Parte 8

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Molti dei genitori hanno descritto un'infanzia priva di cure e amore o caratterizzata da rabbia e violenza. Alcuni hanno subito abusi durante l'infanzia o l'adolescenza, spesso perpetrati da individui all' interno della loro famiglia. Per i genitori, la loro esperienza di essere genitori era direttamente collegata alla genitorialità disadattiva che avevano sperimentato, alle esperienze traumatiche della loro prima vita, o a entrambe. Questo ha generato due temi subordinati:

-la mancanza di un modello di genitorialità appropriato e nutriente da cui attingere;le conseguenze dell'abuso. Di conseguenza il genitore non è capace di gestire ed affrontare le emozioni del figlio; Questo spesso fa sentire al genitore un senso di inadeguatezza, anch'egli.

-Questo disturbo non si tramanda, ma si trasmette attraverso atteggiamenti ripetitivi dello stesso disturbo.

L'espressione più comune che genitori, partner, amici e ovviamente anche lo psicologo o l'educatore sentono pronunciare è "sono fatto così", spesso con l'aggiunta di "prendere o lasciare!".
Questo sarebbe corretto se stessimo parlando di un tratto di personalità, quindi di una caratteristica che non influenza il normale svolgimento della vita del soggetto. Quando invece parliamo di un disturbo vero e proprio, le cose cambiano notevolmente.
Non si tratta di una questione semplice da affrontare e non è una condizione che la persona sceglie volontariamente. Significa che non è sufficiente dare spiegazioni o mettere la persona di fronte alla realtà, come se "rendersi conto del problema" fosse la soluzione al problema. 

Spesso infatti genitori e partner pensano che la persona non si renda davvero conto del proprio comportamento. Come dicevamo, non è così. La persona è perfettamente in grado di intendere e di volere, è perfettamente conscia del proprio comportamento e più volte cerca anche di "cambiarlo" senza ovviamente riuscire. Questo perché, come ben spiega la psicologia emotocognitiva, quello che si innesca è una sorta di circuito chiuso per il quale le nostre azioni, pensieri e comportamenti tesi a risolvere il problema in realtà sembrano aggravarlo. Questo circuito chiuso prende il nome di "Loop Disfunzionale". 

Un processo circolare per il quale la persona o meglio, il sistema di riferimento su cui interveniamo, si trova in un circolo vizioso fatto di comportamenti, pensieri e azioni proprie e del sistema relazionale e sociale in cui esso vive, che anziché risolvere il problema tendono al suo mantenimento e peggioramento.
L'organizzazione psicologica viene definita disfunzionale quando a livello bio-psico-sociale non produce beneficio al sistema di riferimento.

Il loop disfunzionale è quindi quel processo ridondante che mantiene il problema nel qui-e-ora indipendentemente dalla ipotetiche cause che lo hanno inizialmente generato.

Questo processo un po' mi ricorda gli attacchi di panico; Quella sensazione di rivivere le sensazioni legate al trauma, anche se non è lo stesso trauma a riverificarsi.

la maggior parte dei disturbi clinici come i disturbi d'ansia quali fobie, attacchi di panico, ossessioni e compulsioni, disturbo post-traumatico da stress e problemi correlati a stress, le alterazioni dell'umore, i disturbi somatoformi quali ipocondria, dismorfismo corporeo, somatizzazioni; le disfunzioni sessuali come i disturbi del desiderio, dell'eccitazione, dell'orgasmo e da dolore sessuale, i disturbi del comportamento alimentare quali anoressia, bulimia e abbuffate e la maggior parte dei problemi psicologici e psico-sociali fino ai più importanti disturbi di personalità, possono essere ricondotti a questo schema di funzionamento e quindi trattabili efficacemente con il solo colloquio psicologico.

E perciò non sempre è necessario somministrare farmaci. Ricordo il primo giorno in cui entrai nel CSM della mia città, la dottoressa era morto gentile e cordiale, però da quel giorno non smise di prescrivermi antidepressivi, stabilizzatori di umore e calmanti fino a due settimane dopo; Non sentivo più nulla, come se quelle sostanze mi annullassero completamente, oltre a darmi un'estrema calma. Non capivo però se fossero quelle pastiglie o fosse il mio voler far andare bene le cose. Non capivo se per me e per gli altri fosse davvero giusto cercare di cancellare il mio cervello; Oltre alla mia cara Kate. Fu proprio lei a tirarmi fuori da quella malattia che mi sembrava avessero addossato gli altri su di me, più che fosse reale.

Alla comparsa di un sintomo o di un complesso di sintomi ovvero di un disturbo mentale, di una forma psicopatologica, o di un problema psicologico o psico-sociale, l'organismo inizia a mettere in atto una azione derivante dalla percezione che quel sintomo costituisca un problema da risolvere.
In realtà i sintomi ed i disturbi nascono da un tentativo autonomo, che definiamo involontario, dell'organismo di risolvere degli stati di tensione che vengono autopercepiti (soprattutto a livello non cosciente) come pericolosi per l'incolumità dell'organismo stesso.
I sintomi producono sofferenza e disagio.
La risposta della persona rispetto alla sofferenza che percepisce è quella di ridurre tale sofferenza al più presto. Infatti il problema non è più il sintomo ma la sofferenza che tale sintomo, tale disturbo o tale problematiche causano.
Al fine di provvedere alla riduzione della sofferenza generata dal problema mettiamo in atto delle azioni, dei pensieri e dei comportamenti sia a livello personale che psico-sociale; Queste azioni vengono definite volontarie.
Inizia a generarsi quello che definiamo il conflitto attuale.
Il conflitto attuale si genera tra una tendenza involontaria dell'organismo a generare i sintomi e dall'altra una tendenza volontaria dello stesso organismo nel contrastare questi sintomi. Ecco che la persona in genere sperimenta una sensazione che può far dire al paziente "è più forte di me".

"E' più forte di me". è la frase che mi sono sentita dire e pensare più spesso. Molte volte ho dovuto far fronte a situazioni in cui avrei dovuto avere reazioni diverse da quelle che poi realmente ho avuto. Come dicevamo all'inizio, il tutto può essere innescato da qualsiasi cosa, anche la più banale.

In quel momento la persona è in una condizione di conflitto interiore vero e proprio, quasi come nei cartoni animati quando troviamo il personaggio con l'angioletto su di una spalla e il diavoletto sull'altra. La percezione più o meno è la stessa, con la differenza che questi due opposti si trovano all'interno del cervello della persona. Tutti noi abbiamo una coscienza, ma non sempre prevale quando si tratta di un disturbo mentale così invalidante che intacca il "senso di volizione" riducendo l'aspettativa di riuscire a farcela da solo. Questo conflitto aumenta le tensioni centrali e periferiche rispetto al sistema nervoso. Tali tensioni raggiungono presto un livello di soglia per cui l'organismo metterà in atto l'unico modo che ha trovato per risolvere le tensioni, ovvero i sintomi. L'azione è involontaria, in quanto generata dall'organismo; Ed essendo la soluzione alle tensioni specifiche vissute dall'organismo stesso, vince sempre rispetto all'azione volontaria di controllo.


Può essere un esempio quando proviamo a trattenere il respiro: ad un certo punto la carenza di ossigeno crea delle tensioni nell'organismo che automaticamente ed in modo involontario, costringono la persona a respirare. Questo perché se non si respirasse l'organismo morirebbe. La tendenza dell'organismo è quella di mantenere le proprie funzioni.
I sintomi ed il disturbo, anche se può sembrare assurdo, sono la soluzione che l'organismo mette in atto per risolvere un problema, una tensione psicofisiologica; I sintomi hanno un senso di esistere, perciò non sempre sono negativi. Mentre l'azione di controllo di tale soluzione produce l'aggravamento o il mantenimento del disturbo.
Il tentativo di risoluzione della sofferenza crea quel conflitto che aumenta le tensioni ed incrementa la necessità del sintomo di esprimersi (a volte più violentemente o con più enfasi).

A questo punto inizia il processo circolare che abbiamo definito loop disfunzionale per cui ogni volta si riparte con uno schema di risoluzione ed aggravamento del problema.

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