Le sette bugie del paese

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Le prime luci del giorno penetrarono dalla finestra della sua camera. Il letto venne quasi subito invaso da quei raggi puri e luminosi, lasciando che il loro calore riuscisse anche a superare la barriera morbida delle coperte per riscaldarle i piedi. Aprì gli occhi delicatamente, cercando di abituarsi subito all'effetto luminoso del mattino dopo ore intere immersa nel buio. Béatrice mosse gli occhi, la camera le era sembrata ogni giorno dopo il compleanno più piccola, per molti anni. Le parve lo stesso anche quel giorno, erano passati diciotto anni e quella piccola stanza era sempre stata la stessa, osservando silenziosa tutte le sue fasi di crescita.

Nell'ultimo cassetto del comodino, aveva nascosto tutti i disegni che da bambina calcava con i pastelli, ritraendo quegli amici che aveva sempre avuto vicino ai boschi e lungo i viali del paese, correndo leggera e spensierata. Aveva deciso di non farli vedere a nessuno, non era mai stata brava a mostrare la sua felicità davanti a chi non poteva capirla fino in fondo.

Dentro all'anta dell'armadio aveva ancora appesi alcuni volantini, di manifestazioni o feste a cui aveva partecipato con le sue amiche di scuola fino al diploma scolastico, incorniciato sulla parete in bella vista.

Quella stanza raccontava di lei più di quanto non fosse in grado la sua bocca, e per certi versi era meglio così: certi segreti li puoi solo mostrare, raccontarli non avrebbe lo stesso effetto.

Scostò le coperte e si alzò finalmente, prima mettendosi seduta per riprendersi del tutto dallo stato immobile in cui era stato sottoposto il suo corpo durante la notte. Guardò fuori, le parve incredibile come il tempo fosse bello come il giorno prima, nonostante il mondo avesse appena dato il suo addio ad un altro abitante e non solo. Ieri non aveva festeggiato il diciottesimo anno della sua vita, gli avvenimenti avevano celato l'allegria di quel giorno. Eppure, per tutti gli altri sconosciuti che abitavano quella superficie terrestre, ieri era un giorno come un altro.

Spostò lo sguardo verso la scrivania, nemmeno ricordava di essersi seduta lì prima di andare effettivamente a dormire. Sulla superficie piana era appoggiato un foglio bianco, come lei era sempre stata solita fare quando doveva svuotare la mente. La poesia era la sua passione: riusciva a mettere insieme versi quasi con un soffio, incatenando parole una dietro l'altra cercando di dare un suono nuovo e un significato mai considerato. Doveva averlo fatto anche la sera prima, ma doveva essere così stanca da non ricordarlo. Si avvicinò per controllare cosa avesse prodotto, ma la visione la lasciò perplessa: sul foglio non c'era scritto niente, solo lettere un po' sparse per tutta la superficie bianca. Alcune parole erano appena visibili, cancellate con la gomma. Non lo aveva mai fatto.

Era stata forse insoddisfatta delle sue idee? Aveva deciso che non era il momento più adatto per scrivere? Non seppe lì per lì che spiegazione dare, ma poté trarne un lato positivo: avrebbe completato la poesia quando avrebbe avuto la testa più libera, considerando che da quel poco che era stato prodotto si poteva trarre qualcosa.

Scese le scale avvertendo il profumo del caffè e delle brioche che sua madre era sempre fiera di sfornare. Suo padre era ancora seduto a tavola a leggere il giornale, come in una mattina come tante.

“Béatrice! Buongiorno” la salutò per prima la zia Lauren, che lei inizialmente non aveva notato scendendo. Doveva riconoscere che quel mese in viaggio le aveva fatto bene: aveva un colorito più vivo e acceso, oltre che un'espressione molto più rilassata dell'ultima volta.

“Ecco la nostra piccola sognatrice” mormorò suo padre alzando gli occhi dal giornale e sorridendole, “Ti chiediamo scusa per ieri, ma non eravamo molto in vena di allegria...”

Il corvo dice bugieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora