Battesimo

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Lavinia Pov


Tante cose non sono mai come le ricordi, nemmeno quando le pensi tanto intensamente da non dimenticarle.

Succedeva con i cantucci fiorentini al cioccolato che faceva nonna Angela o pasta e piselli. Da bambina immaginavo il sapore per tutti i mesi in cui non ero in Puglia, poi una volta tornata da Londra, mettevo in bocca quel cucchiaio di pasta e ne rimanevo delusa.

Troppe aspettative tendono a deludere.

Questa frase avrei dovuto tenerla a mente tutte le volte in cui lasciavo la casa al mare in Italia per tornare in Inghilterra; ma le aspettative non riuscivo proprio a non deluderle.

Erano come uno scudo contro la malinconia che provavo l'ultimo giorno di vacanza, con la fine dell'estate sparata nelle orecchie.

Quell'anno non sarebbe stato diverso, nonostante mi promettessi di smettere.

Continuavo a pensare che la colpa fosse della magia che trasmetteva la spiaggia al tramonto. Sarebbe stato diverso se avessi preso un treno alle dieci di mattina? Magari salutare la spiaggia che bruciava non mi avrebbe fatto provare niente, se non un po' di sollievo.

Tutti quei pensieri non erano importanti in quel momento perché ero appena arrivata a Tirrenia: il sole aranciato scivolava come sabbia tra le dita lungo la linea dell'orizzonte e la sabbia aveva smesso di bruciare da un po'.

Mentre camminavo, cercavo di affondare i piedi sotto la sabbia fresca, in attesa di raggiungere il bagnasciuga. Una volta che l'acqua raggiunse i miei piedi, realizzai quanto mi fosse mancato il mare e non riuscii a capacitarmi di come fossi riuscita a sopravvivere senza per questi mesi.

L'inverno mi era sempre piaciuto, ma non era mai stato freddo come quell'anno. Un freddo diverso, cupo. Un'insolita tristezza portata dal vento che mi tagliava le guance, ogni volta fuori dalla metro.

Ecco perché, su quella spiaggia, in quel preciso istante, potevo dirmi davvero felice.

A un tratto però, echi di risate giunsero alle mie orecchie e quegli echi si portarono dietro ricordi che mi illudevo di aver dimenticato.

Dopo quel falò, esattamente un anno prima, tornai a casa e preparai le valigie. Prenotai il primo aereo che mi avrebbe riportata verso Londra ad affrontare qualcosa di ben più freddo dell'inverno:la solitudine.

Quasi mi illusi di poterla affrontare, con quel pizzico di tenacia che mi era sempre mancata. Ma ovviamente mi sbagliavo.

Sara non l'avevo più sentita e non provai nemmeno a contattarla. Decisi di lasciarla libera di odiarmi perché d'altra parte, me lo meritavo. Così, mese dopo mese, iniziò a diventare meno difficile.

Fu poi la volta di Sean. Non importava quanto lo avessi amato, promisi a me stessa che non sarei più stata la seconda scelta di nessuno, quindi, quando a Capodanno, trovai due chiamate sul telefono decisi di ignorarle. E anche di cambiare suoneria così avrei saputo chi ignorare.

Quel capodanno, aspettai per tutto il pomeriggio. Giocai a carte con mia cugina, a biliardino con lo zio Sebastiano e costruii perfino la casa di Marzapane con la zia Giorgia. Niente riuscì a farmi dimenticare che il 25 Dicembre e l'ultimo giorno dell'anno erano passati e che sul telefono non trovai alcun messaggio di Harry.

Sapevo che me ne sarei pentita; che farlo con il mio migliore amico avrebbe rovinato ogni cosa, eppure l'avevo fatto e quel che era peggio è che, data l'opportunità, l'avrei fatto di nuovo.

Non lo sentii nemmeno per il mio compleanno e allora capii di dover smettere di aspettare, una volta per tutte.

Faceva male ammettere che mi stesse ignorando, ma l'avevo fatto anche io.

Stavo continuando a farlo.

Ma faceva ancora più male ammettere che si fosse dimenticato di me.

L'anno prima smisi di frequentare le lezioni e fu piuttosto semplice non vederlo in giro. Ma lì, davanti a quella distesa d'acqua, magari seduto sotto uno di quegli ombrelloni, iniziai a temere di rivederlo.

Non sarei mai stata pronta ad ammettere quanto facesse male esser evitata dai suoi occhi smeraldo. O quanto mi mancassero le sue live su twitch mentre giocava alla xbox con quei giochi che mi spaventavano solo a vederli.

Le sue felpe nere tutte uguali, il modo in cui mordeva i lacci del cappuccio e il profumo di colonia e menta erano solo alcune delle cose che mi mancavano e che non avrei mai dimenticato.

Quasi come se fosse una sorta di punizione: destinata a ricordare tutto quello che teneva aperta quella grossa ferita in alto a destra.

Non curante dell'orario di chiusura del bagno mi sfilai la maglietta e i pantaloncini mostrando a quella tavola azzurra, ormai scurita dalla sera, la pelle sempre troppo bianca coperta di nei, simili a costellazioni.

I miei capelli erano rossi e al tramonto ricordavano il fuoco che ardeva; si divertivano a solleticarmi la schiena mentre il sale trasportato dal vento li arricciava, donandoli una forma che faceva invidia alla schiuma che mi ostinavo a mettere, e gli occhi chiari già mi bruciavano, nonostante il sole fosse quasi sparito sotto la linea del mare.

Permisi al mio corpo di esser bagnato senza timore, sentendo i brividi lungo la schiena. Il costume scuro rendeva la mia pelle sommersa ancora più chiara sott'acqua.

In quel momento non importava se fossi o meno una buona amica, se fossi una sgualdrina o una traditrice.

Ero pronta ad un nuovo battesimo.

E fu allora che mi sdraiai a filo d'acqua, permettendo al mare di scivolarmi addosso per lavare via i tormenti passati.

Chiusi gli occhi, e non mi resi conto della voce di qualcuno che continuava a chiamarmi.

Le stelle dentro | Harry Styles |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora