IL CALVARIO (SECONDA PARTE)

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Con il passare dei mesi provai un po' di tutto, l'osteopatia, la kiropratica, la terapia con i macchinari, tens, tecar, magnetoterapia, impacchi freddi, impacchi caldi, tisane " miracolose" micoterapia, ozono terapia , auricolo puntura, agopuntura classica,cdieta senza glutine, dieta senza nichel, dieta ketogenica ecc ....
Mi sentivo come una cavia in gabbia.

Dopo aver provato tutto, un giorno per caso, un conoscente mi parlò di una terapia innovativa per la modulazione del dolore in un ospedale del centro italia, la Scrambler Terapy e decisi di provare anche quell'opzione .
Ormai non avevo nulla da perdere.

Il medico dopo avermi ascoltata raccontare il mio percorso, mi guardò e mi disse:
"Signora lei ha già provato tutto quello che io potrei farle provare, ho le mani legate, proviamo anche questa ma non le garantisco nessun risultato", dichiarò molto scoraggiato".

Fu sincero, onesto, mi parlò con il cuore in mano, fu uno dei pochi medici che durante tutto questo calvario, mi ascoltò veramente e mi trasmise un vero senso di empatia.
Purtroppo come avevamo già immaginato anche questo tentativo non diede nessun risultato, era uno sballottamento continuo ma niente, niente, niente sembrava aiutarmi. Perché?
Distrutta, scoraggiata e amareggiata, approdai senza più un briciolo di speranza nel reparto reumatologico di un rinomato ospedale del centro Italia dove,  dopo aver escluso altre malattie tra cui la sclerosi multipla, mi parlarono di una malattia strana, una malattia altamente debilitante e invalidante che non era però riconosciuta dalla sanità.
Una malattia dalle mille facce dalle mille forme, caratterizzata da diversi stadi.
Una malattia che poteva essere latente, comparire a periodi o essere totalmente invalidante, come oramai mi sentivo io, visto che mi aveva preso tutto il corpo e non c'era niente che riuscisse  a farla regredire in alcun modo.

Una malattia senza una cura precisa perché non si capiva ancora da cosa era scaturita, una sindrome che ancora stavano studiando e che ancora pochi medici conoscevano veramente.
Purtroppo ancora molte persone, forse troppe, credevano che fosse di natura psicologica anche se in realtà non era vero, ed era una delle poche cose sicure che si sapeva di essa, dopo tanti anni di ricerca.

Era una malattia diagnostica per esclusione. Bè, sembrava veramente una beffa, perché l'esclusione era poi ciò che avrebbe portato la malattia stessa nella mia vita.

Fibromialgia,
ecco il nome dalla ladra che mi aveva rubato la vita in tutte le sue sfumature.
Una malattia reumatica muscolare, caratterizzata da un dolore sordo costante, 24h su 24h ai muscoli ed ai tessuti connetivi fibrosi (tendini e legamenti).
Il dolore si acuisce  facendo una pressione intensa su specifici punti del corpo, detti punti sensibili o tender points.
Inoltre questa patologia era accompagnata in contemporanea anche atri 100 sintomi tra cui:
• Astenia
• Stanchezza cronica
• Nausea
• Colon irritabile
• Problemi visivi
• Problemi di memoria
• Problemi della pelle
• Emicrania
• Vertigini
• Problemi urinari
• Rigidita' mattutina
• Ansia
• Sindrome delle gambe senza riposo
• Problemi di stomaco
E tanti altri...
Dopo la visita risultai positiva al test dei tender points con un punteggio di 18 su 18  e  terminai il test sul dolore con una scala di 10 su 10.
Il mio corpo aveva parlato, sotto il lieve tocco del medico.
Abbassai lo sguardo, non volevo crederci, non poteva essere vero, perché a me?
Sarei mai stata meglio?
Avrei mai ricominciato la mia vita, da dove l'avevo interrotta?
E come avrei fatto con la mia famiglia?
E il  lavoro?
Ero veramente condannata a lasciarlo per sempre?
Avevo lavorato così duramente per diventare un educatrice, ed ero così affezionata ai miei meravigliosi bambini.
Non  sapevo più nulla, non capivo, barcollavo in un vuoto strano, la mia testa era confusa, le orecchie mi ronzavano di domande, si accatastavano nella testa l'una su l'altra, avevo paura che  prima o poi mi sarebbe scoppiata.
L'unica consapevolezza che avevo era che già avevo perso quattro lunghi anni della mia vita.

Avrei voluto mollare tutto, mettere fine a quella vita di dolore, dove tutto era diventato in bianco e nero, dove i sorrisi si erano spenti, cambiando  per sempre la mia personalità.
Forse sarebbe stata la via più facile, ma fortunatamente abbiamo tutti una scorta di coraggio da cui accingiamo nei periodi più neri della nostra vita, così feci un bel respiro e decisi di continuare a tentare.

Tramite il centro per la fibromialgia mi misi di nuovo in cura, iniziai quindi un approccio multidisciplinare che prevedeva le cure farmacologiche ma anche trattamenti fisioterapici, alimentari e psicologici.
La dottoressa mi spiegò finalmente molte cose di cui ancora ero all'oscuro, mi disse che la cura  sarebbe stata cucita sulla mia persona come una coperta, poi secondo la prassi del centro mi fece fare la visita dal fisioterapista, dalla nutrizionista ed infine dallo psicologo.
Entrai in quell'ultima stanza molto contrariata, arrabbiata, in preda
all'ansia per le parole che avrebbe potuto pronunciare, ma fortunatamente il medico, una persona simpaticissima, dopo avermi posto svariate domande mi disse che per lui era tutto a posto e mi lasciò con un semplice consiglio.
Impara, ogni tanto a mandare le persone a quel paese, impara a fregartene.
Mi fece ridere, ma quelle parole rispecchiavano la mia vita.
Maledetto giudizio altrui!

Tornai a casa con una lista di medicinali che quasi ci speravo che tra quelli, ce ne  fosse uno che funzionasse.
Passarono due anni, ma la mia scala del dolore era sempre minimo 7/10 massimo 10/10 e i miei punti trigger erano immancabilmente 18/18.
Iniziai a non tollerare più molto bene i farmaci, le reazioni avverse erano più di quelle positive e mi facevano solo stare peggio.
Alcuni miorilassanti o antidepressivi che mi furono prescritti per rilassare la muscolatura mi tramutarono  in uno zombie, il mio carattere dolce e sensibile  stava diventando sempre più cupo e aggressivo, per non parlare degli integratori che avrebbero dovuto darmi tono, alzare la serotonina, invece ultimamente mi davano solo mal di stomaco e tanta sonnolenza.
Non mi riconoscevo più.

La dottoressa dopo aver provato di tutto, decise di inviarmi alla terapia del dolore e farmi  provare la cannabis terapeutica, prima in decotto poi in gocce.
Ultima spiaggia, ultima soluzione terapeutica dopo il fallimento di tutto.
Queste nuove gocce, diluite in olio di oliva, non mi aiutarono proprio come avrebbero dovuto o come avevo sentito dire dalle tante testimonianze su internet, ma furono l'unica cosa che riusciva darmi  un pizzico di sollievo e mi permettevano anche se non sempre, di essere un po' piu autonoma in casa e per me stessa.

Purtroppo il mio corpo non tollerava un aumento di dose, quindi dovetti accontentarmi, anche un minimo,  era meglio di niente.
Vedere la vita scorrermi a fianco, senza poterla vivere, era la prigione più dura che  esisteva al mondo.
Ed oltre al danno anche la beffa perché mi ritrovai costretta a dover far capire agli altri che non ero né esagerata né svogliata e che soprattutto non ero depressa.

Ho dovuto iniziare a combattere
l' ignoranza e la superficialita degli altri, d'altronde chi aveva deciso di fermarsi all'apparenza non avrebbe mai visto la vera faccia di un dolore invisibile, non avrebbe mai cercato di comprendere un corpo che non traspariva segni evidenti.

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