Cabina 102

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Terza persona pov

Quel giorno il mare era mosso e sulla riva si erano depositate alghe, legnetti e conchiglie spezzate che avrebbero potuto ferirle anche i piedi.

Il cielo era un po' come lei, sereno all'apparenza ma osservandolo bene, qualche nuvola che avrebbe potuto iniziare a piangere da un momento all'altro per poi smettere e far più caldo di prima,la trovavi.

Sentiva di avere la tempesta dentro, ma i suoi finti sorrisi cercavano di metterla a tacere perché in quella situazione ci si era trovata da sola.

Lavinia sentì un istinto di protezione verso il suo corpo, ma forse si sentiva così perché si trovava già all'erta.

Nonostante l'acqua le bagnasse i piedi a ritmi regolari, quasi invitandola dentro con una dolce carezza, proprio non voleva saperne di entrare.

Sapeva che avrebbe potuto tentare di tenere al sicuro il cuore che le tamburellava così forte nel petto, lì a riva; un cuore che faceva fatica a smettere di battere per qualcuno che non l'amava e che, forse, non l'aveva mai fatto.

Lavinia si sentiva confusa perché quegli abbracci erano reali e anche quei baci sul collo lo erano; quando lui le ripeteva che era solo sua, il suo stomaco faceva delle capriole che le facevano dimenticare quanto fosse sbagliato amare qualcuno che già apparteneva a qualcun altro. L'amore è ingiusto, pensò. È un bullo che si diverte a tormentare sempre il solito ragazzino, fino a distruggere tutto ciò che è e tutto quello che gli piace, riducendolo ad essere niente più che il momento in cui verrà bullizzato di nuovo.

Non credeva a quelli che dicevano che l'amore potesse guarire perché le aveva inferto solo ferite e adesso lei non era più niente, perché ogni parte di sé stessa apparteneva ad un ragazzo che non l'amava. E la cosa peggiore è che credeva di meritarlo.

Alcune risate la destarono dai suoi pensieri e quel che vide fu anche peggio del groviglio di alghe che aveva vicino ai piedi: Sean stava accarezzando la pelle di Sara facendola rabbrividire. L'acqua le scivolava dolcemente su ogni centimetro di pelle, come se volesse lavarla da tutte le sue insicurezze, da tutte le sue paure. E dai suoi peccati, pensò.

Lavinia provò una sensazione di eccessivo tormento nella pancia che coprì immediatamente spaventata che qualcuno potesse vederla.
«Lav? Vieni, si sta benissimo qui.» Sara la chiamò in acqua seguita dallo sguardo attento di Sean. In tutta risposta, lei alzò l'indice scuotendolo in diniego e si strinse nelle spalle fingendo di avere freddo.

Forse il freddo lo sentì davvero, ma non fuori.

Camminò verso l'ombrellone lentamente, non curante della sabbia che le bruciava sotto ai piedi e afferrò la chiave della cabina rimproverandosi di essersi infilata in quella situazione. Eppure tornare in vacanza in Italia, sembrava un'idea fantastica e andarci con i suoi amici, ancora di più.

Abbassò lo sguardo su uno dei lettini trovando Harry supino. I pettorali si gonfiavano e sgonfiavano ad ogni respiro e le fossette addominali erano ben definite e visibili solo per metà, perché  il costume  le copriva, ma fu il braccio sopra gli occhi a far fare un sospiro a Lavinia: stava dormendo. Sarebbe stato difficile spiegare perché fosse sola quindi fu felice di avere tempo per elaborare una scusa credibile.

Sperava che mentire al suo migliore amico fosse semplice tanto quanto mentire a Sara e il senso di colpa la raggiunse ben presto.

Camminò lungo la passerella di legno sentendolo scricchiolare sotto i piedi nudi sensibili ad ogni passo, camminò lentamente accanto ad ogni cabina color cobalto e crema. Raggiunse i numeri 97 e 98 cercando di regolarizzare il battito, poi il 99 e il 100 tentando di sciogliere il nodo di gelosia alla bocca dello stomaco e quando finalmente arrivò al 102, tirò fuori la chiave dalla tasca dei pantaloncini ed entrò nella cabina.

Le stelle dentro | Harry Styles |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora