Arroganza

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Il paese era mattiniero e allegro come sempre, i soliti e invitanti profumi incorniciavano il vociare dei compaesani che si salutavano  e si raccontavano le novità della sera precedente e le intenzioni future. Eppure Béatrice percepì qualcosa di diverso dalle altre mattine: un’atmosfera differente dal solito che le creava un senso di disagio dentro. Non poteva fare a meno di vedere tutti quei volti, percependo tutte le possibili sfumature che lasciassero trasparire i loro reali pensieri.

Un tempo non avrebbe creduto di poter mostrare tanta diffidenza, ma dopo due incontri ravvicinati con quelli che sembravano avere una chiara visione del mondo, sentiva che la situazione poteva solo peggiorare.

Il Corvo ancora non era nelle vicinanze, i suoi piumati seguaci vegliavano sul campo santo con la loro postura fiera e rilassata, come se i morti potessero uscire dalla proprie bare e alzarsi passeggiando per il terreno umido e triste.

Sorpassò il vialetto accanto al fioraio, dove due signore si stavano complimentando a vicenda per le aiuole curate, e Béatrice osservandole poté quasi scorgere l’ombra del Pavone pettinarsi la lunga coda variopinta, mentre muoveva i suoi lenti passi assicurandosi che i suoi mosaici delle stradine non venissero brutalmente distrutti da persone distratte.

“Le mie amate creazioni! Guardate i miei amati mosaici!” poté quasi sentire i suoi schiamazzi, le scappò una leggera risata. Si ricordò il loro incontro, il suo modo altezzoso e il suo tono persuasivo, definirlo una bugia era un po’ cattivo, pensò, alla fine un soggetto del genere per lo più appariva divertente. Doveva riconoscere però che dopo le parole del Pavone, ora il reale significato di quei complimenti le appariva più chiaro del sole.

Il cortiletto della scuola era adiacente a quello della piccola chiesa, li teneva divisi solo uno strato sottile di siepe, da cui si intravedevano diversi e importanti buchi che permettevano la visione dall’altra parte. Un tempo Béatrice, con le sue amiche, si divertiva a lanciare oggetti tenendoli con un filo per constatare cosa ci potesse passare e cosa no, giochetti innocenti, oppure legavano dei bicchieri con un filo di spago per mimare un telefono. Il parroco le aveva sempre beccate. Addirittura, tempo avanti, la ragazza si era accorta di una figura che spesso e volentieri, durante l’intervallo, scrutava il cortiletto con un’espressione piuttosto ambigua. In seguito si era resa conto dello stesso parroco osservarla assiduamente, da lì aveva iniziato a sentirsi a disagio quando si ritrovava da sola con lui.

“Béatrice cara!” la voce inconfondibile del parroco la fece sussultare, per un attimo temette di averlo evocato solo col pensiero.

“Salve…”

“Sempre puntuale come sempre! Ah, cara e dolce Béatrice… dovrebbero esistere più ragazze colte ed educate come te” il tono di voce ebbe nella ragazza lo stesso effetto di due occhi rossi nell’oscurità, inquietante e tetro. “Tuttavia… ho saputo da tua madre che stanotte ti hanno trovata ai piedi della foresta. Sembravi in preda ad una crisi isterica a detta sua”.

La sera prima Béatrice aveva avuto l’incontro con il Coniglio, che in effetti non era stato molto tranquillo. Come il Pavone, non era stato così terribile come momento, eppure sapere che i suoi genitori, che tanto le avevano trasmesso sincerità e saggezza, potevano provare emozioni negative, l’aveva momentaneamente destabilizzata. Suo padre si era tirato indietro nell’affrontare una banale conversazione, forse temeva che sarebbe degenerata in qualcosa che avrebbe potuto sfuggire al suo controllo.

“Ero solo…” cercò di trovare una giustificazione convincente, pur sapendo che un comportamento del genere non poteva essere in alcun modo considerato normale.

Il corvo dice bugieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora