Lavinia Pov
Ottobre aveva un sapore e un odore che avevo imparato ad amare da quando ero piccola.
Probabilmente il merito era delle castagne e delle crêpes, che preparava la mamma per merenda dopo la scuola.
Dell'odore della pioggia, delle foglie macerate per terra o della torta alla zucca di mio padre: quella che preparava solo perché piaceva a mia madre. Quella che piace a Harry.
Lo stesso Harry che non avevo più sentito dopo quella notte d'Estate.
La consapevolezza mi colpì come una doccia fredda e il ghiaccio si impadronì di me, non permettendomi di respirare. Mi allentai la sciarpa, portandomi una mano sul collo cercando di regolarizzare il battito.
Ricordai le parole di Tessa, la mia psicologa. Ricordai di elencare almeno tre cose per cui valesse la pena continuare a lottare e, dopo averne elencate un paio in più, già mi ero distratta e il battito si era calmato.
Avevo bisogno di diversivi, così amava chiamarli lei.
Io, d'altra parte, pensavo fosse soltanto un modo astuto per prendermi in giro e quando me ne rendevo conto, mi sentivo anche peggio.Ecco perché mi trovavo a Covent Garden, in mezzo a persone che ridevano di fronte ad un caffè e turisti pronti a far foto a fiori e negozietti caratteristici.
Tessa mi aveva consigliato di uscire, di prendermi del tempo soltanto per me e i miei bisogni quando tutto diventava troppo.
Troppo forte, troppo insidioso, troppo lontano.
Perché Harry viveva a Londra, ma non ci eravamo incrociati nemmeno per sbaglio in oltre due mesi.
A volte mi capitava di cercarlo tra quei volti stanchi a fine giornata, sui treni sotterranei a cui non mi sarei mai abituata o nei Prêt á manger: era convinto che il loro caffè fosse migliore di quello di Starbucks e che la pasta al formaggio fosse la migliore di tutta la città.
Non perdeva mai l'occasione di ricordarmi quanto fossi mainstream nel bere "acqua sporca" che servivano da Starbucks, ma non si dimenticava mai di increspare le labbra in un sorrisetto.
La verità è che aveva ragione perché mainstream, almeno un po', lo ero davvero. Ma solo perché un italiano non è di certo abituato al caffè d'asporto, al mega store di Harrods, al cambio della guardia o a negozi di peluche a sei piani.
E non importava che mi trovassi a Londra da dieci anni, da quando mio padre aveva cambiato lavoro.
Non importava perché non smetteva mai di stupirmi. Ogni angolo celava un mistero pronto per essere scoperto ed essere trascritto sul mio taccuino.
L'italia era la mia casa, ma in Inghilterra mi sentivo a casa.
E c'era una gran bella differenza.Entrai nel primo negozio che mi trovai di fronte: avevo bisogno di smettere di pensare a lui. Mi trascinai davanti ai profumi ed iniziai a catalogare in ordine alfabetico tutti quelli che conoscevo.
Acqua dell'Elba, Burberry, Chloè
Continuai a camminare e senza accorgermene ero già arrivata ai profumi con la lettera G.
Guy Laroche, Gucci... Guerlain
"Ha bisogno di aiuto?" Mi chiese la commessa facendomi destare da quello stato di trance in cui mi trovavo. Le feci un sorriso di cortesia prima di scuotere la testa e forzare un accento innaturale.
"No, sto solo dando un'occhiata. Grazie"
La commessa sorrise e si congedò dopo avermi lasciato alcuni fogliettini sui quali avrei potuto testare i profumi. Ed è esattamente quello che feci.Presi la boccetta di Mèmoire d'une Odeur e ne spruzzai un po' sul foglietto, poi lo portai vicino al viso.
Inebriata dal forte odore di camomilla e gelsomini, mi tornò alla mente il parco giochi dove giocavo da piccola, il sole che mi scaldava la pelle ogni fine Aprile e quel vino che non mi sarei mai dimenticata, così come le parole di mio padre a riguardo.
"Il buon vino è buono solo se lo bevi in Toscana."
Non era del tutto vero, però.Il buon vino è buono se non lo bevi da solo. Mi sarei dovuta ricordare di dirglielo; e lo avrei fatto, se solo le note di Vaniglia e Cedro non si fossero fatte avanti.
Se solo non mi avessero ricordato il rumore dei suoi baci sul collo e la sensazione proibita delle sue mani sui fianchi. Così come la sensazione della sabbia sotto le dita ad ogni carezza.
Aprii gli occhi e allontanai il foglietto dal mio volto. Rimasi lì ferma per un po', a ripensare a quel turbinio di emozioni, alla stretta allo stomaco provata pochi istanti prima.
Dovevo accettarlo. Era Ottobre e se non si era ancora fatto vivo, probabilmente non l'avrebbe fatto più. E se solo non fossi stata così maledettamente codarda, magari lo avrei fatto io. Ma i suoi occhi quella sera mi gridarono di stargli alla larga, ed è proprio quello che feci.
Aveva rinunciato alla nostra amicizia il momento esatto in cui era venuto a bussare a quella maledetta cabina. Dovevo accettare di averci rinunciato anche io, lo stesso istante in cui gli permisi di entrare.
Indugiai ancora un po' e, attenta di non esser vista, spruzzai un po' di quel profumo sul mio cappotto. Così come non avrei smesso di cercarlo tra la gente,
non avrei permesso a quell'odore di darmi pace.E quando la camomilla e la vaniglia raggiunsero il mio respiro, sentii le guance divenire più fredde e umide.
Ma la colpa non era della pioggia di un autunno ormai troppo freddo. La colpa era soltanto nostra.
Nota autrice:
Questo capitolo é molto introspettivo, ma sentivo il bisogno di scriverlo per saperne qualcosa in più sulla nostra Lav.So che molte delle sue scelte la rendono un personaggio non molto amato, ma volevo fosse diversa da qualsiasi protagonista di cui avevo scritto in passato.
Le manca molto Harry, non è stata molto bene. Il Karma in questa storia agisce, per tutte le volte in cui non lo fa nella vita reale.
Dovrei augurarvi buone feste, ma con la febbre a 39 non me la sento. Ecco perché, posterò un capitolo anche Venerdì.
Spoiler: il capitolo è dal punto di vista di Harry e sarà molto breve.
Quale canzone vi viene in mente pensando a Lav e Harry?
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Le stelle dentro | Harry Styles |
ChickLit[Harry Styles AU] Lavinia e Harry sono amici da tantissimo tempo. Lui c'è sempre stato per lei, anche a costo di mettere da parte i suoi sentimenti, ma lei questo non lo sapeva; non prima di quel caldo pomeriggio speso nella cabina del loro bagno al...