[COMPLETA]
🌻In un malinconico giorno d'autunno, Taehyung, un giovane alpha dai fulgenti capelli rossi, fa ritorno alla sua terra natia, la Corea del Sud, lasciandosi alle spalle l'America. Accolto con calore dal fratello maggiore Seokjin, si stabil...
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«Papi Kookie, Appa Tete.»
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Le prime luci del mattino si insinuavano attraverso le pesanti tende della stanza d’hotel, disturbando il sonno agitato di Jungkook. Il chiarore, nonostante il tessuto delle tende, sembrava insistere nel filtrare, creando un bagliore dorato che avvolgeva il letto e rivelava i contorni del suo corpo ancora avvolto nelle lenzuola. Lentamente, come se ogni movimento fosse un piccolo sforzo, aprì gli occhi, socchiudendoli per adattarsi alla luce. Era stanco, il sonno non era stato riposante. Tuttavia, ciò che lo confortò in quell’istante fu il suono, debole ma costante, del respiro di Taehyung che giungeva dal telefono accanto a lui.
Il suo alpha non aveva chiuso la chiamata, proprio come aveva promesso. Poteva sentire il leggero russare che indicava un sonno profondo e rilassato. Un sorriso, seppur lieve, comparve sulle labbra di Jungkook, e per qualche istante si permise di ascoltare quei suoni dolci e rassicuranti, come se potessero allontanare la tempesta di pensieri che lo perseguitava.
Una risatina soffocata sfuggì dalle sue labbra, ma non volle disturbare Taehyung. Dopo qualche esitazione, decise di riattaccare, non senza una punta di dispiacere. Voleva che il suo compagno riposasse ancora. Sapeva quanto fosse importante per lui. Il tocco delicato delle sue dita sfiorò il tasto di fine chiamata, e con un ultimo sguardo al display, posò il cellulare sul comodino.
Uscì lentamente dalle lenzuola, i piedi nudi che toccavano il freddo pavimento di marmo. Avvertiva un insolito calore diffondersi nel suo corpo, una sensazione straniante per una mattina che, secondo le previsioni, non avrebbe dovuto essere così calda. Si mosse verso il bagno, cercando di scrollarsi di dosso quella sensazione di pesantezza che lo avvolgeva. Si sentiva febbrile, come se qualcosa ribollisse sotto la sua pelle. Avvertiva le fitte di uno strano malessere allo stomaco, quasi un richiamo silenzioso, qualcosa che non riusciva a decifrare pienamente.
Davanti allo specchio, il suo riflesso lo osservava con sguardo indagatore. I suoi occhi, ancora pesanti di sonno, si soffermarono sulla propria immagine: i capelli biondi che gli ricadevano disordinati sul viso, la pelle pallida e immacolata, finalmente libera dalle cicatrici e dai lividi che per anni avevano segnato il suo corpo. Ricordava fin troppo bene quei segni violacei che disegnavano il suo collo, le sue braccia, le sue spalle. Ricordava come ogni traccia fosse un promemoria doloroso della crudeltà di suo fratello e di Bogum. Ma ora, la sua pelle appariva candida, pura, come se avesse finalmente iniziato a guarire, almeno fisicamente.
Con un gesto stanco, si bagnò il viso con acqua fredda, cercando di scacciare la sensazione di calore che continuava a farsi strada dentro di lui. Ma era inutile. Quel caldo opprimente non lo abbandonava, e la sua mente cominciava a vagare verso possibilità che non avrebbe voluto considerare.
«Wow… è normale che faccia così caldo?» mormorò, guardando il suo riflesso con perplessità. «Non credevo di dovermi portare il costume…» cercò di scherzare con se stesso, ma la sua voce era priva di umorismo.