia di sangue, la sola cosa che è rimasta di lei. Ho perso potere e hanno pensato di potermi annientare, ma hanno fatto male i loro conti" i suoi muscoli si tendono, vuole vendetta.
"Zulema, per tirarti fuori di lì non devi commettere altri reati, niente cazzate, chiaro?" la guardo fissa negli occhi.
"È tardi Alicia, sono stata cacciata da undici carceri di massima sicurezza, ho tentato la fuga tre volte solo a Cruz del Sur, ho aizzato una rivolta, ucciso il medico depravato del carcere, non uscirò mai da lì, per lo meno non dalla porta principale" il suo tono suona arreso, lo maschera bene, ma è mia sorella e nonostante la distanza so di conoscerla.
"Ti tirerò fuori" le dico.
"No" mi risponde lei.
"Zulema hai una famiglia qui, una famiglia pronta ad amarti" mi ammorbidisco.
"Ho una famiglia anche lì dentro, non le lascerò indietro solo perché mia sorella è il puto capo di un commissariato. Io non lascio indietro la mia famiglia" sibila queste ultime parole corrucciando la fronte e capisco che questa non è la strategia giusta.
"Vale, vuoi conoscere un po' meglio le bambine?" le chiedo, lei annuisce e io mando un rapido messaggio a Raquel che ci raggiunge, le sussurro poche rapide parole all'orecchio e dopo aver baciato la fronte delle bimbe, mi congedo.

MitadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora